L’appello delle associazioni al governo: salviamo l’idroelettrico italiano

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Il settore idroelettrico chiede di “salvaguardare la risorsa, gli interessi pubblici e i relativi comparti industriali” e di adottare “opportuni provvedimenti normativi” per consentire al settore di “sviluppare un potenziale di investimenti per circa 15 miliardi di euro”, impedendo la partecipazione alle gare di operatori di Paesi “che non presentano reali condizioni di apertura e di accesso al mercato paragonabili a quelle italiane”

Un appello al governo per salvare il settore idroelettrico italiano. È quello imprese, associazioni imprenditoriali e di consumatori, sindacati e Onlus che rivolgono attraverso una pagina a pagamento acquistata sui principali quotidiani italiani. La pagina pubblicata si presenta come il “Manifesto Uniti per l’Idroelettrico Italiano”, in cui si denuncia come “il nostro Paese rischia di perdere un settore energetico strategico”.

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NEL 2023 IL SETTORE IDROELETTRICO HA GENERATO VALORE PER 2 MILARDI DI EURO

“Nel 2023 – si legge nel Manifesto – i 4.800 impianti italiani hanno infatti prodotto energia elettrica verde pari al fabbisogno di oltre 15 milioni di famiglie, generando valore per circa 2 miliardi di euro l’anno e impiegando circa 12mila lavoratori altamente specializzati, in forma diretta o nell’indotto”.

I NUMERI DELL’IDROELETTRICO IN ITALIA

In Italia vi sono oltre 4.600 impianti idroelettrici. Dai dati di Terna, aggiornati a febbraio 2024, nel nostro Paese sono presenti 4.860 impianti che producono energia idroelettrica. Dal punto di vista geografico, le centrali sono distribuite soprattutto lungo l’arco alpino: vi sono infatti 1092 bacini idrici in Piemonte, 891 in Trentino-Alto Adige, 749 in Lombardia e 408 in Veneto. Molto diversa la situazione nel Mezzogiorno: al Sud troviamo infatti la Calabria con 74 centrali, seguita dalla Campania con 63, dal Molise con 40, poi la Sicilia con 31 e la Basilicata con 21 centrali. Chiudono la classifica la Sardegna con 18 e la Puglia con soli 10 impianti.

IDROELETTRICO: LA QUESTIONE DELLE CONCESSIONI

Il problema delle concessioni idroelettriche italiane risale al 2022. E’ infatti in quell’anno che l’allora presidente del Consiglio Mario Draghi, con il Decreto Concorrenza, ha legato il futuro delle concessioni idroelettriche al PNRR. Con quella mossa, Draghi ha ceduto all’Europa la sorte dei nostri bacini idroelettrici, nonostante una relazione del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (il Copasir) definisse il settore “strategico” per il Paese. La potenza complessiva installata in Italia è di circa 23 GW, di cui 19,5 di grande derivazione: i due terzi di queste concessioni scadranno già nel 2029.

GLI OPERATORI DEL SETTORE E IL RUOLO DELLE REGIONI

Nel nostro Paese vi sono 8 operatori, che detengono circa l’80% della capacità idroelettrica complessiva: Enel possiede il 37%, A2A il 10%, Alperia il 9%, Dolomiti Energia l’8%, Edison e CVA il 6%, Iren il 3% e Acea l’1%. Va poi ricordato che, in Europa, l’Italia è l’unico Paese ad aver avviato la completa liberalizzazione e apertura alla concorrenza per l’assegnazione delle concessioni con almeno 3 MW di potenza, introducendo anche i principi di temporaneità e contendibilità.

Inoltre, la materia è stata trasferita alle Regioni, portando così ad approcci differenti che non aiutano il settore, come ad esempio il passaggio di proprietà degli asset alla Regione una volta che la concessione arriva a scadenza.

I RISCHI DELL’INGERENZA DI OPERATORI STRANIERI

È per questo che, nel manifesto, le associazioni scrivono che, “in un contesto in cui non sussiste, nemmeno a livello europeo, chiarezza sui principi da seguire nell’assegnazione delle concessioni – si legge ancora nel testo – l’Italia ha avviato procedure concorrenziali che hanno stimolato e stimoleranno l’interesse e la partecipazione di operatori europei e non europei, con grandi incertezze sulle prospettive del settore e sugli investimenti negli impianti e, da ultimo, rallentando il raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione e di sviluppo sostenibile del sistema elettrico nazionale”.

L’APPELLO AL GOVERNO

Da qui la richiesta al governo di “salvaguardare la risorsa, gli interessi pubblici e i relativi comparti industriali”. I sottoscrittori chiedono in particolare di adottare “con effetto immediato opportuni provvedimenti normativi”, con l’obiettivo di consentire all’idroelettrico italiano “di sviluppare un potenziale di investimenti per circa 15 miliardi di euro”, impedendo la partecipazione alle gare di operatori di Paesi che “non presentano reali condizioni di apertura e di accesso al mercato paragonabili a quelle italiane, salvaguardando la produzione di energia elettrica rinnovabile nazionale e raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione sviluppo sostenibile del Paese”.

LE ASSOCIAZIONI FIRMATARIE

A firmare il manifesto sono: ADICONSUM – ADOC – AIEE – AMICI DELLA TERRA – ANCI – ANIE – ASSOCIAZIONE IMPRENDITORI IDROELETTRICI – FVG – CITTADINANZATTIVA – CODACONS – CONFAGRICOLTURA – COORDINAMENTO FREE – ELETTRICITÀ FUTURA – FARE AMBIENTE – FEDERBIM – FEDERCONSUMATORI – FEDERIDROELETTRICA – FEDERMANAGER – FILCTEM-CGL – FLAEI-CISL – FONDAZIONE SVILUPPO SOSTENIBILE – FONDAZIONE SYMBOLA – KYOTO CLUB – LEGA CONSUMATORI – MAREVIVO – MOVIMENTO CONSUMATORI – MOVIMENTO DIFESA DEL CITTADINO – UILTEC – UIL – UTILITALIA.

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