i numeri ufficiali della crescita e le critiche nascoste

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Le autorità continuano a sostenere che nell’anno che si chiude verrà centrato l’obiettivo di una crescita del Pil di “circa il 5%” trainata dall’export di auto elettriche. Ma il malumore resta diffuso e anche la stessa lotta alla corruzione nel Partito alimenta la paralisi soprattutto tra i quadri più anziani. Mentre le analisi preoccupate  di due noti economisti cinesi sono state fatte sparire dai social network.

Il 2024 è quasi giunto al termine ed è tempo per il governo cinese di fare un bilancio della propria situazione economica. Come riporta un recente articolo pubblicato sul Quotidiano del popolo (Renmin Ribao) ­il principale organo di stampa del Partito ­ le autorità centrali si dicono “abbastanza fiduciose” che gli obiettivi prefissati per l’anno in corso­ un aumento del PIL pari a “circa il 5%” e un contributo alla crescita mondiale del 30%­ saranno raggiunti. I risultati finora ottenuti, seppur “faticosamente”, dimostrerebbero che l’economia cinese è “stabile” e che “il suo trend di crescita non cambierà nel lungo termine”, motivo per cui lo stesso Xi Jinping invita a “rafforzare la fiducia nello sviluppo economico della Cina”.

I dati ufficiali sostengono che a trainare la lenta ripresa dell’economia cinese dopo la crisi seguita alla pandemia di Covid-19 è il settore delle auto elettriche, la cui produzione nei primi 10 mesi del 2024 è aumentata del 33% su base annua. In crescita anche il settore manifatturiero, il quale avrebbe registrato nello stesso periodo un +32,2%, con un incremento su base annua del 11,2%. Mentre il valore totale dell’import-export avrebbe perfino raggiunto un livello record, con un +5,2%. I numeri incoraggianti e i toni ottimistici della propaganda, non bastano però a placare il malumore diffuso tra la gente comune e di fatti sono ancora molte le sfide che l’economia cinese deve affrontare.

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Il magazine online “The Diplomat”, per esempio, esamina la questione da una prospettiva diversa da quelle normalmente prese in considerazione dagli esperti, dimostrando come le recenti modifiche apportate al sistema di valutazione dell’operato dei quadri locali abbiano influito sulla crescita economica locale, avendo reso quest’ultima un fattore irrilevante al fine di ottenere premi in denaro o promozioni di carriera.

Diversamente dal passato, infatti, la prestazione lavorativa dei funzionari governativi ai livelli di base, pur essendo annoverata tra i cinque criteri qualificanti il loro operato ­ insieme a moralità, competenza, alacrità, incorruttibilità (de neng qin ji lian)­ non è più valutata a livello individuale, ma collettivo. Ciò significa che, in caso di mancato raggiungimento dei target economici, la responsabilità ricade sull’intero gruppo di lavoro e non più sui singoli impiegati. Questi ultimi riceveranno al massimo una reprimenda dal capufficio, ma non saranno più soggetti come in passato a punizioni, quali riduzioni del salario o note di demerito.

In aggiunta, al fine di regolarizzare il sistema salariale dei quadri e ridurre le “zone grigie” dei loro stipendi, i governi locali hanno abolito gli incentivi economici legati alle performance lavorative, rendendo i funzionari ancora più passivi e demotivati nello svolgimento delle proprie mansioni.

Il problema tocca soprattutto i quadri anziani, i quali, avendo perso ogni possibilità di ottenere un avanzamento di carriera, fanno il minimo indispensabile e tendono ad “arrangiarsi” finché non arriva il momento della pensione. Neanche i superiori hanno una qualche autorità su di loro: essendo spesso più giovani, sono riluttanti a dare loro ordini o ad ammonirli, preferiscono piuttosto ignorarli, visto che il licenziamento non è un’opzione percorribile. Come testimonia un quadro di Shanghai: “Adesso ho 40 anni e questa è la mia ultima possibilità di ottenere una promozione. Se non ci riuscirò entro i prossimi cinque anni, mi arrenderò. Perché dovrei preoccuparmi ancora? Se il mio superiore mi dice di fare qualcosa, gli rispondo urlando”.

Un altro aspetto da considerare riguarda la maggiore frequenza e capillarità con cui i funzionari governativi sono sottoposti alle ispezioni da parte degli organi superiori. Poiché il precedente sistema di valutazione era molto più incentrato sui risultati numerici, i quadri ricorrevano anche a mezzi illeciti pur di ottenerli, assumendo spesso atteggiamenti paragonabili a quelli dei soggetti mafiosi. Per placare l’insoddisfazione dei cittadini verso questi comportamenti, il governo cinese ha rafforzato i controlli sull’operato dei funzionari, attraverso esami più approfonditi dei conti locali, dei flussi di denaro e dei documenti ufficiali.  Se da un lato l’incremento delle ispezioni è servito a ridurre significativamente le attività illegali, dall’altro ha contribuito a diminuire l’interesse dei quadri per il proprio lavoro, dal momento che compilare scartoffie per soddisfare i controlli è diventato più importante degli obiettivi finali stessi, compresi quelli di natura economica.

Indipendentemente da quali siano i problemi relativi all’andamento economico del Paese, parlarne apertamente in Cina sembra essere diventato ormai un tabù. Lo sanno bene i chief economist cinesi Gao Shenwen e Fu Peng, rispettivamente impiegati presso le società di investimento SDIC Securities e Northeast Securities, le cui dichiarazioni sullo status attuale dell’economia cinese hanno fatto scattare il campanello d’allarme della censura.

In un discorso tenuto a Shenzhen a inizio dicembre, Gao ha espresso preoccupazione per le disuguaglianze che caratterizzano la società cinese post-pandemia, divisa tra giovani “apatici” costretti a ridurre i consumi in risposta ai bassi salari e al debole mercato del lavoro, persone di mezza età “disperate” in balia dei licenziamenti e dell’incertezza economica, e anziani “vivaci” che godono invece di maggiore stabilità e di un cuscinetto finanziario più sicuro. “Più giovane è la popolazione di una provincia, più lenta è stata la crescita dei suoi consumi”, ha dichiarato in sostanza il noto economista, citando la sua analisi dei dati regionali.

Gao suggerisce inoltre che il tasso di disoccupazione cinese degli ultimi tre anni potrebbe essere stato sottostimato, considerando che nel medesimo periodo ben 47 milioni di persone non sono riuscite a trovare un lavoro stabile, mentre il Pil potrebbe essere stato sovrastimato di almeno 10 punti percentuali.

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Per Fu Peng è l’assottigliamento della classe media cinese la sfida più grande che il Paese deve affrontare: “Ogni volta che l’economia si contrae, sono quelli in fondo alla scala [sociale] a soffrire di più all’inizio”, ha affermato durante un evento a porte chiuse tenutosi a Shanghai a fine novembre, aggiungendo che “tuttavia, questo ha a malapena un impatto sui dati macroeconomici”.

Le considerazioni di Gao e Fu sono diventate presto virali sui social media cinesi, dove i due esperti sono stati elogiati per “l’insolita franchezza” con cui descrivono la situazione attuale della Cina. Un utente di Weibo ­ la principale piattaforma cinese di microblogging ­ ha scritto che l’impatto delle loro parole sul pubblico è come quello di “una pietra che ha sollevato mille onde”, proprio perché “hanno detto la verità e hanno colto nel segno”. Aggiunge pertanto: “È tempo di svegliarsi e smetterla di essere inebriati dal sogno di tempi prosperi”.

Su impulso della campagna lanciata a ottobre dalla Cyberspace Administration of China ­l’ente regolatore del cyberspazio del Paese­ per incrementare i controlli sui creatori di contenuti online, nel giro di poco tempo gli account WeChat di entrambi gli economisti sono stati bloccati, le registrazioni e gli appunti relativi ai loro discorsi sono stati rimossi dal web. Questo dimostra come si stia intensificando la censura verso le opinioni che tendono a mettere in dubbio la narrazione ufficiale del governo cinese sullo status dell’economia e le “prospettive brillanti” che essa promette.





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