Il 2025 sarà l’anno boom per le CER?

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Negli ultimi anni, il concetto di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) ha guadagnato una crescente attenzione in Italia e in Europa. Le CER rappresentano una forma innovativa e partecipativa di produzione e consumo di energia, con un grande potenziale rispetto alla soluzione di problemi legati alla crisi energetica, climatica, innovazione ed equità sociale. Secondo i dati più aggiornati, sarebbero 168 le CER censite nel primo semestre del 2024, con un incremento dell’89% rispetto al 2023. Di queste, tuttavia, solo 46 risultano attive, tutte le altre sono ancora in fase progettuale. E’ evidente che c’è molta dinamicità in Italia su questo tema: mai come in questo momento storico, il tema energetico (e la transizione energetica) è stato al centro del dibattito pubblico, con moltissimi aspetti che a volte si fa fatica a comprendere, mentre le bollette continuano a pesare su famiglie e imprese. Le Comunità Energetiche Rinnovabili emergono come una soluzione innovativa che promette di ridisegnare il panorama energetico italiano, anche loro tuttavia trovano proprio nella complessità il loro principale ostacolo.

Cercheremo di fare un po’ di chiarezza con l’avvocato Michele Loche, esperto del settore e autore del libro ‘Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER): Contesto-Costituzione-Funzionamento-Opportunita’ nella Transizione Energetica e il Caso Sardegna. Un’ottima guida, comprensibile per tutti, dedicata a chi vuole capire meglio una questione che può riguardare privati cittadini, imprenditori, amministratori, professionisti.

Michele Loche è avvocato e consulente aziendale

Avvocato Loche, il 2025 sarà l’anno definitivo del boom delle CER?

“Diversi indicatori fanno ritenere che nel 2025 ci sarà un notevole incremento del numero di Comunità Energetiche Rinnovabili che verranno attivate.
Intanto c’è una maggiore sensibilità da parte dei cittadini, delle piccole e medi imprese, degli enti non profit e dei comuni rispetto alle tematiche ambientali e, all’interno di queste, a quelle energetiche che vanno ad incidere, direttamente ed in modo non irrilevante, sugli aspetti economici, sul costo della bolletta.
Molte regioni, ma anche enti privati (fondazioni bancarie in particolare), stanno incentivando la costituzione delle CER. La Sardegna, in particolare, sta mettendo sul campo diverse decine di milioni per supportare le iniziative pubbliche e private per supportare la nascita di forme di produzione ed autoconsumo collettivo di energia rinnovabile (e le CER sono una di queste forme).
Lo stesso Governo ha preannunciato interventi a breve per rendere più semplice e meno burocratizzati i procedimenti per la loro costituzione ed avvio.
Le misure già previste dalla legislazione vigente (tariffe incentivanti per venti anni sull’energia prodotta e condivisa e contributi in conto capitale sugli investimenti per la realizzazione degli impianti) costituiscono un ottimo incentivo alla loro diffusione.
Non ultimo segnalo le ulteriori opportunità che derivano da una applicazione congiunta ed intelligente delle misure previste per le CER con quelle – in corso di modifica e semplificazione – previste per le aziende dalla c.d. transizione 5.0 e, ancora, con quelle che verranno introdotte per il c.d. conto termico 3.0.

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Nel suo libro parla delle CER come qualcosa di rivoluzionario rispetto agli approcci tradizionali nella gestione dell’energia. Ci puo’ spiegare questo concetto?

“Le CER sono rivoluzionarie perché introducono un modello partecipativo e democratico per la gestione dell’energia rinnovabile. Consentono a cittadini, PMI, enti non profit e amministrazioni locali di organizzarsi per produrre e condividere energia, con benefici economici, ambientali e sociali. Da questo punto di vista sono delle vere e proprie ‘palestre di democrazia‘. L’approccio decentralizzato delle CER riduce i costi energetici, promuove la sostenibilità e affronta questioni come la povertà energetica e lo spopolamento. Le CER si pongono come alternativa concreta ai modelli speculativi dell’energia centralizzata, offrendo un esempio applicabile anche ad altri beni comuni. La loro diffusione sarà cruciale per la transizione energetica e la riduzione delle dinamiche speculative nel settore.”

Quali sono i vantaggi delle CER?

“In generale sono gli obiettivi attorno ai quali si pone l’intera disciplina europea per la transizione ecologica ed energetica. Dal perseguimento di questi obiettivi diventa immediata la percezione dei vantaggi ad essi direttamente collegati.
Intanto la produzione di energia da fonti rinnovabili con le modalità, caratteristiche e criteri definiti dalla stessa UE che concorre, cosi, agli ovvi benefici di tipo ambientale.
Sotto il profilo economico – che è l’aspetto sul quale in modo più diretto, cittadini, imprese ed altre organizzazioni, chiedono di verificarne e quantificarne la portata, il vantaggio che si deve conseguire – è un risparmio nella bolletta rispetto alla situazione attuale.
Questo argomento è molto delicato; lo studio di prefattibilità e fattibilità che deve necessariamente precedere la costituzione di una CER deve individuare con estrema attenzione non uno ma diversi scenari, variabili secondo le diverse opzioni concretamente verificabili (tipo e potenza di impianto; consumi effettivi e prevedibili; realizzazione con risorse proprie o con ricorso a terzi finanziatori; affidamento ad Esco etc), e desumere risultati che, per ciascuno di essi, porti, comunque ad un risultato economico positivo per tutti i partecipanti (che peraltro sono di diversa categoria: consumer, prosumer, producer…).
Capita spesso che l’esito di questa verifica faccia apprezzare un risultato positivo di poche decine di euro; risultato che può, in alcuni casi, apparire come insufficiente a ‘pareggiare’ gli sforzi organizzativi e gli impegni costanti per costituire e mantenere un’organizzazione qual è la CER.

E qui occorre far valere e pesare i benefici e vantaggi di tipo sociale che rappresentano, pur essi, vantaggi economici anche se non immediatamente apprezzati; se dalla gestione della CER, attraverso le tariffe incentivanti otteniamo delle somme che decidiamo di destinare a servizi utili per la collettività ed il territorio nei quali opera la CER, ad esempio l’acquisto di un’autoambulanza piuttosto che sostenere i canoni di affitto di una struttura sanitaria, piuttosto che la realizzazione di un parco attrezzato per bambini etc non possiamo non riconoscere in questi un beneficio economico indiretto per tutti i partecipanti. Ragionamento ancor più forte in certi contesti di disagio per povertà non solo energetica ovvero nei territori con forte spopolamento”.

Quali sono, invece, gli ostacoli che frenano la diffusione delle CER?

“Gli ostacoli alla diffusione delle CER sono diversi e complessi. Innanzitutto, i ritardi nella definizione delle regole operative, dovuti anche alla necessità di recepire le normative europee, hanno frenato lo sviluppo. Inoltre, la creazione di una CER richiede un approccio multidisciplinare che integri competenze ingegneristiche, economiche, giuridiche e gestionali, una sfida non banale in contesti dove mancano esperienze consolidate. Progetti privi di un’analisi iniziale adeguata rischiano di fallire, scoraggiando partecipanti e potenziali aderenti. Le tempistiche imposte dai fondi del PNRR rappresentano un ulteriore limite: ad esempio, per accedere ai contributi del 40% sugli impianti nei comuni sotto i 5.000 abitanti, le configurazioni devono essere definite entro marzo 2025, un termine difficile da rispettare per progetti complessi o che coinvolgono più soggetti pubblici.

Sul piano normativo, sebbene siano stati fatti passi avanti, come l’approvazione del Testo Unico sulla semplificazione, permangono ritardi nella definizione delle aree idonee per l’installazione degli impianti, rendendo ardua la pianificazione di progetti di una certa rilevanza, come quelli da 1 MW collegati a cabine primarie. Questi ostacoli richiedono un forte coordinamento e un contesto normativo più chiaro per favorire lo sviluppo delle CER”.

A che punto siamo in Italia?

“Le problematiche e gli ostacoli che abbiamo evidenziato prima rendono sicuramente difficile il percorso verso la diffusione delle CER.
Ma esiste una difficoltà più ampia, di sistema, di cui (ritengo volutamente) poco si parla.

Le CER si inseriscono in un sistema elettrico nazionale ancora troppo orientato verso la produzione centralizzata e dominato dagli interessi dei grandi produttori, inclusi quelli statali, spesso in conflitto con quelli dei consumatori. Le infrastrutture attuali non sono adeguate per supportare il passaggio a produzioni decentralizzate e rinnovabili, complicate anche dalla non programmabilità delle fonti rinnovabili. Inoltre, il sistema politico e normativo privilegia i produttori rispetto ai consumatori, con paradossi come l’aumento delle bollette nonostante la crescita delle rinnovabili e il mantenimento della produzione da fonti fossili. Questa situazione rappresenta un ostacolo significativo per la diffusione delle CER e per una vera transizione energetica a beneficio della collettività”.

Quali contesti regionali o locali stanno rispondendo meglio?

“Alcune Regioni, come Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna si presentano all’avanguardia come numero di CER già avviate e con numeri in continua progressione ed anche come tipologia di soluzioni adottate (veste giuridica, composizione e coinvolgimento dei partecipanti, articolazione territoriale etc). La Sardegna, sotto questo profilo, costituisce un caso emblematico. La recente legge sulle c.d. aree idonee ha limitato in modo drastico la possibilità di realizzare impianti per l’energia rinnovabile e, sulla carta, ha rafforzato la diffusione dei sistemi di autoproduzione e consumo collettivo dell’energia e, fra queste, delle CER (mettendo a disposizione, da qui al 2030, risorse veramente ingenti). Tutto questo, però è avvenuto in un contesto di forte contrapposizione tra favorevoli e contrari alle fonti rinnovabili, tuttora in atto e con sicuri esiti giudiziari – sia per alcuni profili di contrasto con le normative nazionali, sia per interessi concreti che le norme approvate vanno a intaccare – che non creano un ambiente sereno per lo sviluppo delle CER che pure si vuole incrementare.

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Non c’è dubbio che nei prossimi mesi anche per l’acuirsi delle difficoltà energetiche del Paese, il tema sarà sempre più al centro del dibattito e sono convinto che le discussioni porteranno anche ad incrementare quel livello di conoscenza del sistema che è condizione necessaria ed imprescindibile perché attraverso le CER – e con l’esercizio democratico che impongono – si possa migliorarlo a beneficio dei cittadini e de sistema produttivo”.





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