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Il 20 dicembre il tribunale del riesame di Trento ha confermato gli arresti domiciliari per sei persone indagate in una grossa inchiesta che coinvolge diversi politici del Trentino-Alto Adige, oltre a importanti imprenditori della zona. L’inchiesta riguarda una presunta associazione a delinquere che avrebbe condizionato gli appalti pubblici in diversi comuni della regione, soprattutto nel settore edilizio. Il 3 dicembre scorso otto persone erano state messe agli arresti domiciliari, era stato emesso un mandato di arresto internazionale e c’erano state oltre cento perquisizioni in diverse città italiane, tra cui Trento, Bolzano, Brescia, Milano, Pavia, Roma e Verona. Attualmente sono agli arresti domiciliari un commercialista, un imprenditore, due architetti, un sindaco nonché ex senatore di Fratelli d’Italia, e una funzionaria del comune di Bolzano.
In queste settimane sui giornali locali si è parlato dell’inchiesta come di uno «tsunami», proprio per via del coinvolgimento di amministratori, funzionari pubblici e di alcuni imprenditori che si sono occupati di grandi progetti edilizi tra Trento e Bolzano, e che per questo sono ritenuti molto influenti. Secondo chi indaga, gli imprenditori sarebbero stati disposti a finanziare le campagne elettorali di amministratori pubblici in cambio di agevolazioni, procedure semplificate e concessioni per varie iniziative immobiliari intraprese negli ultimi anni.
Come ha notato il giornalista del quotidiano Salto Valentino Liberto, l’inchiesta è ancora più rilevante dal momento che mancano pochi mesi alle elezioni comunali in Trentino-Alto Adige, che si terranno il 4 maggio del 2025.
In tutto le persone indagate sono 77. Secondo il Fatto Quotidiano, che cita le carte dell’inchiesta, tra loro ci sono 11 amministratori pubblici, 20 dirigenti e funzionari di enti locali e società partecipate, membri delle forze dell’ordine, professionisti e imprenditori. Le accuse sono di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di diversi reati contro la pubblica amministrazione, tra cui corruzione e rivelazione di segreti d’ufficio, finanziamento illecito ai partiti, truffa, falsità ideologica. Inizialmente la procura aveva contestato anche l’aggravante del metodo mafioso: il tribunale del riesame non l’ha riconosciuta per il reato di associazione a delinquere, ma l’ha confermata sui singoli reati contestati dalla procura.
Secondo gli investigatori il personaggio più importante dell’inchiesta è René Benko, imprenditore immobiliare austriaco e fondatore del gruppo Signa, fallito definitivamente ad aprile. Secondo la procura Benko sarebbe il capo del gruppo di affari illeciti al centro dell’inchiesta. Per lui la procura di Trento ha emesso un mandato di arresto internazionale, che finora non è stato eseguito. Benko era stato subito sentito dalla polizia a Innsbruck, in Austria, ma era stato rilasciato. L’Austria ha poi deciso che non sarà estradato.
Benko si inserì nel mercato immobiliare di Bolzano una decina di anni fa, con il progetto di un gigantesco centro commerciale che ora si chiama Waltherpark: dovrebbe essere completato a settembre. La società che lo ha in gestione ora ha fatto sapere di non essere coinvolta nell’inchiesta. A Signa erano legate anche altre opere edilizie in città, come il quartiere residenziale Gries Village, l’aeroporto e il progetto, poi bloccato, di spostare il Museo archeologico dell’Alto Adige di Bolzano, dove si trova una delle mummie più famose al mondo, sul Virgolo, la collina della città.
La crisi di Signa cominciò dopo l’unione tra la catena tedesca di negozi Karstadt, che Benko comprò nel 2014, e Galerie Kaufhof, da cui nacque Galeria Karstadt Kaufhof, la più grande catena di centri commerciali della Germania. Fu un’operazione costosa, che con la pandemia mise in difficoltà finanziaria il gruppo Signa. Nel 2023 le sue società controllate iniziarono a dichiarare bancarotta e lo scorso aprile decretò il fallimento.
Secondo la procura di Trento Benko, insieme ad altri, sarebbe stato uno dei promotori del gruppo che avrebbe influenzato e controllato diverse iniziative della pubblica amministrazione su progetti edilizi. Secondo Il T, un quotidiano locale, nella relazione di oltre mille pagine dei Carabinieri e della Guardia di Finanza sono documentati centinaia di episodi che dimostrerebbero il ruolo di Benko.
L’indagine iniziò nel novembre del 2019 dopo la segnalazione di un geometra dell’ufficio tecnico del comune di Bolzano, che riferì ai Carabinieri di alcune anomalie nei procedimenti per le autorizzazioni ad alcune società del settore edilizio. Tra i progetti finiti nelle carte dell’inchiesta ci sarebbe anche l’area ex Cattoi di Riva del Garda, cioè uno spazio sul lungolago del comune in provincia di Trento, per il quale è in corso da anni una lunga diatriba.
Da quanto ricostruito finora, due persone erano i principali riferimenti di Benko in Alto Adige e in Trentino: Heinz Peter Hager, commercialista di Bolzano, e Paolo Signoretti, imprenditore di Arco, un piccolo comune a nord di Riva del Garda. Sono entrambi indagati e agli arresti domiciliari.
Secondo la procura Hager e Signoretti avrebbero esercitato la propria influenza su alcuni politici locali, ricorrendo anche a minacce, per manovrare le loro decisioni e così ottenere il controllo di concessioni, appalti, servizi pubblici. A Signoretti tra le altre cose è stato contestato di avere finanziato illegittimamente, per oltre 46mila euro complessivi, le campagne di comunicazione politica dell’attuale sindaco di Arco, Alessandro Betta (anche lui indagato), e dell’allora consigliere provinciale Luca Zeni. In un comunicato diffuso l’8 dicembre, Signoretti ha negato le accuse.
Nell’inchiesta è coinvolta anche la sindaca di Riva del Garda, Cristina Santi, della Lega. Inizialmente anche per Santi il giudice per le indagini preliminari aveva disposto gli arresti domiciliari, ma pochi giorni dopo la misura era stata revocata cambiandola con l’obbligo di dimora. Santi è coinvolta nell’inchiesta per via dei progetti urbanistici dell’area ex Cattoi a Riva del Garda, per cui avrebbe favorito gli interessi degli imprenditori invece che quelli del suo comune. Santi ha rinunciato alle sue deleghe ma è ancora sindaca di Riva del Garda. Poche settimane fa aveva annunciato che si sarebbe ricandidata alle prossime elezioni del 4 maggio. Fratelli d’Italia però ha fatto sapere che non la sosterrà, dopo essere uscito dalla maggioranza in consiglio comunale. Oltre a Santi, è indagato anche l’assessore all’Urbanistica di Riva del Garda, Mauro Malfer, che si è dimesso.
Il 9 dicembre a Riva del Garda c’è stata una manifestazione di protesta a cui hanno partecipato circa 300 persone, che avevano chiesto la sospensione da ogni incarico degli amministratori coinvolti nell’inchiesta.
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