Il neo primo ministro francese è uno storico alleato centrista del presidente della Repubblica. Si è candidato per tre volte all’Eliseo. Dal 2014 è sindaco di Pau. Le sue prime parole: “Bisogna riconciliare il Paese”
Settantatre anni e una carriera politica lunga oltre quattro decenni: François Bayrou è il nuovo premier della Francia prendendo il posto di Michel Barnier. Figura centrale del panorama centrista transalpino, Bayrou è tra i politici più esperti della Quinta Repubblica, con una traiettoria che lo ha visto protagonista senza interruzioni dal 1982 a oggi. Appena nominato, ha assicurato che c’è “un cammino da trovare” verso la “necessaria riconciliazione” del paese. “Tutti – ha dichiarato ai giornalisti uscendo dai suoi uffici di Alto Commissario al Piano – possono vedere la difficoltà del compito. Tutti si dicono che c’è un cammino da trovare per riunire le persone invece di dividerle. Penso che la riconciliazione sia necessaria”.
Presidente del Partito demoratico europeo
Presidente del Movimento Democratico (MoDem) fin dalla sua fondazione nel 2007, Bayrou ha sempre incarnato i valori del centro moderato. La sua candidatura alla presidenza della Repubblica in tre diverse occasioni (2002, 2007 e 2012) testimonia l’importanza della sua visione politica, capace di attrarre una fetta significativa dell’elettorato francese. Nonostante non abbia mai raggiunto l’Eliseo, il suo ruolo nella scena politica è rimasto di primaria importanza. Dal 2004, Bayrou è anche presidente del Partito democratico europeo (Epd), un movimento transnazionale fondato insieme all’italiano Francesco Rutelli. Questa esperienza ha consolidato il suo impegno per un’Europa unita e per una politica che superi i confini nazionali, un tema particolarmente rilevante nel contesto contemporaneo. Secondo un sondaggio Elabe per Les Echos, da quando è entrato nella rosa dei papabili per l’incarico a Matignon, il suo indice di gradimento è schizzato di ben 8 punti, al 29%, in un mese.
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Fondamentale il suo appoggio a Macron nel 2017
Ma riuscirà a governare con un’Assemblée Nationale perfettamente spaccata in tre blocchi e senza maggioranza? Almeno sulla carta il suo curriculum è da cintura nera della politica. Instancabile artigiano di un centro indipendente, ex ministro dell’Istruzione ed effimero guardasigilli nel primo governo dell’era Macron, il centrista presente sabato scorso alla riapertura di Notre-Dame de Paris optò nel 2017 per un’alleanza con l’allora quarantenne fondatore di En Marche!, a cui ha fornito un sostegno cruciale nella conquista del potere.
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Entra in parlamento per la prima volta nel 1986
Nato il 25 maggio 1951 a Bordères, nei Pirenei-Atlantici, proviene da una famiglia di agricoltori. A 7-8 anni inizia a balbettare: il pediatra confida ai genitori che quel bimbo “non potrà mai fare teatro, diventare insegnante o fare politica”. Pronostico smentito su tutta la linea: tanto che nella sua carriera Bayrou farà tutte e tre le cose. A 23 anni ottiene l’abilitazione da professore in Lettere classiche. Nel 1986, dopo la militanza giovanile con i cristiano-democratici e una prima esperienza da consigliere comunale a Pau (1983) entra in Parlamento a Parigi. Nel 1993, a 41 anni, la nomina a ministro dell’Istruzione, il più giovane nella storia di Francia, nel governo di Edouard Balladur.
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I tre tentativi falliti di arrivare all’Eliseo
Oltre alla politica, l’insegnante pubblica libri, tra cui una fortunata biografia di Enrico IV (Henri IV, le roi libre). Best-seller da 300.000 copie con cui potrà coronare un sogno d’infanzia: allevare cavalli da corsa. Nel 1999 si candida da capolista Udf alle elezioni europee ed entra per la prima volta nell’emiciclo di Strasburgo. Tre anni dopo, nel 2002, la prima corsa all’Eliseo con lo slogan ‘La France humaine’. Ma il suo giro del Paese in pullman si rivela un fiasco e Bayrou viene persino scaricato dai suoi compagni di partito che si schierano già dal primo turno con Jacques Chirac. Altro giro altra corsa presidenziale nel 2007. Bayrou si afferma stavolta da candidato outsider, conquistando un dignitoso terzo posto, dietro a Nicolas Sarkozy e Ségolène Royal. E’ l’epoca della nascita del MoDem, che lui rivendica come un partito di opposizione a Sarkozy, a costo di perdersi qualche compagno per strada. La terza (e al momento) ultima corsa presidenziale del 2012 si incentra sul taglio al debito, la reindustrializzazione e la moralizzazione della vita pubblica. Ma non funziona. Bayrou si ferma al quinto posto già dal primo turno, dimezzando il consenso rispetto al 2007. In vista del ballottaggio per l’Eliseo, appoggia a titolo personale il socialista Francois Hollande contro Sarkozy.
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Sindaco della sua città natale
Nel 2014, diventa sindaco nella sua Pau e tre anni dopo, nel 2017, rinuncia alla quarta candidatura all’Eliseo per appoggiare Macron. Il resto è storia recente. Dopo la vittoria del candidato En Marche!, ottiene un incarico di peso – il ministero della Giustizia nell’esecutivo di Edouard Philippe – ma è costretto a gettare la spugna dopo soli 34 giorni, travolto dall’affaire dei presunti impieghi fittizi del MoDem all’Europarlamento. Un caso giudiziario che lo accomuna alla leader Rn, Marine Le Pen, con cui si è mostrato solidale e garantista. Nel 2020 torna sotto ai riflettori della politica per guidare un ente pubblico ad hoc per riflettere sulla Francia del dopo-Covid. Padre di sei figli avuti dalla moglie Elisabeth Perlant (detta ‘Babette’), nonno di 21 nipotini, ottiene ora, dopo quasi mezzo secolo di politica attiva, l’incarico più importante a Matignon. E chissà se intorno alla sua nomina non possa infondersi almeno un po’ di gusto del compromesso in una Francia paralizzata dai veleni e dalle divisioni.
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