Condanna a De Luca gelo e silenzio del Pd: torna l’idea dimissioni

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difficile da pignorare

 


Fateci caso: dal centrodestra, ovviamente, bordate e cannonate, dal centrosinistra, dal Pd in particolare, nulla. E nemmeno qualche esponente delle liste che appoggiano il governatore, a cominciare dalle sue civiche, ha osato vergare due righe a difesa. E se il gelo del Pd verso De Luca è solo una conferma di come i rapporti siano ormai irrimediabilmente rotti dopo il no al terzo mandato da parte della Schlein, colpisce il silenzio degli altri dirigenti politici che pure sono schierati in questa partita con il governatore.

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La vicenda è quella della condanna in primo grado della Corte dei Conti per le card sui vaccini. Uno spreco da oltre 600mila euro, secondo i giudici contabili, a cui ora i legali di De Luca faranno ricorso. Ma al netto della vicenda giudiziaria stavolta il governatore è stato lasciato solo contro gli attacchi del centrodestra. Sta cambiando qualcosa?

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Vincenzo De Luca condannato, dovrà pagare 609mila euro: «Card regionali mai usate»

Tre giorni fa il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano è stato a Pozzuoli per l’apertura di un cantiere. Con De Luca si è salutato con sorrisi e afflato e i due hanno parlottato in un clima molto disteso e cordiale. Ma Mantovano è anche il politico che ha in mano il dossier De Luca: è lui, fedelissimo della Meloni, a dover dare il via o no alla decisione se impugnare davanti alla Consulta la legge sul terzo mandato appena approvata dal consiglio regionale campano. E sul tema Mantovano a domanda diretta dei cronisti («Il dossier è nelle sue mani: cosa farete?»), invece di glissare magari, è stato chiarissimo: «La decisione è in fase di valutazione». 

Quella battuta, rilanciata dalle agenzie, è diventata improvvisamente nei corridoi del Transatlantico argomento di discussione tra i parlamentari di destra e sinistra impegnati nel varo della Finanziaria. Tutti convinti che alla fine, il governo, sceglierà la rotta più netta. Impugnare la legge, entro il 10 gennaio, per dare una scossa allo scenario politico campano. Perché è inutile sperare di dare un vantaggio al centrodestra con la divisione del centrosinistra in due candidati (l’uscente De Luca e un nome Pd-M5s ancora da trovare) ma serve fare terra bruciata attorno al governatore. Far capire cioè alle piccole sigle politiche, quelle che in Campania hanno sempre deciso l’esito delle elezioni alleandosi di qua o di là, che devono schierarsi. O con De Luca che potrebbe ritrovarsi con un’impugnazione sulle spalle o, magari, con un nome civico, o comunque meno marcato politicamente, su cui i partiti (ancora rissosi) del centrodestra potrebbero confluire. 

E qui torniamo all’ipotesi che si sussurra da settimane: le dimissioni di De Luca, dopo l’ok al Bilancio in Consiglio, per aggirare il giudizio della Corte costituzionale con elezioni entro 90 giorni. Scenario respinto sempre sdegnosamente dai fedelissimi deluchiani ma che l’altro giorno ha ripreso improvvisamente vigore. A Roma, infatti, in molti si stanno convincendo che l’ipotesi non è più così lontana dalla realtà. Certo il governatore non è uno che molla ma è anche un politico abile che invece di mollare preferisce rilanciare al tavolo da gioco. Abile nella tattica ma anche uno a cui non spaventa la fatica della trincea. Anzi. Anche perché nel centrosinistra ora si fa sul serio sul no al terzo mandato. Venerdì sera, ad esempio, il commissario regionale del Pd Antonio Misiani non ha avuto remore a ribadire in un’iniziativa con i dem a Salerno come il candidato non sarà De Luca. Lì nella roccaforte deluchiana: impensabile sino a poco tempo fa. E lasciando basiti i dirigenti dem locali, tutti turbodeluchiani, che ieri mattina sui social hanno iniziato a rumoreggiare contro il fedelissimo della Schlein per aver osato dare il benservito al governatore per un nome da decidere con l’M5s («Il nostro obiettivo è un’alleanza di centrosinistra che dialoghi con l’M5s», ha specificato Misiani). 

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Senza contare il tavolo nazionale di centrosinistra. Ad inizio anno, infatti, anche per non trovarsi impreparati in caso di elezioni in primavera per le scelte di De Luca, i leader nazionali inizieranno a discutere delle prossime regionali. A cominciare proprio dalla Campania, il nodo più delicato a questo punto da sciogliere. E al Nazareno hanno capito che ormai è ora di darsi da fare e dare un segnale conseguenziale al «No» a De Luca. 
Ormai considerato un corpo sempre più estraneo dal partito nazionale.
 

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