Buonanotte 2024, anno stupido – Marcello Veneziani

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L’anno corrente e morente finisce lasciando tutto incompiuto o non ancora iniziato. Un anno corridoio, di passaggio, che non ha avviato né risolto nulla di decisivo e di significativo, ma ha solo continuato le cose cominciate negli anni precedenti. Il ’24 trasferisce al suo successore, il 2025, quel che ha ricevuto dal suo predecessore, il 2023: la guerra in Ucraina che viene dall’anno ancora precedente, il conflitto israeliano-medioorientale che esplose il 7 ottobre del ‘23, e poi la debolezza endemica dell’Europa, la routine del governo Meloni. L’unica vera novità che ci lascia è l’annuncio di un ritorno, quello di Trump alla Casa Bianca, ma avverrà l’anno prossimo; ora siamo ancora alle battute finali di Biden e dei dem. Se si risolveranno quei conflitti, quella guerra mondiale a pezzi, come dice il Papa, magari accadrà l’anno prossimo ma il 2024 non è cambiato niente sul fronte orientale né a nord né a sud.

Siamo stati vicini a una guerra mondiale, ma non ci siamo allontanati; siamo ancora dentro quel pericolo mortale. Abbiamo avuto solo conferma nell’anno in via di conclusione che l’Occidente non è più la guida del mondo, il faro e il custode planetario, ma gran parte dei popoli, delle potenze, dei leader mondiali divergono nettamente dalle linee occidentali e non riconoscono agli Stati Uniti o alla Nato il ruolo di Arbitro Mondiale. Chi dice che abbiamo vissuto un anno cruciale nella storia del mondo, confonde i fatti reali con le percezioni soggettive, con gli umori di taluni, e scambia gli eventi coi processi di più lunga durata che attraversano questi anni, ma che non sono nati né conclusi nell’anno 2024.

In Europa è rimasta alla guida della commissione Ursula van der Lewen, e con lei è rimasto il quadro modesto di un continente al rimorchio, privo di sovranità e indipendenza, incapace di avere una linea unitaria e autonoma e di porsi come soggetto internazionale credibile e autorevole. Con le due colonne europee, la Francia e la Germania, che un tempo formavano l’asse carolingio su cui regge l’Europa, ormai malconce e traballanti nei loro governi.

Ma anche in Italia, se dovessimo fare un bilancio dell’anno che sta per finire, non troveremmo argomenti salienti, svolte decisive, ascese o cadute che facciano parlare di grandi eventi memorabili. C’è semmai una certa piccola stabilità, piaccia o non piaccia. Nessuna rivoluzione, solo manutenzione, direbbe Leo Longanesi: prudenza e piccoli aggiustamenti o, per chi è all’opposizione, piccoli segnali di deterioramento. Ma nulla che faccia pensare a salvezze e catastrofi, come invece annunciano le propagande opposte. Sia che lo si veda da destra, sia che lo si veda da sinistra, dal centro o da altra postazione, ma ad essere onesti e veritieri non c’è stato nessun evento cruciale, nessuna forca caudina, nessun cambio di passo. Mi sarò distratto ma non riesco a trovare un solo avvenimento che abbia cambiato le cose, o dopo il quale le cose non saranno più le stesse. Low Profile, direbbero gli esperti, per passare inosservati o per sopravvivere indenni. O forse low profile riferito al basso profilo dei protagonisti e degli antagonisti, almeno in media generale. Se devo figurare il potere in Italia penso solo all’immagine di Giorgia Meloni che occhieggia disinvolta nei consessi internazionali. O il suo tutor istituzionale, che è anche il suo contrappeso dem, che è Mattarella al suo decimo anno da presidente della repubblica (non s’era mai visto).

Nessuna novità viene dall’anno in scadenza, e lo stesso vale nei regni più significativi: la chiesa, la società civile, la cultura, le istituzioni. Non riesco a catalogare tra le novità importanti dell’anno la caduta del ministro Sangiuliano per una vicenda quasi insignificante sul piano pubblico e politico, come il caso Boccia. Tanto rumore per nulla, o comunque per troppo poco e per una storia che non è certo una novità negli anfratti secondari del potere. Per il resto, nulla è accaduto nell’anno e anche i due capitoli riformatori, sull’elezione diretta del premier e sull’autonomia differenziata, sono stati rinviati all’anno che verrà.

Si può dunque con ragione convenire che questo 2024 è stato un anno stupido, complessivamente irresoluto, incapace di generare svolte interne e internazionali. E uso la parola stupido non solo nell’accezione ormai classica in cui Léon Daudet chiamò stupido un intero secolo, il XIX°, un secolo peraltro ricco di eventi storici, di mutamenti sociali e il secolo in cui la scienza fece passi da gigante e in cui nacquero, vissero o morirono tutti i grandi filosofi della modernità: da Kant a Schopenhauer, dagli idealisti e ai positivisti, da Marx a Nietzsche, da Stirner a de Maistre, fino a Heidegger, Wittgenstein e Bergson, Croce e Gentile. Ne avessimo di anni stupidi come quel secolo…

Ma l’uso dell’espressione stupido allude anche a qualcosa che non è legato agli eventi storici bensì al clima dell’epoca e alla silenziosa mutazione antropologica che stiamo vivendo: l’umanità che si affida alla tecnica e all’intelligenza artificiale senza anticorpi critici e contrappesi intelligenti, si arrende ogni giorno di più al destino globale della stupidità. Istupidisce di anno in anno e una prova ulteriore di quel che avviene è che non se ne rende nemmeno conto, procede verso l’istupidimento con automatismo, cioè col peggiore dei fatalismi, quello delle macchine; e col peggiore dei fideismi, quello nei processi meccanici. Senza opporre resistenza. Senza coscienza critica. Senza memoria storica e cultura. Scivoliamo stupidamente nella stupidità. Buonanotte stupido 2024, con l’augurio di vedere sempre meno stupidità nell’anno che verrà.

La Verità – 28 dicembre 2024

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