Due anni fa, dopo oltre 74 anni, l’Honduras interrompeva le sue relazioni diplomatiche con l’isola di Taiwan e a giugno 2023 le riallacciava con la Repubblica Popolare cinese. Il presidente Xi Jinping salutava con favore la riapertura dei canali ufficiali con Tegucigalpa, e prometteva grandi affari e un accordo di libero scambio con il Paese dell’America Centrale.
Pechino da tempo sta accrescendo la sua sfera di influenza economica nell’area sotto il naso degli Stati Uniti. Le mosse diplomatiche dell’Honduras sembrano in effetti ricalcare quelle di qualche anno prima della Repubblica di Panama. E il presidente eletto Donald Trump, ancor prima di insediarsi, ha già posto la questione in cima alla sua agenda. Ha annunciato che Kevin Marino Cabrera, attuale commissario della contea di Miami-Dade, sarà l’ambasciatore Usa a Panama e ha ribadito il suo attacco alle autorità locali, colpevoli di “truffare” con “tariffe ridicole” gli Stati Uniti. “Sono lieto di annunciare che Kevin Marino Cabrera sarà ambasciatore degli Stati Uniti nella Repubblica di Panama, un paese che ci sta truffando nel Canale di Panama, ben oltre ciò che potevano immaginare”, ha dichiarato Trump in un comunicato. E ha ricordato che Cabrera è “un accanito sostenitore” dei principi di “America First”. Alcuni giorni fa Trump aveva affermato che la Cina sta assumendo un ruolo sempre più influente nell’area, dichiarando che una volta tornato alla Casa Bianca farà di tutto per riprendere il controllo dello strategico passaggio.
Panama, dove passa circa il 6% dei traffici marittimi globali, ospita una delle più importanti vie di transito del mondo per le merci, collegando l’Oceano Atlantico al Pacifico, un choke point di rilevanza strategica al pari del Capo di Buona Speranza, Suez e Bab al-Mandeb, il Bosforo e i Dardanelli, lo Stretto di Gibilterra. Ma quello che dice Trump ha un fondo di verità: la Cina, diventata nel tempo una potenza armatoriale, da tempo sta incrementando la sua presenza commerciale nella repubblica panamense. La prima nave ad attraversare il Canale ampliato, all’inaugurazione tenutasi nel giugno 2016, è stata una nave della compagnia di navigazione cinese Cosco: venne scelta per sorteggio, ma l’immagine di una nave di Pechino all’evento nel cuore del continente americano ha lasciato il segno.
Panama, dopo aver rotto le relazioni con Taiwan nel 2017, le ha subito allacciate con Pechino con cui ha siglato 19 accordi di vario tipo nel corso del tempo. Come rileva un’analisi dell’Università di Navarra, i ricavi del Canale generano un terzo del Pil di Panama. Nel corso degli anni, la Cina è diventata un importante cliente della via di passaggio, diventando il suo secondo cliente dopo gli Stati Uniti. Nel tempo Pechino si è affermata come il maggiore fornitore della Zona Franca di Colon (CFZ), sulla costa caraibica panamense, accanto all’imboccatura settentrionale del Canale. È la zona franca più importante delle Americhe e la seconda più grande al mondo, con un volume annuale di importazioni e riesportazioni di 16,16 miliardi di dollari. La Cina è presente con oltre venti aziende a Colon, tra cui anche il gigante delle telecomunicazioni Huawei.
Ma l’aspetto, come al solito, più importante e più preoccupante dell’impronta cinese nella zona di transito è la presenza infrastrutturale. Il Dragone controlla due dei cinque porti adiacenti al canale, Balboa sul Pacifico e Cristobal sui Caraibi, e si sta preparando per la costruzione del quarto ponte sul canale. Secondo le stime del Ministero dei lavori pubblici di Panama, il ponte renderà più veloce il traffico giornaliero di oltre 70mila veicoli, collegando la provincia di Panama ovest a Panama City. L’infrastruttura sarà costruita da un consorzio tutto cinese, formato dalla società statale China Communications Construction Company (CCCC) e dalla China Harbour Engineering Company (CHEC), per un appalto al momento quantificato intorno a 1,5 miliardi di dollari. Inoltre, ad agosto il governo del Paese americano ha annunciato l’interessamento del conglomerato statale cinese China Energy International Group “a partecipare agli investimenti e allo sviluppo di progetti di energia rinnovabile a Panama, principalmente nei settori dell’energia eolica offshore, trattamento delle acque e fornitura di energia per data center”.
Già il Pentagono ha lanciato tempo fa un allarme sulla costante ascesa cinese nel Mar dei Caraibi. Ma ora il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump promette un approccio molto più aggressivo da parte di Washington. Nel frattempo Pechino si muove per arginare gli Stati Uniti. Da tempo lavora a progetti alternativi al Canale di Panama per diversificare le sue vie di collegamento. Nello scorso decennio l’idea di Pechino era di costruire una rotta alternativa su terra che attraversasse tutto il Nicaragua, altro Paese dell’America Centrale sostenitore dell’Unica Cina in chiave anti-Taiwan, ma il progetto è sempre rimasto lettera morta. Ora lo sguardo cinese sembra essersi soffermato sull’Honduras.
Il progetto è quello di un grande corridoio logistico che collegherebbe le due sponde oceaniche. Allo studio ci sono una rotta ferroviaria tra la città di Puerto Cortes sulla costa caraibica e il porto di San Lorenzo sulla costa pacifica, una distanza in linea retta di 275 chilometri. Gli ingegneri cinesi hanno già svolto diversi sopralluoghi a San Lorenzo per studiare due progetti iniziali: l’estensione del molo principale del porto e la costruzione della prima parte della ferrovia stessa.
Accanto alla rotta su ferro si accompagnano soprattutto i progetti di costruzione di una vasta rete autostradale che metta in comunicazione tutti gli scali più importanti della regione, coinvolgendo così anche il Guatemala, il Nicaragua, El Salvador e Costa Rica. Il maxi-progetto regionale è stato ribattezzato il Canale Secco per porsi così in diretta concorrenza con Panama, ambizione incoraggiata dalla recente siccità che ha colpito la zona e che per tutto lo scorso anno ha provocato una drastica riduzione dei transiti delle navi per la carenza di acqua nel canale. Il progetto Dry Canal metterebbe così in collegamento i porti del Pacifico di La Union (El Salvador), Henecan (Honduras) e Corinto (Nicaragua) con gli hub caraibici di Puerto Cortes (Honduras) e Puerto Barrios (Guatemala).
Per questo motivo la Cina guarda con interesse crescente la zona di transito tra i due oceani. Al momento le stime provvisorie parlano di un costo complessivo della rete autostradale, ferroviaria e di hub logistici di circa venti miliardi di dollari. Le difficoltà non mancano, da ogni punto di vista, sia tecnico, sia finanziario sia politico vista l’instabilità della regione. Ciò non toglie che Pechino non è mai da sottovalutare: negli ultimi vent’anni, il Dragone si è infiltrato in America Latina , superando ogni tipo di barriera e ostacolo. Ora si è affermato come il secondo partner commerciale della regione. Secondo il World Economic Forum, in soli due decenni, le sue relazioni bilaterali sono aumentate di 26 volte, da 12 miliardi di dollari nel 2000 a 315 miliardi di dollari nel 2020.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link