Geopolitica internazionale e grandi manovre per il dopo-Zaia. Favorito alla presidenza della Regione Veneto Alberto Stefani, segretario regionale della Liga | Bellunopress

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Alberto Stefani, Segretario Regionale della Liga e Vice Segretario Federale Nazionale della Lega per Salvini, due mandati da parlamentare, ex sindaco di Borgoricco

Una delle concause del prevedibile fallimento  del modello regionalista codificato nel 1948 per larga parte del territorio italiano, sta nella mancata definizione di una base imponibile di tasse, imposte e tributi erariali ordinari ed esclusivi in capo all’ente regione, questione irrisolta fin dal 1970. La critica venne sollevata, al tempo, da Beniamino Andreatta, di cui quest’anno ricorre il venticinquennale della sua prematura scomparsa, Ministro del Tesoro, consigliere economico di Aldo Moro e Maestro di Romano Prodi. L’allegoria utilizzata dal Professore, per spiegare  il deficit di responsabilità dei futuri amministratori regionali, autorizzati a spendere ma senza preoccupazioni per le risorse da reperire alla voce entrata del bilancio regionale, fu quella della “paghetta che il figlio chiede al papà per le sue crescenti esigenze”. Il papà è lo Stato, il figlio sono le 16 regioni, la paghetta sono i trasferimenti pubblici verso le regioni per le loro necessità di funzionamento e di sviluppo . Ogni singola regione avrebbe ritenuto – ammoniva  Andreatta – sempre insufficienti i soldi  conferiti, anche perché non competeva ai decisori della spesa tassare il cittadino/elettore/contribuente per finanziare e mantenere l’apparato regionale e i programmi di attività da realizzare.  La profezia si è spesso avverata, il problema non venne affrontato allora, né s’intende affrontarlo ora, pur in presenza di 3mila miliardi di debito il cui costo per interessi, la spesa del debito annuo gravante sul bilancio statale è pari a  circa 90 miliardi, macigno che penalizza pesantemente qualsiasi esecutivo governante pro-tempore.

Il rilievo dell’economista, fu -i n qualche modo – colto dal P.C.I., Partito Comunista Italiano, unica  formazione a presentare un disegno di legge (bocciato dal Csx del tempo)  con una proposta più avanzata rispetto alle addizionali delle aliquote tributarie poi previste nella legge, oggi IRPEF, IRAP.  Nel 1970,  il  Movimento Sociale Italiano votò contro  il decentramento delle funzioni statali previste per le regioni. Giova ricordare che, la filiera MSI, MSI-DN, AN, FdI, conserva ed ha – ancora – come icona la fiammella tricolore, probabilmente, un ricordo di una comunanza di radici storico-culturali. Alla festa nazionale di FdI , 08-15 dicembre scroso ad Atreyu, era esibito uno stendardo assertivo con la scritta “ Stiamo tornando”. Vero, ma da quale periodo della storia patria, quella repubblicana, quella repubblichina o quella fascista?

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L’interrogativo -presumibilmente- rimarrà senza risposta da parte della destra post-missina, oggi al potere. D’altronde, dopo 76 anni di esclusione dai Governi della Repubblica anti-fascista, rimanendo in campo nostalgici fascisti stimabili attorno al 2/3 % dell’elettorato,  è difficile che il beneficiario potenziale, Fratelli d’Italia, vi rinunci a cuor leggero. Tratteggiata la situazione, va anche detto che negli ultimi trent’anni la polarizzazione sui due versanti si è consolidata: dx 36-38 % Lega di Salvini contabilizzata, sx, 28-31%, AVS inclusa, e da qui occorre muovere con sano realismo.

Il  concetto basico, già sviluppato  ad agosto scorso, va ribadito. Il baratto tra premierato e autonomia differenziata mostra tutti i suoi limiti e contraddizioni e va rifiutato poiché non migliora (migliorerà) il funzionamento del  sistema democratico. Invece, va cercato un dignitoso compromesso sistemico ed organico sfidando FdI e Lega sul loro stesso terreno: decisionismo presidenziale e federalismo vero non fallace, tipo A.D.

La sinistra discuta di Presidenzialismo e la destra accolga di  prevedere accanto ad un vertice determinante,  adeguati contrappesi, a partire da una forte periferia formata da cinque stati federati. Se si vuole è fattibile, seguendo la stessa strada del 1946, un’Assemblea costituente a termine. Se non si vuole, vabbè ciabattate fino al prossimo splash down, le prime scosse telluriche ci sono già. Democrazia vuol dire comprendere, allargare, riconoscersi tutti in una  comune piattaforma ideale e di regole condivise, annoto che l’MSI costituitosi nel 1946 non ebbe grande influenza nel redigere la Carta costituzionale entrata in vigore nel 1948. È tempo ed ora che i pronipoti di detta formazione politica, partecipino, redigano, fissino limiti e perimetro del campo da gioco democratico-liberale.

Il  tema doveva (avrebbe dovuto) essere stato posto alla fine della prima Repubblica, ma sia i nuovi soggetti beneficiati dalla distruzione della pregressa partitocrazia, Forza Italia e Lega, sia quelli  sotterrati dal crollo del muro di Berlino, i comunisti, pensarono bene di andare avanti senza nulla innovare nell’impianto costituzionale vigente e del tutto superato, tranne la prima parte dedicata ai principi fondativi.

La Lega e F.I., sotto la guida di Silvio Berlusconi registra abile e padronale, si aggregarono coinvolgendo la destra lealista dell’MSI poi AN, il Centro Destra. Il campo alternativo, il Csx raggruppò, i post-comunisti assieme a cattolici-democratici e a i laici minori,  tre culture politiche minoritarie in Italia.  A trent’anni di distanza, le due coalizioni si sono avvicendate al potere con alterne fortune,  ma è mancata la Politica con la P maiuscola. Qualche schizzo di politica settoriale, incremento fortissimo del debito pubblico, calo della partecipazione popolare, svuotamento del regime liberal-rappresentativo che sta scivolando-di fatto- verso un sistema oligarchico di pochi capipartito che decidono per tutti e che -spesso- sono poco più di un comitato elettorale di stagione, Italia dei Valori, Scelta Civica, Sinistra Unita, eccetera.

Ristrutturare il sistema non è un’idea nuova, girava già a fine ‘800, messa in circolazione da Carlo Cattaneo, un esponente della buona borghesia lombarda e senatore del regno sabaudo. Egli, a differenza di Cavour e Mazzini il primo tenace monarchico e il secondo ostinato repubblicano, entrambi per un’Italia “una e indivisibile”, aveva girato in carrozza in lungo e in largo la penisola ed esaminata la realtà de visu  propose, l’Italia Confederale per andare verso gli Stati Uniti d’Europa, ohibò.  

La caduta dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche  (URSS) ha comportato: la fine dell’area d’influenza nell’Europa Occidentale oggi quelle Nazioni sono nell’ Unione Europea, la conclusione dell’esperienza comunista come modello di società, l’epilogo del duopolio USA-URSS sul mondo. Quest’ultimo accadimento è stato, forse, il più importante a livello di geo-politica planetaria. Chi si attendeva la fine di ogni guerra, l’ inizio di una pax duratura e la fine degli scontri etnici, spesso causati da crisi politico-economiche, ha errato le previsioni. Oggi abbiamo 56 guerre certificate, un aumento della povertà (Italia inclusa) ed è sotto gli occhi di tutti il declino della democrazia liberale, specie in USA e in Europa.

Chi sta avanzando sono le destre, qui come in tanti altri Paesi europei. Il fenomeno è accaduto, anche nel primo trentennio del secolo scorso, quando le masse popolari impoverite invece che riconoscersi nelle nascenti democrazie del tempo, preferirono l’uomo forte: Hitler, Mussolini, Lenin-Stalin, Franco. E’ vero, nulla si ripete tale e quale, ma ciò che ci sta accadendo non va sottovalutato.

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Ad esempio, Trump, neo eletto Presidente USA che entrerà in carica il 20 gennaio prossimo, è attivo più che mai. Gli USA hanno già pagato la nostra sicurezza per gli ultimi 70 anni, adesso chiedono (chiederanno)  di aumentare il budget per l’acquisto di armi  a carico delle nazioni Europee, finora garantite dalla NATO. Trump non vuole il 5%, come dicono i media italiani, ma sta negoziando con Ursula von der Leyen per arrivare a 2.5/3% a condizione che la UE-nel suo insieme – incrementi l’approvvigionamento di risorse energetiche dagli USA allo scopo di riequilibrare la bilancia americana di import-export. Di conseguenza, il PIL statunitense sarà avvantaggiato ed una delle promesse elettorali di Trump sarà stata onorata. Ancora, il socio in affari, politica e media di Trump, Elon Musk sta cercando di promozionare (vendere/affittare)  in Europa il suo progetto “Starlink” che consta di circa 12mila mini satelliti allo scopo di offrire agli utenti Internet ad alta velocità, in concorrenza con il progetto Iris 2 made in UE  per le stesse finalità.

Ebbene, l’Italia – a parte i convenevoli  tra E. Musk e il Presidente del Consiglio – che strada intende scegliere? Quella sovranista, delle piccole Patrie, antistorica  nell’attuale scenario internazionale con l’ascesa di altri due Paesi a livello mondiale, Cina ed India oppure puntiamo decisamente  a rafforzare il peso politico dell’Europa occidentale, trasferendo competenze oggi statali all’Unione Europea? Affari Esteri, Difesa, Ambiente, Sanità, Fisco, Infrastrutture a valenza continentale, da devolvere subito.

Anche in questo caso, a Parigi nel 1951 Alcide De Gasperi, aveva già posto il tema, organizzare un esercito di sicurezza europeo a difesa dei confini e cominciare a discutere, se l’Europa dovesse essere Confederazione oppure Federazione.

Si sa gli Italiani, rectius il popolo sovrano e i loro rappresentanti, prima di agire, riflettono, ponderano soppesano, meditano e alla fine che fanno? Rinviano. Per la Repubblica Confederale sono trascorsi 163 anni, per come stare e cosa fare nell’Unione Europea, 73 anni,  non stiamo decidendo alcunché, siamo in  “pausa di riflessione”.

  Nulla di nulla, ni cadeau, ni bijou, rien de rien !

Sintesi sintetica, di una possibile  Repubblica Confederale

La proposta qui avanzata per un rinnovato patto costituzionale  è del tutto indifferente alle decisioni che la Corte costituzionale potrà assumere il prossimo mese di gennaio. Sia che il referendum abrogativo sia possibile, sia che non lo sia, sia che raggiunga il quorum sia che non lo raggiunga. Il problema posto e la soluzione elaborata, risponde alla domanda, fallita la cosiddetta Autonomia Differenziata occorre un cambio di passo, o come dicono gli acculturati, un salto di paradigma oppure – e più banalmente – colmare un vuoto politico-istituzionale esistente da decenni.  Tutto qui.

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  1. Presidente eletto direttamente dal popolo, cinque stati federati, superamento delle regioni a statuto speciale, abrogazione del Senato, omogeneità dei sistemi elettorali ai differenti livelli, trasferimento competenze alla UE, possibilità dei cittadini associati di proporre direttamente candidature dal Presidente della Confederazione al deputato  nel collegio federale o confederale, durata di mandato per un massimo di 15 anni, incompatibilità assoluta dell’incarico politico con qualsiasi altro arte, mestiere o professione o impresa (blind trust),
  2. Imposte, tasse e tributi riscossi dallo Stato Federato, trattenuti in loco per il 60% e per il 40 % devoluti alla Confederazione, partecipazione al costo annuo del debito pubblico quantificato con la legge confederale in progressione rispetto al gettito fiscalmente riscosso da ciascun stato federato,

Nota finale d’interesse regionale.

Luca Zaia, avviato verso l’uscita dopo vent’anni di permanenza al potere in Regione del Veneto, si chiederà come è andata. Ebbene, per quanto ci riguarda, il bilancio non è entusiasmante. Peggioramento delle prestazioni in campo sanitario, leggasi liste d’attesa, smodato consumo del suolo, il Veneto primeggia nella classifica in materia, contrazione di debiti per fare opere stradali non essenziali e il cui mutuo graverà sul bilancio dell’ente per i prossimi 35 anni per ripianare le perdite d’esercizio, leggasi Pedemontana. Ma e soprattutto , fallimento in toto della mission principale “paroni a casa nostra e meno tasse da versare a Roma ladrona” . Eppure, Luca Zaia è stato migliore del suo predecessore, Giancarlo Galan persona a piede libero, scampato alle patrie galere dopo aver patteggiato con la magistratura penale. Zaia Luca, un Presidente modesto ma onesto, virtù che di per sé dovrebbe appartenere a tutti i cittadini, indipendentemente dalle cariche pubbliche ricoperte.

Soddisfacendo la curiosità del lettore e come anticipato all’inizio di questo articolo, è assai probabile che il prossimo candidato alla Presidenza del Veneto, con buone possibilità di riuscita, sia l’attuale Segretario Regionale della Liga e Vice-Segretario Federale Nazionale della Lega per Salvini, Alberto Stefani, già Sindaco di Borgoricco, Padova e Deputato.

Stante il successo ottenuto alle europee in Lombardia (oltre che in Veneto), il partito del Presidente del Consiglio pare orientato a scegliere la Lombardia per candidare un suo esponente quale futuro Presidente della regione. Del resto, la scelta è ben motivata dato il peso politico-economico che quest’area ha in Italia. Il Veneto è “lasciato” alla Lega per Salvini e di ciò si dovranno preoccupare -soprattutto- gli attuali  occupanti un posto in Consiglio Regionale inseriti nella Lista Zaia. (2 fine)

 Enzo De Biasi

Fonte citate: https://www.bellunopress.it/2023/07/28/luca-zaia-non-e-george-washington-il-primo-presidente-degli-stati-uniti-rinuncio-al-terzo-mandato-di-enzo-de-biasi/

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https://www.bellunopress.it/2024/03/26/fantastoria-il-veneto-che-poteva-essere-ma-non-si-e-voluto-di-marco-zanetti/

https://www.bellunopress.it/2024/08/23/da-repubblica-italiana-a-confederazione-repubblicana-di-enzo-de-biasi-terza-parte-fine/ alla fine altri due articoli, prima e seconda parte,

https://ilgiornaledelveneto.it/fallimento-dellautonomia-differenziata-e-inutilita-del-premierato/

https://www.raiplaysound.it/audio/2024/12/Radio3-Mondo-del-20122024- servizio dedicato ai negoziati incorso Trump/UE per budget armi NATO

 





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