Italia a due velocità anche per quanto riguarda le retribuzioni tra i lavoratori dipendenti privati del Nord e quelli del Sud.
Secondo quanto emerge dalla consueta elaborazione settimanale della Cgia di Mestre, su dati Inps, è la Lombardia la regione con gli stipendi medi più alti (2.254 euro lordi al mese), fanalino di coda la Calabria (1.181 euro).
I dati sono riferiti al 2023. Nella graduatoria nazionale il Molise si colloca al 15esimo posto con 1.397 euro. Nel confronto tra le due province, i lavoratori del settore privato di Campobasso hanno retribuzioni più “pesanti”, pari a 1.428 euro mensili, mentre quelli di Isernia guadagnano mediamente 1.318 euro.
In linea generale, le differenze retributive tra i lavoratori dipendenti privati del Nord e i loro colleghi del Sud sono assai evidenti in Italia: i primi percepiscono una busta paga di circa 2mila euro lordi al mese, quella dei secondi, invece, sfiora i 1.350. In buona sostanza nel settentrione si guadagna mediamente quasi il 50% in più; pari, in termini monetari, a +8.450 euro lordi all’anno. Per questo mese di dicembre, ovviamente, lo spread riguarda anche la tredicesima mensilità che viene pagata proprio in questi giorni. E sebbene le gabbie salariali siano state abolite nel 1972, oltre 50 anni di applicazione dei Contratti collettivi nazionali di lavoro non ha mitigato le marcate differenze retributive tra le regioni italiane, anche se l’obbiettivo, in linea di massima, è stato raggiunto solo a livello intra-settoriale. È chiaro che queste disuguaglianze salariali molto marcate sono legate al caro-vita e alla produttività che sono nettamente superiori al Nord rispetto al Sud; al fatto che i valori retributivi medi sono condizionati negativamente dalla presenza dei contratti a termine (part time involontario, stagionali, intermittenti, etc.), che gravitano in particolare nel Mezzogiorno e alla concentrazione delle multinazionali, dei grandi gruppi industriali e degli istituti di credito/finanziari/assicurativi che, rispetto alle Pmi, erogano stipendi più pesanti, ma non sono distribuiti uniformemente lungo tutto lo stivale. La presenza di queste realtà, infatti, si raccoglie, in particolar modo, nelle grandi aree urbane del Nord.
Nel 2023 il monte salari lordo erogato ai 17,3 milioni di lavoratori dipendenti privati presenti in Italia ha toccato complessivamente i 411,3 miliardi di euro: equivalenti ad una retribuzione media mensile lorda di 1.820 euro, il 3,5% in più rispetto al 2022, anche se l’inflazione, sempre l’anno scorso, è cresciuta molto di più, per l’esattezza del 5,7%. Va segnalato, infine, che oltre il 60% dell’ammontare complessivo delle retribuzioni erogate sono state pagate ai lavoratori del Nord.
A seguito di un decreto emanato dal Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, a partire dal 1960 tutti i lavoratori dipendenti italiani ricevono nel mese di dicembre un doppio stipendio. Pertanto, alla consueta mensilità si aggiunge la tredicesima mensilità, la quale – sottolineano gli esperiti dell’Ufficio studi Cgia – consente ai beneficiari di concludere l’anno con una maggiore stabilità economica. In relazione all’importo netto erogato mensilmente, la gratifica natalizia risulta leggermente inferiore, poiché il livello di tassazione applicabile su quest’ultima è superiore rispetto a quello in capo allo stipendio ordinario. Inoltre, quest’anno si registra una novità molto positiva: in questi giorni 4,6 milioni di lavoratori subordinati con un reddito lordo inferiore a 28.000 euro e almeno un figlio a carico, stanno percependo un bonus (una tantum) di 100 euro netti.
Nei periodi di crisi del 2008/20092 e del 2012/20133, numerose piccole e micro imprese a causa della mancanza di liquidità erogarono la gratifica natalizia ai propri dipendenti con grave ritardo, talvolta ben oltre i primi mesi dell’anno successivo. Quest’anno, invece, non sembrano esserci problemi e fino ad ora, al netto di alcune situazioni di crisi conclamate, non sono state segnalate criticità particolari nella corresponsione della tredicesima, anche nei settori che hanno subito un significativo rallentamento produttivo; come la filiera automobilistica, il comparto della moda, il legno-arredo e la meccanica.
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