Processo a Salvini: i limiti (gravi) della politica e dell’informazione

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di Salvatore Sfrecola

In un paese ideale la lettura del dispositivo della sentenza dei giudici di Palermo che hanno assolto Matteo Salvini dall’accusa di sequestro di persona e di violazione del segreto d’ufficio sarebbe stata accolta da tutti con estrema serenità anche perché dimostra una cosa della quale parte della politica non sembra rendersi conto, il differente ruolo dei Pubblici Ministeri e dei Giudici che si riversa anche sul diverso atteggiamento nei confronti dei fatti che potrebbero avere una rilevanza penale. Invece, leggo su La Repubblica, se naturalmente quel che è scritto corrisponde a verità, che la premier Giorgia Meloni avrebbe telefonato dalla Finlandia a Matteo Salvini per congratularsi con lui – e questa è ovviamente cosa buona e giusta – ma, aggiunge il giornalista, Lorenzo De Cicco, con “stoccate al “processo politico” e un messaggio che rimbalza fino a Roma: sulla separazione delle carriere si mette il turbo, comunque, per strappare il via libera alla Camera in prima lettura entro gennaio 2025”.

In sostanza, quel che mi parrebbe logico, visto il risultato del giudizio a carico di Salvini, per fatti di quando era ministro dell’Interno, sembra che logico non sia agli occhi di taluni perché la separazione delle carriere avrebbe inevitabilmente un effetto di enfatizzazione dell’autonomia del Pubblico Ministero con incremento del distacco dai giudici, in quanto verrebbe meno la possibilità di una esperienza giudicante, quella che è alla base della “cultura della giurisdizione” che dà il senso della terzietà che è tanto del giudice quanto del Pubblico Ministero che, ricordiamolo, non è l’“avvocato dell’accusa”, ma il “promotore di giustizia”, per usare un’espressione dell’ordinamento dello Stato della Città del Vaticano. Promotore di giustizia in quanto non esercita l’azione penale nell’interesse dello Stato ma della legge. Insomma, per i tanti ammiratori di Perry Mason che ci hanno abituato ad udienze che si aprivano con la frase “lo Stato di New York contro mister Brown”, e lo stato lo impersonava il Procuratore Distrettuale, noi sappiamo che in Italia il P.M. agisce nell’interesse della legge mentre la tutela dello Stato è affidata, quando ve ne siano le condizioni, alla speciale Avvocatura dello Stato che è un ufficio della Pubblica Amministrazione.

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Tornando al processo Salvini, va detto che è normale che la Procura della Repubblica possa ritenere un fatto fonte di responsabilità penale e che questa ipotesi possa non essere condivisa dai giudici. È nella logica di un sistema processuale che si articola in più gradi di giudizio, ove la sentenza dei primi giudici non sia condivisa dalla Procura della Repubblica in tutto o in parte. Quanto alla “vittoria”, giustamente evocata dall’assolto, in un ordinamento liberale è vittoria “della giustizia”, della giustizia processuale. Quindi non condivido alcuni titoli dal sapore evidentemente politico che ricalcando anche le dichiarazioni dell’on. Salvini, ritengono che la vittoria sia “della Lega”, o “dell’Italia”, che dimostra una visione particolare della giustizia che è giusta quando è favorevole. Ma le tesi della politica, che giustamente rivendica la liceità dell’azione, della difesa dei confini, non dovrebbe essere pedissequamente fatta propria dalla stampa. Perché, se la politica può affermare che sono stati sconfitti gli avversari politici che hanno votato al Senato perché si facesse il processo, la stampa dovrebbe prendere atto dell’esito del processo – il fatto “non sussiste” – e spiegare il significato della pronuncia che se commentata nel senso che sono stati battuti i giudici e la sinistra o i PM “pro immigrati” si inducono i cittadini a non avere fiducia nella Giustizia. Il fatto, ad esempio, che il ministro dell’Interno aveva “il diritto-dovere di contrastare l’immigrazione illegale” non può portare alla conclusione di Mario Sechi, nel suo fondo su Libero, che il processo “è la prova dell’invasione di campo delle toghe nello spazio della politica” perché è evidente che la lotta all’immigrazione irregolare possa essere compiuta, in teoria, nel disprezzo delle regole del diritto come nel caso che, per evitare lo sbarco dei clandestini sulle nostre coste, i naufraghi non fossero soccorsi, come pure impone la convenzione sulla salvaguardia della vita umana in mare.

Allo stato, dunque, la tesi della Procura della Repubblica è stata disattesa dai giudici. È normale, accade tutti i giorni. È sufficiente per affermare che i magistrati del P.M. hanno agito per finalità politiche? Assolutamente no. La coincidenza della richiesta di rinvio a giudizio con le tesi di una parte politica sono un mero accidente. Perché se fosse dimostrato che i magistrati hanno agito per intento politico, nei loro confronti potrebbero scattare misure disciplinari. Il processo ha avuto un significato politico? Certamente una parte politica ha colto l’occasione per criticare il Ministro dell’interno e fare la sua battaglia. È sempre accaduto. Ognuno fa la propria parte. La stampa ha una grossa responsabilità, quella di educare alla comprensione dei fatti sine ira ac studio. Lo diceva Tacito, il grande storico romano, negli Annales, senza ira né pregiudizi esponendo i fatti storici narrati con assoluta obiettività, anche riportando più interpretazioni di uno stesso fatto. 



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