Longevità, la ricetta di Silvio Garattini: «Evitare il mercato della medicina. Io non mangio mai a pranzo: e i miei farmaci sono cinema, teatri, conferenze»

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di
Sara Bettoni

Il fondatore e presidente dell’Istituto «Mario Negri», 95 anni, è tra i sei «grandi anziani» che hanno ricevuto il riconoscimento «Una grande vita» a Milano

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Ripubblichiamo l’intervista di Sara Bettoni a Silvio Garattini, pubblicata a marzo, una delle più apprezzate dalle nostre lettrici e dai nostri lettori nel 2024.

Silvio Garattini arriva in Sala Alessi a Palazzo Marino con oltre mezz’ora di anticipo. «Sono venuto a piedi da casa mia, abito vicino all’ospedale Fatebenefratelli». Novantacinque anni compiuti il 12 novembre scorso, il fondatore e presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche «Mario Negri» è tra i sei «grandi anziani» a cui è stato consegnato il riconoscimento «Una grande vita», legato al suo impegno come oncologo, farmacologo, ricercatore.




















































In città è in buona compagnia: sono oltre 5 mila gli over 90.
«L’Italia è il Paese dell’Unione europea con il più alto numero di anziani. Ma se guardiamo la durata della vita sana, scendiamo molto nella graduatoria. Nell’ultima parte dell’esistenza compaiono parecchie malattie, anche due o tre per cittadino».

Qual è la strategia per arrivare alla quarta età in salute?
«Evitare il mercato della medicina».

Quindi non bisogna curarsi?
«Finora abbiamo orientato la medicina soprattutto verso le cure, le terapie che ovviamente hanno creato un grande mercato. E così ci siamo dimenticati una cosa fondamentale: non tutte le malattie piovono dal cielo, ma molte dipendono dai nostri stili di vita. In Italia, ad esempio, abbiamo 3,7 milioni di persone con il diabete, una patologia che tra l’altro ha complicazioni che riguardano la vista, il cuore, i reni. Ma è evitabile. Dobbiamo rimettere al primo posto la prevenzione».

Da dove si inizia?
«Dalla formazione dei dirigenti. Non abbiamo una Scuola superiore della sanità, i manager sono spesso solo amici dei politici. E dobbiamo parlare di salute anche nelle classi, basterebbe un’ora alla settimana. È ridicolo che il ministero dell’Istruzione non trovi il tempo di farlo. Anche nelle facoltà di Medicina deve essere presente la prevenzione. I medici non dovrebbero prescrivere solo farmaci, ma anche buone abitudini: camminare almeno 3 chilometri al giorno, calare di tot chili. E dovrebbero essere giudicati sulla base dei risultati di salute dei propri pazienti: quanti hanno smesso di fumare, quanti non sono più obesi. Un altro fattore chiave è la comunicazione».

Non si parla abbastanza di salute?
«L’informazione sulla salute deve essere indipendente, invece viene veicolata dal mercato. Non c’è un giurì attento a quello che dice pubblicità. L’ordine dei medici dovrebbe urlare per avere informazioni indipendenti».

Proprio i medici ci dicono che anche l’ambiente in cui viviamo incide sulle nostre condizioni. Pensiamo allo smog di Milano…
«In Italia abbiamo ancora 12 milioni di fumatori. Le sigarette non sono solo tra le cause del tumore al polmone, ma anche un fattore di rischio per 27 malattie, tra cui la cataratta e l’artrite reumatoide. Le ricadute però sono più ampie. Fumare tabacco significa usare terreno per coltivare veleno. E i 40 miliardi di sigarette fumate ogni anno generano emissioni di Pm 2.5. I mozziconi finiscono a terra, poi nell’acqua e infine nel cibo. Lo stesso effetto a catena si vede nelle scelte alimentari: mangiamo tanta carne, tanto che siamo uno dei Paesi con più allevamenti intensivi. Per nutrire gli animali si usa mangime, per coltivare il quale si sottrae terreno alle foreste».

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Molto dipende da noi, insomma.
«Non lamentiamoci di qualcosa se ne siamo corresponsabili. Piuttosto cambiamo stile di vita, assecondando una forma di sano egoismo, perché se ci ammaliamo stiamo male, con ricadute sulle nostre famiglie, l’economia e il Servizio sanitario nazionale. Chiaro che tutto va considerato in termini di probabilità, non di certezza: seguire abitudini corrette ci dà più probabilità di incorrere in meno malattie e vivere più a lungo».

A 95 anni continua a non prendere nessuna medicina?
«Se ne avessi bisogno, le prenderei. Ma non serve assumerle per propaganda».

La ricetta per sperare in una lunga vita sana.
«In linea generale seguire la dieta mediterranea, che privilegia frutta, verdura, pesce e carboidrati complessi, consumare poca carne e pochi grassi. L’alimentazione deve essere varia e moderata. Io, ad esempio, non mangio a pranzo. Le calorie devono essere proporzionate a quello che si fa. E poi fare attività fisica, dormire almeno 7 ore, avere relazioni pubbliche. Al Mario Negri abbiamo condotto uno studio su 2 mila 80enni, seguiti per 15 anni. Ha avuto più rischi di problemi cognitivi chi ha mantenuto pochi rapporti sociali. Vanno coltivati anche dopo la pensione».

Lei come li mantiene?
«Lavoro tutti i giorni in istituto. Mercoledì ero a San Donato a parlare a 400 studenti. Oggi vado a Roma al comitato di bioetica. Bisogna raggiungere un equilibrio in cui sai che domani potresti non esserci, ma se ci sei devi fare qualcosa».

Milano è una città che aiuta gli anziani in questo percorso?
«Tengo alle mie origini bergamasche, ma posso dire che a Milano c’è tutto quello che serve: cinema, teatri, conferenze. E si può anche trovare aiuto nell’organizzare iniziative».


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21 dicembre 2024 ( modifica il 21 dicembre 2024 | 07:26)

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