L’audizione al Csm, il clima in Procura a Palermo tra mafia e omicidi

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I miei rapporti con Costa erano molto buoni sul piano del lavoro, insomma ogni tanto avevamo qualche scambio di idee, ma in modo sporadico. Intanto fu ucciso, il 19 luglio, il vicequestore Boris Giuliano; il 25 settembre, sempre nel 1979, Cesare Terranova, quindi la situazione cominciò a deteriorarsi, fino al gennaio 1980, il 6 gennaio 1980, quando fu ucciso il presidente della Regione Mattarella

Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni e curato insieme a Francesco Trotta. Potete seguirlo a questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Per circa un mese pubblichiamo il libro “L’illegalità protetta”, edito per la prima volta nel 1990 e ristampato nuovamente da Glifo Edizioni, dedicato a Rocco Chinnici e ai giudici del pool antimafia


L’anno 1982 il giorno 25 del mese di febbraio alle ore 16:00 nella sede del Consiglio Superiore della Magistratura, in Roma, si è riunita la Prima Commissione Referente.

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Sono presenti signori: prof. Giovanni Quadri – Presidente; dott. Vladimir Zagrebelsky – Vicepresidente; dott. Giovanni Verucci – Componente; dott. Francesco Ippolito – Componente; dott. Vincenzo Mariconda – Componente. È assente giustificato il prof Mario Bessone. Partecipano ex art. 34 R.I. il prof. Alfredo Galasso e il dott. Giovanni Tamburino. Esercita le funzioni di segretario il dott. Luigi Gueli

La Commissione, nell’ambito delle indagini relative alla pratica n. 384/80 R.R., concernente la nota n. 22.9.80 di alcun magistrati della Procura della Repubblica di Palermo (relatore dott. Ippolito), procede all’audizione del dott. Rocco Chinnici che verrà allegata al presente verbale previa trascrizione del nastro ove è stata riprodotta.

Presidente: La parola al relatore, cons. Ippolito

Ippolito: Probabilmente sarà meglio se il collega Chinnici ci facesse prima un quadro del clima che vi era in Procura nei giorni o mesi precedenti l’assassinio del Procuratore Costa, in particolare del clima di quei giorni del maggio, inizio del maggio, successivi agli arresti da cui nacque – diciamo – il processo «Mafia e droga», rapporti con i sostituti ed eventuali tensioni, conflitti, prese di posizione, opinioni, commenti e così via: ecco il quadro generale potrebbe essere utile.

Il quadro generale lo posso fare anche in rapporto al mio ufficio, perché io, per ragioni ovvie, mi occupavo dell’Ufficio istruzione ed ovviamente dovevo mantenere dei rapporti con la Procura della Repubblica; quei rapporti, intanto istituzionali, e poi sul piano personale avevo rapporti con Costa e con qualche altro sostituto perché, essendo io dal 1966 a Palermo, avevo rapporti di lavoro con quasi tutti i sostituti tranne che con i giovanissimi.

Voi sapete che il procuratore Costa veniva da Caltanissetta quindi non era un palermitano; la sua nomina non dico che non era stata accolta bene, ma comunque aveva un po’ destato qualche perplessità, perché si diceva «con tanti magistrati di Palermo si doveva nominare Costa»

Costa venne a Palermo nel 1978, nell’estate, preceduto da fama di buon magistrato che aveva molta professionalità, in quanto aveva fatto dapprima il sostituto e poi il procuratore della Repubblica.

Un uomo impegnato perché il suo passato era noto a tutti: un passato di combattente per la libertà, era stato partigiano e questo non sappiamo se a Palermo poteva essere accolto bene oppure no – perlomeno in certi ambienti.

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Quando venne a Palermo io ancora non reggevo l’ufficio perché c’era il consigliere istruttore De Blasi (che poi venne a mancare il primo febbraio dell’anno successivo, nel 1979), comunque instaurammo buoni rapporti di cordialità; ogni tanto io andavo in Procura, e per parlare un po’ dei processi, e perché, nel frattempo, si erano verificati gravi fatti di sangue; ma già mi riferisco al 1979 quando fu ucciso Reina, il segretario provinciale della D.C., ma prima era stato ucciso Impastato, un giovane di Democrazia Proletaria, che in un primo tempo si pensò fosse saltato in aria mentre stava per collocare un ordigno esplosivo (invece tutto questo poi è venuto meno perché, nella fase di istruzione formale, io ho potuto stabilire che quello fu un tipico delitto di mafia). Come dicevo, questo rapporto con il procuratore della Repubblica non era intenso, non perché da parte sua o da parte mia ci fosse indisponibilità, ma perché avevo sempre moltissimo lavoro.

Poi, il 1979 per me fu un anno cruciale perché ero componente della commissione di un concorso qui a Roma e quindi facevo una settimana a Palermo e una settimana a Roma; in quella settimana che ero a Palermo mi dedicavo tutto all’ufficio perché già reggevo l’ufficio (era morto De Blasi e quindi avevo pochissimo tempo.

I miei rapporti con Costa erano molto buoni sul piano del lavoro, insomma ogni tanto avevamo qualche scambio di idee, ma in modo sporadico. Intanto fu ucciso, il 19 luglio, il vicequestore Boris Giuliano; il 24 o il 25 settembre, sempre nel 1979, Cesare Terranova, quindi la situazione cominciò a deteriorarsi, fino al gennaio 1980, il 6 gennaio 1980, quando fu ucciso il presidente della Regione Mattarella.

Noi avemmo dei contatti, specie dopo l’omicidio Mattarella, per cercare di vederci chiaro in questi grossi delitti; purtroppo non c’era spiraglio o non c’era possibilità di avere le idee chiare perché si parlava di interferenze mafiose negli appalti, le famose cinque scuole; contratti di appalti per cinque scuole che furono aggiudicati tutti a un gruppo di mafiosi – quel gruppo Spatola/Inzerillo che poi nel maggio ’80 fu tratto in arresto.

Lo stesso gruppo Spatola però, magari, aveva collegamenti con altre ditte; c’era la ditta Sansone ma era tutto uno. Quando parlo di gruppo di mafia, mi riferisco a un gruppo di mafia che opera, ad esempio, in una determinata borgata di Palermo.

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