Emigrazione e radici, se il treno dei desideri all’incontrario va

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Sicilia Express è l’iniziativa della Regione Siciliana per agevolare il rientro di chi vive fuori per le festività natalizie – Avvenire

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Di express ha solo il nome. Perché per arrivare da Torino a Palermo o a Siracusa ci vogliono la bellezza di 22 ore. Tante quante ce ne volevano con la mitica “Freccia” del Sud o il Treno del Sole, decenni prima. Il “Sicilia Express” però è tutto un’altra cosa. Niente strapuntini e posti in piedi in corridoio, niente valigie di cartone e assalti ai treni come ci hanno restituito i grandi fotografi italiani che hanno raccontato la “spartenza” dal Dopoguerra in poi e che non si è più fermata. Questo è un viaggio “slow” ed economico verso la Sicilia, verso casa, con una lounge dedicata nella stazione di partenza, il posto assegnato e l’intrattenimento a bordo con tanto di comici e fondamentali influencer da tempi social. Una “crociera” su binari ferrati, non certo dell’alta velocità, che attraversa e “unisce” l’Italia per il grande rientro di Natale.

Un’iniziativa curiosa e quasi folcloristica messa in campo dalla Regione Siciliana, in collaborazione con le Ferrovie dello Stato – Treni Turistici Italiani, per «offrire un mezzo alternativo ed economicamente accessibile in un periodo in cui l’aumento della domanda fa lievitare i prezzi del trasporto» ai siciliani che vivono fuori. Treni e aerei che nei periodi di feste fanno il pieno di passeggeri e con la complicità degli algoritmi fanno schizzare i prezzi alle stelle anche sei mesi prima. Così ai siciliani d’alto mare – quelli che, davanti al dubbio amletico che a un certo punto della vita si pone davanti a ogni abitante dell’isola, “restare o partire?”, hanno scelto la seconda strada – non resta che pagare un conto salato. Come il mare che si portano dentro con nostalgia. Un treno dei “desideri”, il “Sicilia Express” nello spirito del “turismo delle radici”. D’altronde, il 2024 che si chiude è, quasi era, proprio l’anno dedicato alle radici, quelle che non si dimenticano mai, che legano come un cordone ombelicale l’emigrante alla terra delle madri. Un rituale che per i siciliani è qualcosa di più della nostalgia. E allora in questo treno, il ritorno diventa una «festa itinerante», quasi uno spot promozionale per l’Isola che accoglie i “turisti delle radici”. Una possibilità chiaramente limitata a diverse centinaia di passeggeri della diaspora. Gli altri milioni di siciliani d’alto mare hanno raggiunto la Sicilia con altri treni a lunga percorrenza, altrettanto “express” (ma senza intrattenimento a bordo), con pullman e soprattutto aerei. A caro prezzo. Al punto che, spesso, di fronte a certe cifre, anno dopo anno, sono in molti a rinunciare, ritrovandosi “ostaggi” del Nord.

Se con il “Sicilia Express” e le misure prese sulla scontistica dei voli per i residenti (per le feste, finalmente, anche per i nati in Sicilia, i veri beffati dal sistema del caroprezzi) si mette una simpatica toppa in un sistema di collegamento Nord-Sud che non funziona, resta il problema di fondo. Dietro ogni viaggiatore del “Sicilia Express” c’è una storia di emigrazione. Che non è il semplice decidere di andare altrove per crescere, realizzarsi, fare esperienze. Non c’è una scelta libera. No, è quasi un imperativo. «Vattinni» . Vattene, lascia questa terra «maligna», «non farti fregare dalla nostalgia», è il grido dell’anziano Alfredo al giovane Totò in “Nuovo Cinema Paradiso” del regista Giuseppe Tornatore, in una scena da Oscar che ha fatto piangere generazioni di siciliani. Un amaro destino sintetizzato in un vecchio detto isolano: “Cu nesci arrinesci”. Ovvero, chi se ne va riesce, si afferma, fa fortuna. Come se fosse impossibile farlo lì, nell’isola. Passa il tempo, il detto rimane. Sperimentato sulla propria pelle da milioni di siciliani. In modi e forme diverse. Ieri, oggi, (domani?). Negli anni Sessanta erano operai che riempivano al millimetro vecchi treni, con valigie di cartone, ora universitari e laureati che viaggiano con trolley e zaini, preferibilmente in aereo, sempre meno low cost. Se è vero che il Mezzogiorno sta crescendo come Pil anche a un ritmo migliore del Nord (ma con volumi decisamente diversi), è altrettanto vero che continua a perdere popolazione. Negli ultimi 10 anni – rileva la Svimez – quasi 200mila giovani laureati hanno lasciato il Sud per il Centro-Nord. Le scuole primarie sono a rischio chiusura in 3mila Comuni per mancanza di bambini. La grande emergenza – è la conclusione del rapporto – è l’emigrazione.

Un paradosso se si guardano i fiumi di turisti (senza radici) che a milioni raggiungono in estate e durante tutto l’anno, l’isola delle meraviglie per scoprire le “Cento Sicilie” di Gesualdo Bufalino, percorrere tutta la storia che qui si è compiuta, vedere i luoghi di fortunate serie tv. La grande bellezza siciliana purtroppo non basta a garantire un futuro a chi invece in quella terra ci nasce e cresce. Così, mentre i settanta deputati dell’Assemblea Regionale Siciliana sono impegnati a disperdere risorse in assurdi e anacronistici capitoli di spesa a loro completa disposizione per finanziare senza alcun bando, in maniera clientelare, sagre, spettacoli e le iniziative le più svariate nei loro territori di provenienza, con casi incresciosi che le ultime cronache giornalistiche hanno tristemente raccontato, la “meglio gioventù” continua ad andarsene pagando il prezzo di decenni di malgoverno. «Va via – sottolineava già vent’anni fa il sociologo Franco Cassano, teorico del “Pensiero meridiano” – la parte probabilmente più attiva e coraggiosa. Un pezzo delle future classi dirigenti di cui il Sud avrebbe bisogno per crescere». Da allora non c’è stata alcuna inversione di rotta. Un’emigrazione senza ritorno. Senza rimesse.

Poi arrivano le feste e il richiamo irresistibile delle radici. Della Sicilia, bella e impossibile. Irredimibile, direbbe Leonardo Sciascia, senza che nessuno sia ancora riuscito a smentirlo. Si va e si torna. Come farà il 5 gennaio il “Sicilia Express” che riporterà i siciliani d’alto mare al loro posto, “giù al Nord”. Il treno dei desideri, purtroppo “all’incontrario va”. In attesa della prossima ricorrenza. O dell’agognata estate.

Di “express”, alla Sicilia, servirebbe proprio ben altro.

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