Il Comitato verità e giustizia per Moussa Diarra di Verona ha mostrato, durante una conferenza stampa che si è svolta davanti alla Stazione di Verona Porta Nuova venerdì 27 dicembre 2024, una mail inviata il 14 novembre da Trenitalia, presumibilmente al personale.
Una copia cartacea della mail, nella quale mittente e destinatari sono stati cancellati, è stata recapitata di recente al Laboratorio Autogestito Paratod@s. Nel testo presentato alla stampa da attiviste e attivisti si legge che “dagli organi di sicurezza interni viene ribadito di non rilasciare dichiarazioni o fornire informazioni o nominativi” in merito ai “fatti avvenuti domenica 20 ottobre 2024, che hanno visto l’uccisione di una persona presso l’atrio della stazione di Verona”. Quella persona era Moussa Diarra.
Gli interventi che si sono alternati durante la conferenza stampa hanno spiegato che la lettera confermerebbe alcuni dei timori del Comitato, ossia che da più parti si starebbe lavorando per ostacolare l’accertamento della verità dei fatti e per proteggere l’autore dell’omicidio, un agente di polizia. “Grave – denunciano dal Comitato – è il clima omertoso che con questo tipo di messaggi si può diffondere tra i quasi trentamila dipendenti della principale azienda italiana dei trasporti su rotaia”.
Da settimane le avvocate della famiglia Diarra, Paola Malavolta e Francesca Campostrini, avevano fatto una richiesta formale a Trenitalia per poter contattare il personale presente in stazione la mattina dell’omicidio. L’azienda non ha mai risposto alla richiesta. Secondo il Comitato verità e giustizia “questo tipo di comportamenti sono contrari al codice etico dell’azienda, che parla di ‘integrità ed onestà’”.
Con la conferenza stampa di stamattina, il Comitato ha voluto invitare l’azienda a “collaborare alla ricerca della verità e a instaurare un clima in cui i lavoratori possano, con onestà e coscienza, sentirsi liberi di raccontare quello che è successo”.
Al termine della conferenza stampa, sono state nuovamente affisse le locandine per la ricerca di testimoni sulle porte della stazione di Verona Porta Nuova.
Vi proponiamo gli audio registrati dalla nostra redazione alla conferenza stampa:
Giorgio, del Laboratorio Autogestito Paratod@s e del Comitato verità e giustizia per Moussa. Ascolta o scarica
Gbati, del Comitato verità e giustizia per Moussa. Ascolta o scarica
Giorgio, del Laboratorio Autogestito Paratod@s e del Comitato verità e giustizia per Moussa. Ascolta o scarica
Djemagan Diarra, il fratello di Moussa, tradotto da un amico. Ascolta o scarica
Alleghiamo il Comunicato del Comitato verità e giustizia per Moussa Diarra:
NUOVE RIVELAZIONI. TRENITALIA: “non rilasciare dichiarazioni o fornire informazioni o nominativi” in merito “ai fatti avvenuti domenica 20 ottobre”.
Oggi ci troviamo a denunciare il comportamento di Trenitalia che ci sembra voglia ostacolare o quanto meno intimorire chi potrebbe testimoniare, con onestà e coscienza, sui fatti del 20 ottobre.
Le avvocate dei familiari di Moussa Diarra alcune settimane fa hanno inviato formale richiesta alla direzione di Trenitalia affinché venissero comunicati i nominativi dei lavoratori di turno quella mattina per poter raccogliere le loro testimonianze. Ad oggi Trenitalia non ha risposto.
In questi giorni, inoltre, è stata recapitata nella cassetta della posta dell’Associazione Paratod@s, una mail di Trenitalia, presumibilmente indirizzata ai propri dipendenti, nella quale si danno indicazioni di “non rilasciare dichiarazioni o fornire informazioni o nominativi” in merito “ai fatti avvenuti domenica 20 ottobre”.
Questi comportamenti sembrano suggerire una sorta di “atteggiamento omertoso” e appaiono in contrasto con il Codice Etico di Trenitalia https://www.trenitalia.com/it/chi-siamo/etica–compliance-e-integrita.html che, rivolgendosi a tutto il personale interno ed esterno, riporta:
al punto “2. I nostri valori fondamentali: “Integrità e Onestà:…se hai dei dubbi chiediti: questo comportamento è legale? È etico? Cosa penserebbero gli altri di questa azione?” e al punto “3. Le nostre comuni responsabilità”: “…sii sincero e collabora al massimo in caso di eventuali indagini interne o esterne nelle quali dovessi essere coinvolto”. Inoltre dichiara di operare nel quadro di riferimento della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani delle Nazioni Unite.
Possiamo ipotizzare che i lavoratori di Trenitalia, ed in particolare quelli che lavorano a contatto con il pubblico, si trovino a dover affrontare situazioni che comportano stress psicologico e si sentano scarsamente tutelati in merito alla sicurezza personale, e che i lavoratori assunti con contratti precari, si sentano ricattabili.
Per questo invitiamo Trenitalia a collaborare alla ricerca della verità e ad instaurare un clima in cui i lavoratori possano, con onestà e coscienza, sentirsi liberi di raccontare quello che è successo all’interno di una stazione dove passano centinaia di migliaia di persone che potrebbero essere coinvolte in fatti analoghi.
Invitiamo altresì Trenitalia a garantire che le locandine per la ricerca dei testimoni, che continueremo ad affiggere all’interno e all’esterno della stazione per chiedere verità e giustizia per Moussa Diarra, non vengano strappate.
Ricordiamo che dopo oltre due mesi dall’uccisione di Moussa Diarra alla stazione Porta Nuova di Verona, avvenuta la mattina del 20 ottobre, l’andamento delle indagini continua a sollevare dubbi ed interrogativi riguardo ad elementi che potrebbero minare le garanzie procedurali per rendere trasparente l’accertamento della verità dei fatti.
In particolare:
* I primi comunicati della procura, dopo poche ore dal fatto, con indagini ancora da iniziare, senza referto autoptico e perizie balistiche, davano per scontata la giustificazione giuridica della legittima difesa dell’agente che ha ucciso Moussa.
* Il successivo conferimento dell’indagine a colleghi dell’indagato appartenenti alla Questura, sul cui operato il Procuratore Capo esprime a priori una “incondizionata fiducia”, appare in contrasto con le indicazioni della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo che ritiene doveroso, in questi casi, affidare le indagini ad un diverso corpo delle Forze dell’Ordine. In questo caso, invece, l’indagato, attualmente in forza alla Polizia Ferroviaria, avrebbe in precedenza operato proprio presso la Squadra Mobile della Questura di Verona.
* Nel caso di Moussa non è stato applicato un protocollo di azione preventiva, che dovrebbe essere messo in atto quando le forze dell’ordine si trovano di fronte a persone in stato di disagio psichico o alterate per altre cause, che preveda, ad esempio, di chiamare l’ambulanza, l’utilizzo di spray peperoncino oppure, nei casi più gravi, l’utilizzo del taser come successo in queste settimane in altri casi analoghi.
* Non è stato effettuato alcun esame tossicologico all’agente che ha sparato per accertare la possibile presenza o assenza di sostante alteranti lo stato psicofisico nonostante l’agente abbia subito sparato 3 colpi, di cui 2 ad altezza d’uomo, invece di utilizzare un protocollo di azione preventiva, come descritto al punto precedente. Gli esami tossicologici eseguiti su Moussa hanno invece categoricamente escluso che il ragazzo del Mali assumesse alcol o droghe smentendo così alcune ricostruzioni giornalistiche che si sono, quindi, rivelate false.
* Fin dall’inizio, le telecamere sono state ritenute la prova dell’aggressività di Moussa che avrebbe costretto l’agente a sparargli. Dopo le continue e pressanti richieste di esibirle la Procura comunica che la telecamera centrale era spenta, quella nell’atrio interno ,“apparentemente funzionando, non ha però registrato immagini” e “non è nemmeno certo che avrebbe ripreso le fasi antecedenti l’evento”.
* Le telecamere, nonostante le ripetute istanze, non sono ancora state consegnate ai legali della famiglia, al medico legale e ai periti di parte che le richiedono per poter svolgere il proprio lavoro e ricostruire l’esatta dinamica dei fatti.
* La registrazione di una telecamera che avrebbe ripreso da lontano l’uccisione di Moussa con immagini poco nitide sarebbe stata mandata alla polizia scientifica di Padova per rendere più chiare tali immagini, tuttavia non è stata autorizzata la presenza del perito di parte come richiesto dagli avvocati della famiglia di Moussa.
* Si evidenziano inquietanti analogie con il caso di Paolo Scaroni di Brescia, che 19 anni fa fu picchiato dalla polizia in stazione a Verona rimanendo invalido al 100%. In quel caso, che allora come oggi, vede appartenenti alle forze dell’ordine indagati, le telecamere furono manomesse per nascondere la ricostruzione dei fatti. Manomissione riconosciuta anche dai giudici.
Proprio perché ad oggi le avvocate, la famiglia e i periti nominati non hanno ancora visionato tali telecamere è fondamentale che chi era presente, ha visto, registrato e sentito, collabori per l’accertamento dei fatti.
Verona 27 dicembre 2024
Comitato Verità e Giustizia per Moussa
Info: permoussadiarra@gmail.com
tel. 351 092 1865
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