di Arturo Bianco
La Corte di Cassazione ha di recente dettato una serie di principi molto importanti per il licenziamento dei dipendenti pubblici.
Possono essere destinatari di questa sanzione anche coloro che segnalano illegittimità se tale condotta è illegittima; essa discende automaticamente dalla condanna alla interdizione perpetua dai pubblici uffici; può essere irrogata anche ai dipendenti cessati e, nei casi particolarmente gravi e/o ripetuti a coloro che sono usciti dal luogo di lavoro senza timbrare.
IL WHISTLEBLOWER SERIALE
Possono essere licenziati i dipendenti che segnalano illegittimità se la loro condotta ne integra gli estremi, per cui non siamo in presenza di una esimente dall’applicazione delle previsioni di carattere generale. Sono queste le indicazioni dettate dalla sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 17715/2024.
Leggiamo in primo luogo che “sebbene una registrazione di conversazioni tra un dipendente e i suoi colleghi presenti, all’insaputa dei conversanti, non sia in assoluto abusiva e illegittima, ben potendo rientrare nell’ambito della protezione fornita dall’art. 54-bis, affinché ciò avvenga occorre una necessità difensiva, nel senso che il dato raccolto di nascosto sia ad esempio pertinente ad una difesa incentrata su un intento di rappresaglia per effetto della segnalazione, da sostenere nel processo ed il mezzo utilizzato non ecceda l’esercizio di tale diritto di difesa”.
Questa scriminante non “può essere estesa fino a ricomprendere l’ipotesi del lavoratore che effettui di propria iniziativa indagini e violi la legge per raccogliere prove di illeciti nell’ambiente di lavoro, operando la stessa solo nei confronti di chi segnala notizie di un’attività illecita senza che sia ipotizzabile una tacita autorizzazione a improprie e illecite azioni di indagine”.
Inoltre, si vuole “scongiurare conseguenze sfavorevoli, limitatamente a rapporto di impiego, per il segnalante che acquisisca, nel contesto lavorativo, notizia di un’attività illecita, mentre non fonda alcun obbligo di attiva acquisizione di informazioni, autorizzando improprie attività investigative, in violazione dei limiti posti dalla legge”. Esso “non è utilizzabile per scopi essenzialmente di carattere personale o per contestazioni o rivendicazioni inerenti al rapporto di lavoro nei confronti di superiori”.
LA CONDANNA PENALE
Il dipendente condannato alla interdizione perpetua dai pubblici uffici deve essere licenziato e non è necessario che si dia corso alla instaurazione di un procedimento disciplinare. E’ quanto ci dice la sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 30527/2024.
Essa chiarisce che “il divieto di destituzione di diritto ex art. 9 legge n. 19/90 non si riferisce all’ipotesi di interdizione perpetua dai pubblici uffici”. In questo caso “non occorre l’instaurazione del procedimento disciplinare per l’irrogazione della sanzione della destituzione del pubblico impiegato, condannato dal giudice penale, nel caso in cui alla condanna segua l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. A fronte della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, il procedimento disciplinare è dunque superfluo; il rapporto non può in ogni caso proseguire per effetto della pena accessoria”.
I DIPENDENTI CESSATI
Ai dipendenti cessati dal servizio può essere irrogata la sanzione del licenziamento e non occorre che la relativa azione disciplinare fosse stata avviata prima della cessazione. E’ quanto ci dice la sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 30535/2024.
“L’art. 55-bis del d.lgs n. 165/2001 si applica anche quando le dimissioni siano intervenute in epoca antecedente all’avvio del procedimento, sussistendo l’interesse dell’amministrazione ad accertare le responsabilità disciplinari al fine di impedire che il dipendente possa essere riammesso in servizio, partecipare a successivi concorsi pubblici, o far valere il rapporto di impiego come titolo per il conferimento di incarichi da parte della P.A. Il principio, si fonda sulle peculiarità del rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A. rispetto a quello privato”. Infine, “la prevista ultrattività del potere disciplinare – per le infrazioni suscettibili di essere sanzionate con il licenziamento ovvero nel caso di adozione della sospensione cautelare dal servizio – non è condizionata dall’attivazione del procedimento disciplinare anteriormente alla cessazione del rapporto, fermo restando il rispetto dei termini procedimentali normativamente stabiliti”.
LA MANCATA ATTESTAZIONE DELLA PRESENZA
Il dipendente che esce dal luogo di lavoro senza timbrare può, in casi particolarmente gravi e/o ripetuti, essere licenziato. Lo ha stabilito la sentenza della sezione lavoro della Corte di Cassazione n. 26938/2024.
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