MEDIO ORIENTE, analisi delle alleanze. Dinamiche innescate della caduta di Assad

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In un recente articolo di Yaakov Lappin (corrispondente di guerra e analista di affari militari) pubblicato su “Jewish News Syndicate” (JNS) si afferma come l’azione militare contro i curdi nella Siria settentrionale e orientale, sostenuta dalla Turchia minaccia anche gli interessi israeliani oltreché quelli del suo alleato americano, poiché nel futuro potrebbe impedire il flusso di armi iraniane.

DINAMICHE IN UNA SIRIA CHE NON ESISTE PIÙ

In esso si afferma che l’intensificazione degli attacchi contro le posizioni tenute dai curdi nella Siria nordorientale a opera delle fazioni sostenute dalla Turchia costituiscono una minaccia per la sicurezza dello Stato ebraico. Questo avviene nell’immediatezza di una serie di successi conseguiti dai curdi sul campo a seguito del crollo di Bashar al-Assad, che li ha visti assumere il controllo di una regione chiave precedentemente utilizzata dall’Iran (alleato del regime baathista di Damasco) per recapitare armi ai suoi proxi nella regione attraverso il confinante Iraq. Ad avviso del professor Ely Karmon (ricercatore presso l’Istituto internazionale per la lotta al terrorismo presso la Reichman University di Herzliya, ICT) tali sviluppi dovrebbero spingere gli Stati Uniti d’America e Israele a esplorare opzioni relative all’assistenza militare ai curdi nelle forme della fornitura di sistemi d’arma e dell’addestramento.

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LA BARRIERA OPPOSTA ALL’IRAN

«Ma, perché ciò accada – sottolinea al riguardo Karmon -, il presidente americano Donald Trump dovrà convincersi della necessità fondamentale dell’apporto dei curdi in Siria, Iraq e Iran nella guerra sia contro Islamic State che contro la Repubblica Islamica di Teheran». Più in generale, si tratterebbe della formazione di un sistema di alleanze con le minoranze siriane, incluse quelle dei drusi nelle province meridionali e dei curdi in quelle settentrionali. Questo creerebbe una barriera ai futuri tentativi iraniani, anche attraverso le milizie sciite irachene, di infiltrarsi ancora una volta in Siria. Una task force dell’intelligence di Ankara è giunta in Siria lo scorso 12 dicembre, medesimo giorno nel quale nello stesso paese una delegazione del Qatar incontrava il leader ribelle Ahmad Sharaa per discutere con lui le modalità di stabilizzazione del territorio. Dunque, la Turchia sta già attivamente operando in competizione con l’Iran allo scopo di influenzare la Siria.

ISRAELE TEME ERDOĞAN

A questo punto in Israele la prospettiva di una piattaforma militare con base turca in Siria è divenuta inquietante, poiché alla luce dell’invito rivolto dal presidente Recep Tayyip Erdoğan ai paesi musulmani di «attaccare Israele», la minaccia viene presa sul serio. Infatti, in un documento pubblicato dall’ICT il 10 dicembre, Karmon ha evidenziato come l’Esercito nazionale siriano serva principalmente gli interessi di Ankara e che esso è composto da diverse fazioni, alcune laiche, ma altre salafite. «L’Esercito nazionale siriano sarà la forza che dovrà agire contro la minoranza curda nella regione autonoma di Rojava – ha sottolineato il ricercatore di Herzliya – e, nei fatti, ha iniziato ad attaccare le forze democratiche siriane curde a Manbij, regione settentrionale della Siria a ovest del fiume Eufrate. «Erdoğan vuole mantenere la provincia di Idlib sotto il controllo degli islamisti di Hayat Tahrir al-Sham e al contempo rendere l’Esercito nazionale siriano il rappresentante della Turchia. Egli ha dato via libera all’offensiva dei ribelli contro Assad dopo che quest’ultimo aveva respinto la proposta di Ankara relative a una riconciliazione e alla normalizzazione delle relazioni bilaterali, ma alla condizione che l’esercito turco controllasse parte del territorio siriano».

NUOVI FATTORI INCIDENTI

Muovendo dal presupposto che Israele vanta una lunga tradizione di sostegno al movimento nazionale curdo, il professor Efraim Inbar (presidente del Jerusalem Institute for Strategy and Security, JISS), si dice convinto che, a differenza del passato, oggi la Turchia di Erdoğan è divenuta un acerrimo rivale dello Stato ebraico, «dunque, si è di fronte a una situazione che non costituisce più un fattore restrittivo nelle relazioni con i curdi». In fondo, lo stesso ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar il 9 dicembre scorso ha ribadito il ruolo di «forza stabilizzatrice» svolto dai curdi in quello specifico settore mediorientale. Inbar ritiene inoltre che si dovrebbe tentare di convincere la nuova amministrazione Trump a mantenere il dispositivo militare statunitense nella Siria settentrionale, onde consentire a Washington di esercitare la propria influenza su quel paese, oltreché sull’Iraq e la Giordania, mantenendo la partnership con le SDF curde.

https://www.jns.org/turkish-orchestrated-attacks-on-kurds-also-threaten-israeli-interests/

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