Alcol, è allarme: «un’altra epidemia che colpisce i nostri giovani»

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 «I dati che abbiamo sono drammatici e ci mostrano che un’altra epidemia sta colpendo il mondo dei giovani: già nel 2019 in Italia gli accessi al pronto soccorso dei ragazzi sotto i 18 anni per problemi correlati all’alcol sono stati 4723. Un numero che già segnava un aumento del 18 per cento rispetto all’anno precedente. 2150 erano ragazze: il 25,4 per cento in più del 2018. Sono numeri altissimi, considerando anche che la vendita di alcolici ai minori di 18 anni è un reato e che tutte le evidenze scientifiche mostrano che i minorenni che fanno uso di alcol rimangono vittime di danni cerebrali talora irreversibili».

È partendo da qui poi che si arriva all’uso di sostanze psicoattive anche di altro tipo: «l’alcol viene considerato un gateway drug: una sostanza che fa da apriporta a tutte le altre sostanze. Anche nei quadri clinici più gravi notiamo che la prima sostanza con cui c’è stato un contatto è stata l’alcol, la seconda, di solito, il tabacco, la terza la cannabis e poi si passa alle altre: così si conosce che esistono sostanze che, se assunte, provocano sensazioni piacevoli e se ne prende confidenza».

La pandemia non ha fatto rallentare le tendenze del 2019 e ha causato nel 2020 un aumento del 110 per cento degli ordini di alcol online e un consumo raddoppiato in Italia per la fascia giovanile. Si è arrivati, così, a contare tra i 6 e i 700 mila under 18 che fanno un uso rischioso dell’alcol; un milione se considerati anche i giovani fino ai 24 anni. Sempre nel 2020, poi, tra i 48 mila ingressi al pronto soccorso per intossicazioni da alcol, il 17 per cento ha riguardato minori di 14 anni: conseguenza della precoce età in cui in Italia si hanno le prime assunzioni di alcol, spesso in famiglia, «con il dato più basso tra i paesi europei, ci si aggira intorno ai 10 anni e mezzo, con una sottovalutazione del problema che questo crea» spiega Guidoni. L’aumento dei consumi durante la pandemia, poi, «ha visto anche delle ricadute di chi era già in trattamento e un aggravarsi dei quadri clinici sovrapposto alle problematiche sociali, economiche e di salute che il periodo ha portato», dice ancora. Anche per le sostanze illegali «per le quali abbiamo dati più incerti, il mercato è riuscito a riorganizzarsi: c’è stato anche in questo caso un aumento degli ordini online, soprattutto attraverso il dark web, che ha permesso di ricevere qualunque sostanza a domicilio evitando l’esposizione in piazza o all’aperto» dice, anche se, nonostante la diminuita circolazione delle persone per le strade, soprattutto durante il lockdown, «lo spaccio per strada è rimasto attivo, con un aumento del 7, 5 per cento dei sequestri di sostanze stupefacenti, soprattutto di cocaina e delle nuove sostanze psicoattive, da parte delle forze dell’ordine». Da considerare è anche il pericolo maggiore a cui in questo periodo ci si espone: «soprattutto chi consuma oppioidi, infatti, è più sensibile ai danni dell’infezione da Covid: le condizioni di salute sono di minore qualità e possono essere già presenti problemi respiratori o cardiorespiratori», spiega. In generale, quello che la pandemia ha reso ancora più evidente è stato il fatto che «il consumo di alcol e droghe non è legato solamente a stili di vita individuali, ma come gli altri tipi di consumo è soprattutto influenzato da logiche di mercato; un mercato che, fin dagli anni 2000, ha trovato risposte sempre più efficaci e accattivanti, come la riduzione dei costi delle singole dosi a misura di paghetta o nuove soluzioni per cui, cambiata la socialità, non diminuissero i consumi». Anche le iniziative di prevenzione negli ultimi due anni «pur non essendosi fermate, hanno visto un rallentamento, facendo i conti con le difficoltà di intervenire attraverso le scuole in modo adeguato». C’è bisogno quindi di ripartire da qui «con la collaborazione delle istituzioni, perché ci sia più informazione su temi spesso sottovalutati come quello dell’uso di alcol, che miete ogni anno tra le 30 e le 40 mila vittime, e dei Servizi per le dipendenze presenti su tutto il territorio, dove, gratuitamente, tutti, anche chi non ha sviluppato problemi, possono ricevere consulenze da personale specializzato in grado di avvicinare e supportare chi ne ha bisogno» aggiunge. «Questi due anni hanno riportato in primo piano l’importanza della salute e quanto questa possa essere precaria: è con questa accresciuta consapevolezza che dobbiamo rimettere al primo posto anche le problematiche dell’uso di alcol e sostanze psicoattive, che, insieme agli altri problemi di salute mentale, rappresentano sicuramente alcuni dei principali problemi di salute del nostro tempo» conclude Guidoni.



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