da Imperia alle montagne al confine tra Piemonte, Lombardia e Liguria ci si organizza per difendere la propria terra

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Per la serie Esplorazioni di Confluenza un racconto degli incontri avvenuti con il Comitato di InterVento Popolare e il Comitato delle Quattro Province

Venerdì 22 novembre

Venerdì 22 novembre Confluenza è stata ospite del Comitato di InterVento Popolare al teatro dell’Attrito di Imperia, a pochi passi dal lungomare. Il Comitato raccoglie una trentina di associazioni della provincia di Imperia allo scopo di contrastare il progetto “Parco eolico Imperia monti Moro e Guardiabella”. Il Comitato, anche se nato di recente, è molto attivo, con svariate iniziative organizzate tra passeggiate, incontri nei comuni interessati dal progetto e comunicati stampa. L’incontro con Confluenza e con Paolo Ferrari, rappresentante del Comitato per il territorio delle Quattro Province che dal 2010 si oppone a progetti di impianti eolici sul suo territorio, ha lo scopo di condividere saperi tra territori che affrontano lo stesso attacco; quindi capire cosa sta succedendo altrove, chi sta già subendo le conseguenze di questo genere di progetti e chi sta riuscendo a bloccarli o almeno rallentarli, e come. È stata quindi un’occasione per raccontare quali sono gli obiettivi di Confluenza, ma soprattutto per conoscere una parte della storia del territorio e della cultura materiale delle Quattro Province e del Comitato di InterVento Popolare.

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Le preoccupazioni espresse sono varie: dalle strade che dovranno essere costruite per trasportare i materiali alla profondità delle fondazioni dei pali, dalla corruzione delle falde alle vibrazioni… Il tema al centro del dibattito è come fare per fermare il progetto.

Un primo punto affrontato è la complessità burocratica e normativa. L’opposizione del territorio è compatta e riguarda non soltanto i cittadini ma anche le amministrazioni: al momento non è chiaro se alle amministrazioni interessate sia stata proposta la compensazione minima (il 3% dell’utile annuale della società incaricata di gestire l’impianto), che tra l’altro varrebbe solo per i Comuni direttamente interessati dalla presenza delle pale e non per quelli che si sacrificheranno per ospitare strade e altre infrastrutture funzionali all’opera. Le stesse procedure di esproprio si presentano in diverse varianti, a seconda dell’interesse strategico che potrebbe essere conferito al progetto. È utile contattare qualcuno che sappia parlare un certo linguaggio e muoversi in un certo mondo, come quello giuridico, opzione obbligata se le strategie prevedono il ricorso a iniziative legali, e in generale è importante coinvolgere soggetti a cui è riconosciuta competenza anche dalla controparte (tecnici, mondo universitario).

Si parla poi di partecipazione democratica. Nonostante il Progetto Monti Moro Guardiabella sia uno dei pochi attualmente in valutazione presso il Ministero che ha in prima istanza ottenuto la totale espressione degli aventi diritto a esprimere un parere (e perciò l’esito è stato negativo), si evidenzia il restringimento dello spazio di partecipazione: la decisionalità non passa dalle amministrazioni territoriali ma è concentrata a livello ministeriale e, inoltre, i procedimenti corollario del PNRR basati sulla ratio di sveltire le implementazioni (per esempio il procedimento unico di impatto ambientale), hanno l’effetto di escludere richieste, integrazioni, studi e fondamentalmente soggetti che saranno colpiti dai progetti.

Viene ricordata l’importanza di andare nei comuni e nei paesi, per informare e ascoltare chi per vari motivi non ha molte possibilità di muoversi, per far conoscere le conseguenze del progetto e far sapere che c’è una opposizione reale e organizzata a cui si può fare riferimento. È importante e urgente spiegare le motivazioni del no e i molti aspetti controversi che rischiano di non essere esaminati, a causa dell’unica narrazione calata dall’alto.

Questa è anche la strada per promuovere leggi di iniziativa popolare (come la Pratobello ‘24 in Sardegna, firmata da 210.000 persone), che non ha solo valore in sé ma anche per costruire una rete che sia pronta a mobilitarsi fisicamente nelle zone interessate.

Oltre a ragionare sui progetti puntuali, sulla possibilità di realizzare impianti con le stesse tecnologie ma in altre aree, già artificializzate, e sui diversi modelli produttivi e redistributivi (comunità energetiche), si ricorda come non guardando anche alla questione a monte, e cioè al modello di sviluppo di costante crescita, i problemi non possano che continuare a ripresentarsi in versione sempre peggiore. Senza una riduzione e razionalizzazione dei consumi e dei fabbisogni energetici, le tecnologie rinnovabili offrirebbero una falsa alternativa: fonti energetiche diverse, ma (prima o poi) stesso sfruttamento dell’ambiente e di chi ci vive; in questo senso qualcuno parla dell’eolico come di una rinnovabile non sostenibile. E fondamentale è la conoscenza della storia dei territori e delle pratiche delle comunità che li abitavano. Lo spopolamento e soprattutto la perdita di legami con il passato sono due grandi punti deboli agli attacchi di oggi, perché sono anche questi legami a presidiare il territorio, a rendere tutte e tutti consapevoli di quali siano usi e modi di vita alternativi al modello di sfruttamento delle risorse promosso dalle grandi corporazioni dell’energia.

Ci sono insomma tante strade su cui attivarsi, dalla formazione e costruzione condivisa dei saperi, alle azioni legali, alla presenza fisica, ed è importante e strategico percorrerle tutte e tenersi pronti a convergere sull’una o sull’altra al momento opportuno.

Fondamentale è la reciproca conoscenza tra comitati; il Comitato InterVento racconta dell’aiuto dato da compagne e compagni sardi rispetto a degli strumenti che si sono rivelati efficaci nel loro caso (usi civici sul territorio). Non c’è battaglia che non crei legami. A dispetto della iperconnessione di oggi e della disponibilità informativa, è la conoscenza personale e la prossimità a costruire le reti più resistenti, che non sono meri dispositivi di comunicazione, ma il passaggio di saperi diretto, dalla mente e dalle mani di una persona all’altra e la disponibilità a essere fianco a fianco nelle rispettive battaglie.

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sabato 23 novembre

La mattina di sabato saliamo tortuose strade delle colline liguri nella provincia di Imperia per raggiungere il Monte Guardiabella. Non si riesce nemmeno a immaginare come potrebbero passare di qui degli enormi camion che dovrebbero trasportare pale, pali di cemento, pezzi di turbine, di dimensioni spropositate. Arriviamo all’attacco del sentiero, poche case, un monumento partigiano e una vista incredibile. Il sentiero che porta alla cima è magnifico, l’aria è fredda ma tersa e il cielo azzurro, si vede il mare sino a intravedere il profilo della Corsica all’orizzonte. Si sentono campanacci di mucche e un gheppio si alza poco sopra la cresta del monte con la sua inconfondibile tecnica di caccia.

È su questo splendido crinale che è prevista l’installazione del parco eolico, un cantiere con conseguenze per l’ecosistema, sul paesaggio e sulla flora e fauna del territorio.

Vi lasciamo qualche foto e video per farvi apprezzare con i vostri occhi quanto questo territorio sia prezioso e da preservare..

APPENDICE

Intervista a Paolo Ferrari, esponente del Comitato per il Territorio delle QuattroProvince costituito all’inizio del 2010 sullo stimolo della pioggia di progetti per la realizzazione di giganteschi impianti eolici sui crinali appenninici principali a cavallo fra le valli Borbera, Curone, Staffora e Tidone.

Il Comitato per il Territorio delle Quattro Province nasce nel 2010 per contrastare la seconda ondata di progetti di eolico industriale sui crinali delle valli Borbera, Curone, Staffora e Tidone nell’area che definiamo delle Quattro Province, accomunata da una tradizione musicale che ancora è molto viva e da altri elementi di natura economica, culturale e geografica. Abbiamo iniziato facendo un lavoro di informazione all’interno di un territorio che purtroppo subiva allora in maniera piuttosto passiva queste aggressioni estrattivistiche, soprattutto a livello delle istituzioni locali, ai tempi molto poco reattive di fronte a minacce di questo tipo, atteggiamento oggi in qualche misura cambiato.

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Quando siamo nati come comitato la situazione rispetto al giorno d’oggi, in cui sono tornati questi problemi legati all’impiantistica eolica, era diversa: allora c’era una situazione ancora più di ambiguità nel territorio. Quindi ci siamo trovati a dover fare controinformazione e coinvolgimento di vari soggetti, dal comune cittadino alle istituzioni locali che spesso si rivelavano molto passive e abbastanza disarmate di fronte a questa situazione. Il nostro comitato ha un precedente: nel 2005 è stata la prima volta in cui si sono avvicinati gli sviluppatori di impianti, ed era sorto il Comitato Ebro, che prendeva il nome da uno dei monti più alti tra quelli coinvolti nel progetto, montagna che sarebbe stata circondata dalle pale. All’interno del Comitato Ebro eravamo presenti come individualità. Dopo 5 anni si è riproposto il problema e quindi vari di noi hanno deciso di costituire questo comitato. Anche una volta decaduti i progetti degli impianti del 2010 siamo rimasti in contatto monitorando varie problematiche di tipo ambientale all’interno di quest’area appenninica delle Quattro Province (Alessandria, Genova, Piacenza e Pavia). Ci siamo occupati di questioni come proposte di centrali idroelettriche, sulle quali abbiamo presentato osservazioni, l’estrattivismo forestale attraverso lo sfruttamento dei boschi da parte di aziende che comprano vaste porzioni di foreste di pregio e, quindi, ci siamo attivati instaurando un rapporto privilegiato di collaborazione con l’Ente gestore delle Aree protette dell’Appennino Piemontese che gestisce il vicino parco di Capanne di Marcarolo e il parco dell’alta Val Borbera, quest’ultimo di recente istituzione. Questo rapporto ha portato all’istituzione di un corridoio ecologico che collega la ZSC Massiccio dell’Antola, Monte Carmo, Monte Legnà (che corrisponde grosso modo al Parco Naturale Alta Val Borbera) con la ZPS (Zona Protezione Speciale) dorsale del Monte Ebro e Monte Chiappo. Il corridoio ecologico interessa tutta la dorsale dei monti Cavalmurone, Legnà (Lama), Porreio, dal greto del torrente Cosorella, fino alla cresta, è in gestione alle Aree protette dell’Appennino Piemontese e ha consentito di mitigare l’impatto di una pista forestale ottenendo delle forme di compensazione come il recupero di alcuni castagneti. Dopodichè siamo rimasti attenti a monitorare le varie criticità ambientali che volta per volta si presentavano, fino all’arrivo del nuovo progetto di impianto eolico che ha assorbito tutte le nostre energie.

E quindi arrivando all’oggi: esistono già impianti da fonte rinnovabile come eolico o fotovoltaico nella zona di vostro interesse? Oppure ci sono dei nuovi progetti all’orizzonte?

Non ci sono altri progetti come impianti fotovoltaici e eolici, è un territorio molto integro dal punto di vista naturalistico e paesaggistico. Per quanto riguarda l’impianto del Monte Giarolo ci siamo accorti dell’esistenza di questo progetto perché guardiamo spesso il sito del MASE e abbiamo avuto anche alcune avvisaglie perché le persone delle valli hanno visto piazzare anemometri, così abbiamo scoperto il progetto e iniziato a studiarlo. Abbiamo contattato i Comuni che erano ignari di tutto e siamo stati noi a diffondere la notizia, anche la Provincia e la Regione si sono svegliate quando abbiamo fatto delle comunicazioni ufficiali rivolte agli amministratori territoriali lanciando l’allarme. Abbiamo raccolto le prime prese di posizione questa volta tutte molto contrarie, senza ambiguità, anche le associazioni degli albergatori hanno espresso la loro contrarietà e abbiamo rivolto vari appelli alle istituzioni. L’impianto è di grandi dimensioni: comprende 20 aerogeneratori alti più di 200 metri con una cantierizzazione prevista di 3 anni, ma è presumibile che i lavori andrebbero avanti molto più a lungo su un territorio di pregio naturalistico, percorso da vie escursionistiche molto frequentate come la via del mare che arriva fino a Genova, anche detta via del sale. Nel corso degli ultimi anni c’è stato un lavoro e investimenti economici per valorizzare la rete sentieristica e puntare a un tipo di turismo lento, sulle peculiarità locali dei prodotti tipici, tutto questo sarebbe vanificato con un impianto industriale al di fuori di una logica di promozione sostenibile del territorio. Nel mese di gennaio abbiamo organizzato il primo grande incontro a San Sebastiano Curone coinvolgendo le valli interessate dal progetto che ha visto una partecipazione inattesa, erano anche presenti i sindaci e amministratori regionali e provinciali. Era periodo elettorale quindi è stata anche una passerella ma va anche detto che tutti gli esponenti politici sono rimasti coerenti con le prese di posizione di netta contrarietà assunte in quell’occasione.

Nel mese di maggio abbiamo organizzato un secondo incontro, questa volta a Cabella Ligure, in val Borbera, per fare il punto della situazione e ribadire la contrarietà del territorio al progetto, mentre una vera e propria pioggia di osservazioni e pareri contrari arrivava sul sito del MASE.

A fine novembre c’è stato un ulteriore incontro, nuovamente a San Sebastiano Curone, sul tema delle aree idonee. Erano presenti vari esponenti della Regione Piemonte che hanno ribadito tutti la loro contrarietà e affermato il loro impegno per contrastare questo progetto. Abbiamo chiesto che tutte le aree interessate da questi impianti vengano dichiarate non idonee come pure le aree circostanti perché rappresentano un continuo ecologico. Abbiamo fatto una relazione molto dettagliata illustrando gli elementi per cui a nostro parere queste aree possono e devono rientrare nella definizione di aree non idonee. Questo impianto deve essere respinto e non ci dobbiamo ritrovare tra qualche anno a dover affrontare gli stessi problemi. L’impianto riguarda la regione Piemonte perché il progetto è nella provincia di Alessandria, ma anche la Lombardia perché un crinale fa da confine con la valle Staffora in provincia di Pavia, abbiamo quindi cercato di coinvolgere anche l’altro versante amministrativo. Ci sono poi dei progetti al confine con la Val Lemme, Monte Porale, il passo della Bocchetta, in particolare due progetti di impianti eolici che sono al confine tra Liguria e Piemonte e li stiamo seguendo a livello di informazione e iniziative, che vengono portate avanti principalmente da un circolo di Legambiente locale che è attivo.

Attualmente si è svolta la prima Cds e il proponente ha presentato le proprie risposte alle osservazioni e integrazioni richieste. Purtroppo non ci sono segnali di cedimento da parte di un’azienda che dispone evidentemente di molti mezzi per perseguire le proprie mire estrattivistiche. Il tutto nel totale disprezzo e nell’indifferenza per il volere di un territorio che, su questo tema, si trova unito, a tutti i livelli, per la difesa dei propri valori ambientali e culturali.

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Tornando al Comitato per noi è interessante capire da che percorsi e formazioni arrivate..

All’interno del Comitato ci sono diverse figure: una persona che era iscritta al WWF ma ora alla Lipu perché ora la posizione del WWF sull’eolico è ambigua, non ci sono rappresentanze di altre associazioni, siamo perlopiù persone che sono impegnate sul territorio a vario titolo in iniziative locali, come chi segue attività di promozione della cultura locale. Il presidente Giuseppe Raggi Beppi è sempre stato un ambientalista impegnato attivament. Beppi ha una formazione giuridica ed è molto ferrato in queste tematiche. Ma tutti noi, in ambiti diversi (naturalistico, geologico, storico, economico ecc.) abbiamo delle competenze e una profonda conoscenza del territorio nel quale siamo molto radicati. Io per esempio mi occupo da decenni di aspetti etnografici, storici e etnomusicologici, quindi conosco bene il territorio e le persone che lo abitano perché nelle mie ricerche mi baso su testimonianze raccolte sul campo. Questo ci aiuta a comunicare anche su altre tematiche come quelle ambientali, che possono essere anche un po’ difficili da condividere con persone che a volte vivono dei contesti particolari e hanno sensibilità diverse. Come Comitato abbiamo anche un rapporto stretto con le Aree Protette dell’Appennino Piemontese, l’ente che gestisce il Parco di Capanne di Marcarolo, il Parco Naturale dell’Alta Val Borbera e i siti Rete Natura 2000 presenti sul nostro territorio. Tra le altre cose, ogni anno organizziamo un incontro naturalistico a Capanne di Cosola, che ha una buona partecipazione di pubblico e di esperti su tematiche naturalistico ambientali. Partecipiamo anche ai monitoraggi sull’avifauna e adesso, in particolare, stiamo intrattenendo con le Aree Protette e con le varie realtà del territorio, un dialogo finalizzato all’estensione del Parco Alta Val Borbera ai territori circostanti nella prospettiva di salvaguardarli definitivamente dall’eolico industriale.

Per approfondire il tema della speculazione energetica da fonti rinnovabili consigliamo la lettura del Numero 0.1 di Confluenza “Approdo sui territori che combattono la speculazione energetica”

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