Strage di Calenzano, l’allarme alla 10:21 e 30 secondi

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Aggiornamento

Già completate le autopsie sui corpi delle cinque vittime dell’esplosione del 9 dicembre 2024 al deposito Eni di Calenzano (Firenze). Lo si apprende dalla procura di Prato che aveva incaricato tre medici legali. Le autopsie sono state effettuate all’istituto di Medicina legale di Careggi, a Firenze. Nelle ore successive verranno effettuate sulle salme le verifiche per la identificazione e a questo proposito saranno raccolti i Dna dei familiari. Inoltre saranno eseguite verifiche antropometriche e sulle impronte dentali da due genetisti.

 

Ieri, mercoledì 11 dicembre, giorno di lutto regionale, nella manifestazione in piazza Vittorio Veneto a Calenzano, i rappresentanti dei lavoratori chiedevano pene certe: dopo 9 mesi dalla strage di via Mariti all’Esselunga non si hanno indagati. Indagini che, per la tragedia accaduta dentro il deposito Eni, sono appena iniziate: cinque le vittime, ennesimi morti sul lavoro di un 2024 che Firenze e i suoi dintorni ricorderanno tristemente bene. 

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La Procura di Prato, come comunicato poche oro dopo l’esplosione, ha aperto un’inchiesta e per il momento c’è una sicura ipotesi di reato ovvero quella di omicidio colposo plurimo ma non sappiamo  se siano già state iscritte delle persone nel registro degli indagati.

Nel corso della giornata di ieri si sono ricostruiti i fatti e sono emerse informazioni chiave: secondo una prima ricostruzione effettuata dagli inquirenti, pochi secondi prima dell’incidente un operatore interno al deposito dell’Eni avrebbe dato l’allarme. Parliamo di attimi: alla pensilina numero 6 dell’area di carico, che ne conta 10, alle ore 10:21 e 30 secondi l’operatore di cui sopra ha dato l’allarme attraverso un pulsante di una difformità osservata ma la deflagrazione è arrivata circa 30 secondi più tardi, alle 10:22. Una prima esplosione che ne ha generate altre coinvolgendo almeno cinque autocisterne.

Dalle prime ricostruzioni trapela che al momento della deflagrazione erano in corso operazioni di manutenzione straordinaria vicino all’area destinata al carico del carburante, mentre in quattro corsie, dalla 3 alla 6, vi erano altrettante autocisterne in rifornimento. La domanda è: sono state rispettate tutte le misure di sicurezza in un impianto ad alto rischio come quello oppure ci sono state inadempienze nella fase di manutenzione alle pensiline 5 e 6?

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Eni, in una nota, ha dichiarato che “sta collaborando con l’autorità giudiziaria per individuare quanto prima, in modo rigoroso tramite le opportune e approfondite verifiche tecniche, le cause reali dell’esplosione, delle quali è assolutamente prematuro ipotizzare la natura”. “Ogni informazione di dettaglio sarà messa a disposizione alle autorità giudiziarie che stanno conducendo le indagini, anche a salvaguardia del segreto investigativo”.

Ricordiamo che la Procura ha incaricato due consulenti autorevoli per svolgere  le indagini: sono l’esplosivista Roberto Vassale e il chimico esplosivista Renzo Cabrino, entrambi operativi come periti nella strage di Capaci.

La ricostruzione

Al deposito Eni di Calenzano era in corso una manutenzione straordinaria, resasi necessaria su apparati che ne avrebbero necessitato da anni. E’ quanto risulta dai primi accertamenti della procura di Prato a poco più di 48 ore dall’esplosione nell’area pensiline di carico. La procura indaga sulle modalità della manutenzione riguardo all’innesco dell’esplosione. Dai primi rilievi tecnici, inoltre, nell’impianto non è stato trovato esplosivo, quindi, viene escluso che l’esplosione sia da attribuire a un possibile sabotaggio.

La procura di Prato conferma di aver aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo, crollo doloso di costruzioni o altri disastri e rimozione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro.
Intanto l’intero deposito è stato posto sotto sequestro per svolgere le indagini tecniche necessarie per stabilire le cause dello scoppio. Eni, si apprende da fonte inquirente, ha chiesto di intervenire per smaltire correttamente acque potenzialmente inquinanti, ma tutta l’attività di approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione carburanti “deve restare ferma” fino a che sarà necessario. Come già riportato emerge anche un allarme lanciato da un operatore alle ore 10:21 minuti e 30 secondi su un’anomalia “tant’è che si è allontanato e si è messo in salvo la vita” dall’imminente stato di pericolo.

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La conta dei danni e un conto corrente dedicato alle famiglie delle vittime

Sono stimati in circa tre milioni di euro i danni causati dall’onda d’urto che ha investito l’area limitrofa al deposito Eni di Calenzano. Il Comune di Calenzano, invece, ha attivato un 𝗰𝗼𝗻𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗿𝗿𝗲𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗶 𝘀𝗼𝗹𝗶𝗱𝗮𝗿𝗶𝗲𝘁𝗮̀ a favore delle famiglie delle vittime dell’incidente al deposito carburanti Eni di via Erbosa. L’iban del conto, presso Unicredit spa, tesoriere del Comune, è IT43Y0200838103000107278108.

 

 

La lettera

 

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Vincenzo Martinelli è tra i deceduti della strage: in una lettera dell’ottobre scorso, pubblicata da ’Repubblica’, evidenzia la presenza di continue anomalie sulla base di carico.

 

Le vittime

Le cinque vittime sono Vincenzo Martinelli e Davide Baronti, i primi ad essere identificati. Gli altri uomini deceduti, operai, sono Carmelo Corso di 57 anni, Gerardo Pepe di 45 anni e Franco Cirelli di 50 anni. 

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Carmelo Corso, originario di Catania, viveva a Prato dal 1993 assieme alla moglie a due figli, Elena e Dario. 57 anni ancora da compiere: Corso, inserito inizialmente nella lista dei dispersi, era entrato nel deposito appena quattro minuti prima della deflagrazione, alle 10:16. L’uomo lavorava come autista per la Rat-Raggruppamento Autotrasportatori Toscani, azienda  con lo stabilimento adiacente al deposito Eni: in passato, aveva prestato servizio come guardia giurata per l’Eni. 



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