Il rapporto Censis fotografa un Paese bloccato nella “sindrome della mediocrità”: reddito in calo, denatalità, astensionismo e un ceto medio logorato e depresso. Ecco i dati chiave del 2024.
Il tanto atteso rapporto Censis, puntuale come il Natale, è stato presentato il 6 dicembre. Si tratta della 58ma edizione del rapporto, che interpreta i più significativi fenomeni socio-economici del Paese. Il Censis, Centro Studi Investimenti Sociali, è un istituto di ricerca privato e indipendente fondato nel 1964, tra i più longevi nel panorama socio-culturale italiano. Ma cosa dice il rapporto? Beh, che il Belpaese è vittima della “sindrome italiana”. Ossia, oscilliamo in una mediocrità assoluta.
Non precipitiamo nei periodi recessivi, ma nemmeno siamo capaci di grandi exploit in quelli positivi. Vivacchiamo a centro classifica, tanto per usare una terminologia sportiva. In un contesto siffatto, non mancano i pericoli. Il ceto medio è, ormai, logorato e senza risorse fa fatica ad arrivare alla fine del mese. I cittadini manifestano sfiducia nelle democrazie liberali e nell’Occidente per tutti i conflitti sparsi per il mondo. Solo il 31% è d’accordo sulla richiesta della NATO di incrementare le spese militari. Se fossimo in una democrazia compiuta, è un dato che i governanti non dovrebbero sminuire, perché la volontà popolare va in direzione contraria alle decisioni dell’establishment.
Nel frattempo si inasprisce il conflitto delle identità sessuali, religiose ed etnico-culturali. Tanto che le questioni identitarie -come recita il Censis – hanno sostituito le istanze delle classi sociali tradizionali e assumono una centralità inedita nella dialettica socio-politica. Il 2024 si è caratterizzato anche per l’alto tassi di denatalità, il debito pubblico e l’astensionismo alle elezioni. Ma lasciamo spazio ai numeri.
Nell’ultimo ventennio il reddito disponibile lordo pro-capite si è ridotto in termini reali del 7%. Anche la ricchezza netta negli ultimi 10 anni è calata del 5%. Con questi numeri non si può non convenire con più dei 2/3 di nostri connazionali che il famoso ascensore sociale si è bloccato nei sotterranei. Per quanto riguarda l’occupazione, pur essendo in crescita, resta comunque distante (8,9%) con la media europea. Il settore manifatturiero appare in discesa libera, mentre il turismo, grazie alle presenze straniere, si è incrementato del 18%. Anche se i dati Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea (UE) smentiscono quest’entusiasmo. Sarà una questione di punti di vista diversi nella valutazione dei numeri. Se così fosse, che la smettessero di dare…numeri come verità oggettiva!
Il dualismo tra centro e periferia si è esacerbato, al punto che la quota di coloro che vivono in piccoli comuni hanno difficoltà ad usufruire dei servizi essenziali, come farmacia, pronto soccorso è cresciuta. Così per raggiungere un commissariato di polizia o una stazione dei carabinieri, ma anche un supermercato o un negozio di generi alimentari. In crescita il numero di coloro che si sono rivolti alla sanità privata perché il Servizio Sanitario Nazionale offre liste di attesa bibliche.
Quasi il 60% dei giovani manifesta stati d’ansia, depressivi e disturbi del comportamento alimentare. Inoltre, esiste una maggioranza silenziosa di giovani con titoli universitari ed oltre che espatria per cercare condizioni di lavoro e di vita che in Italia scarseggiano. Malgrado ci sia un sotterraneo conflitto identitario ed etnico, l’Italia ha meritato il primo posto in Europa per il numero di cittadinanze concesse. Ma l’aspetto più inquietante, che forse spiega perché siamo come un paziente stazionario, è il diffuso tasso di ignoranza. Infatti, a scuola non raggiungono l’apprendimento in italiano percentuali che vanno dal 24,5% delle primarie, al 39,9 delle medie e, infine, al 43,5% delle superiori, col picco dell’80% negli istituti professionali. Se si sta tutti a smanettare con quei dannati dispositivi tecnologici, il risultato non può essere che questo!
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