ytali. – Venezia e la paideia

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Oltre Brugnaro

Tra le molte specificità di Venezia, mi pare utile sottolineare il suo attributo, più unico che raro, di città storica, una sua dimensione singolare raggiunta con un processo evolutivo in cui pulsare, ancora, il lungo e virtuoso dialogo tra la vita e le risposte alle sue domande. Venezia si può definire natura storica, un ossimoro necessario per confermare una condizione autentica come quella delle origini, ora aggiornamento di un esistere dotato di conoscenza.  “I fenomeni sociali fondati su un accoppiamento linguistico, danno origine al linguaggio”, il quale “partendo dalla nostra esperienza quotidiana di conoscenza attraverso di esso, ci permette di trovare la spiegazione della sua origine. L’inizio coincide con la fine.” È quanto sostengono i biofilosofi Humberto Maturana e Francisco Varela per disegnare il modello circolare del rapporto tra biologia e conoscenza.   

Mi limito a richiamare la riflessione, per suggerire una dimensione di Venezia in un rapporto in cui la città lagunare è un unico corpo unico e morfologia della complessità cui fare riferimento per la soluzione delle criticità in tempo di crisi, quando libertà e libero arbitrio, premessa dell’umano vivere, vengono affrontate nella semplificazione di un divenire determinato dalla pressione del liberismo economico, del posto di lavoro e dei consumi. 

Per il grande privilegio di vivere con Venezia, mi domando se sia possibile affrontare le sue problematiche esistenziali  come progetto esterno ad un contesto in cui il destino dell’umanità è precario per le criticità ambientali, climatiche, per i fenomeni migratori e le troppe guerre in corso; mi chiedo, soprattutto, se possa essere configurata una sua proiezione nel tempo, con un pensiero che prescinde dalle implicazioni globali e dalla loro complessità;  e, insieme, se Venezia abbia un suo ruolo nel contesto globale. 

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La critica a Brugnaro è legittima, ma è tutt’altro che sufficiente la pur dovuta condanna morale, visto che il suo operato dispone di un consenso per nulla irrilevante. Il quale, fra l’altro, troverebbe una ulteriore conferma in una sostituzione indifferente alla rimozione dei meccanismi politici con cui si concentra il governo nell’esecutivo, in cui lo stato sociale è subordinato alle regole dell’economia, con cui si condivide de facto centralizzazione e privatizzazione in virtù della pratica escludente del sistema economico, in cui la democrazia può ovviare al demos che è sua ragione fondante. Brugnaro rappresenta un sistema che privilegia il parziale sul generale e utilizza il pubblico in funzione del privato, è questo il vero problema. 

Joseph Mallord William Turner, San Giorgio Maggiore al tramonto

Autonomia e democrazia

Se il tema della democrazia, come credo, è fondamentale, essa va disegnata nella prassi di governo dei territori e in coerenza con la cultura ambientale, le abilità, le competenze e l’appartenenza delle popolazioni che ne costituiscono la sostanza. Le criticità generali hanno una loro configurazione visibile e concreta, tanto per usare una locuzione abusata, nelle città, nel loro valore specifico e nella loro funzione territoriale. Le articolazioni di governo devono corrispondere ai principi del decentramento e della democrazia, non alla prassi feudale, ora partitocratica, di ripartizione di privilegi.

Non è fuori luogo, allora, domandarsi perché mai il progetto delle autonomie venga lasciato all’esclusività della Lega e non considerato nella prospettiva di una partecipazione attiva e dell’esercizio della democrazia. Credo che la questione delle autonomie debba far parte della riflessione sulla democrazia, molto necessaria in una fase in cui i protagonisti della politica concentrano l’interesse al segmento esecutivo del governo, svuotano la fase preparatoria e formativa dei provvedimenti; sviliscono il ruolo di controllo del potere giudiziario. C’è da meravigliarsi se i cittadini disertano i seggi elettorali, non partecipano non per mancanza di volontà, come dimostra l’associazionismo diffuso, ma per l’assenza di organismi con cui possano avere un ruolo reale e non fittizio? Credo che i partiti debbano ritrovare una loro azione propulsiva con una rinnovata visione territoriale concepita non come concorso dei territori al progetto fissato dall’economia di mercato e della società dei consumi, ma in una funzione propositiva che ha radici nelle condizioni specifiche definite dal complesso della loro cultura ambientale, delle loro abilità e conoscenze. Mi sembra che la vera risposta alla complessità, possa venire proprio dall’agire consapevole dell’individuo e che la sfida delle autonomie vada affrontata per dare una funzione attiva ad una natura diventata storica che ha raggiunto il suo punto più maturo nella città.

John Singer Sargent, Venice, 1903, The Met

Venezia e la complessità

Per le sue qualità specifiche collegate al vivere, Venezia è paradigmatica del governo della complessità, data una sua criticità biologica assimilabile a quella globale. Il compito di governare appartiene alla prassi politica, ma è oggetto del pensiero, dell’azione culturale, di una conoscenza che si pensi anche nella funzione di servizio. 

È auspicabile che la cultura e le arti contribuiscano ad innalzare il livello del dibattito politico, a evitare che questo si accomodi sul modello della società dei consumi. 

La democrazia è esercizio e percorso partecipativo, lo strumento con cui la complessità viene gestita con i suoi elementi costitutivi diventati articolazione di governo e non ostacoli da rimuovere. Vanno studiate le possibilità di forme di scambio misto, di costruire un’Europa delle città, di una Biennale permanente delle arti e mestieri a Venezia, di definire un progetto di democrazia in cui Venezia, in virtù del valore riconosciuto alla cultura, si trovi sulla linea di partenza, non di punto di arrivo di una politica partitocratica in cui il ruolo del sindaco corrisponde al trattamento di fine rapporto.

La cultura non deve governare, ma indicare, segnalare, rilevare le criticità, suggerire le soluzioni. Bisogna smontare il rapporto in cui la conoscenza diventa egemonia, un modello che è all’origine di tutti i conflitti di interesse, retaggio di una società in cui il principio del pater di qualcosa permette tutto in nome di una autorità raggiunta, quindi legittimata ad esercitare il comando. 

Ken Howard, Canal Grande

La città assediata e lo scudo di Achille

Si tratta di decidere se la prospettiva è quella del conto in banca, della seconda e terza casa al mare e alla montagna, dell’ultima macchina sfornata dalla tecnologia o se può essere un percorso in cui il lavoro salariato contenga una qualità del vivere, venga ridefinito come attività, funzione della convivenza o, addirittura, riconfigurato in una prospettiva di tempo liberato.    La cultura deve essere il messaggio fondamentale di nuove possibilità del vivere in comune, una prospettiva rispetto alla quale è necessario un progetto formativo che si affidi più all’esercizio del libero arbitrio che alla conquista di territori, inclusi quelli di mercato e di materie prime.

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Quando penso al futuro sulla base dei dati che scandiscono la nostra quotidianità, vedo la città assediata. La città che è un chiaro e luminoso presidio della storia con tutte le sue connessioni biologiche e culturali. La stessa città che è mira dell’ambizione della campagna, come dice Le Corbusier, l’adulto al quale guarda il bambino, il luogo della speranza al quale pensa chi non ha e vuole avere. La cultura deve dare il suo contributo di pensiero, di conoscenza e di visione per abbattere le mura, deve dire come evitare l’assedio, come rimuovere le sue ragioni, deve liberare la città dall’incubo della fine, includerla in un nuovo principio simile a quello in cui si trovano Adamo ed Eva che escono dalle sicurezze del paradiso. A loro, metafora di un tempo senza salutari indicazioni, bisogna aprire le porte del laboratorio di Efesto all’opera mentre cerca e formula una risposta al dolore materno di Teti, mentre  trasforma la morte vicina di Achille in una narrazione gloriosa dell’uomo e l’affida allo scudo forgiato per l’eroe. 

Immagine di copertina: Raymond Allegre, Gondola, 1905

Venezia e la paideia was last modified: Dicembre 16th, 2024 by FRANCO MIRACCO

Venezia e la paideia
ultima modifica: 2024-12-16T21:06:30+01:00
da FRANCO MIRACCO

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