Israele, altri 150 milioni per la propaganda

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Israele ha stanziato 150 milioni di dollari per influenzare l’opinione pubblica mondiale sul genocidio di Gaza. All’inizio del nuovo anno, la Knesset israeliana ha comunicato di aver allocato più fondi per campagne pubblicitarie sui social media, con l’obiettivo di migliorare l’immagine dello Stato e distogliere l’attenzione dalle accuse di genocidio e contrastare le critiche internazionali. La narrazione che si intende promuovere è quella che descrive la lotta palestinese come “antisemita” e come una forma di terrorismo “nazista” mirato a eliminare gli ebrei. Ma l’intento è anche quello di promuovere l’islamofobia nei Paesi europei nel tentativo di dipingere la lotta palestinese come non diversa da Daesh, in modo tale da legittimare le azioni a Gaza e il genocidio in corso. 

L’aumento del budget di venti volte rispetto agli anni precedenti servirebbe a consolidare la “guerra della coscienza” di Tel Aviv. Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar ha commentato affermando che “gli sforzi di propaganda israeliani e la guerra di coscienza non hanno ricevuto le risorse e gli strumenti essenziali e salvavita di cui necessitavano per decenni”. E ancora “sono determinato a fare un cambiamento. Ogni shekel assegnato a questa causa è un investimento, non una spesa, e rafforzerà Israele e la sua posizione nel mondo”. In sostanza, sono stati stanziati più fondi per incrementare un modus operandi già ampiamente utilizzato da Israele già prima del 7 ottobre.

L’uso dell’Hasbara

Questo tipo di propaganda è nota come “Hasbara“, termine ebraico che significa “spiegazione” o “giustificazione”, e che affonda le radici negli sforzi del sionismo del XX secolo per difendere e spiegare le politiche israeliane. Oggi viene utilizzata come strumento di propaganda per influenzare la percezione globale delle politiche di Israele, soprattutto nei conflitti legati alla Palestina. Resa nota dall’attivista e giornalista sionista polacco Nahum Sokolow, l’Hasbara è quindi una forma di propaganda considerata una descrizione delle distorsioni e delle invenzioni utilizzate dallo Stato israeliano per giustificare le sue azioni e politiche controverse.

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Negli ultimi mesi, gli attacchi israeliani a strutture mediche nel Nord di Gaza hanno ricevuto crescente condanna internazionale. Rapporti di organizzazioni internazionali hanno documentato gravi violazioni del diritto umanitario, in particolare nei confronti della popolazione civile e delle infrastrutture essenziali per la sopravvivenza della popolazione locale, per un totale di oltre 150.000 vittime.

Una delle funzioni dell’Hasbara è proprio quella di giustificare gli attacchi alle aree civili e le conseguenti morti di innocenti, spostando la responsabilità delle proprie azioni e del gran numero di morti civili da Israele ad Hamas. Secondo la propaganda israeliana, l’obiettivo delle sue operazioni militari sono i militanti di Hamas, accusato di utilizzare scuole, ospedali e zone di residenza dei civili come aree militari e quindi di usare i civili palestinesi come scudi umani. Per sostenere questa tesi, Israele aveva impiegato in passato immagini satellitari e estratti di confessioni di presunti detenuti di Hamas che sostenevano la tesi. Tutte prove impossibili da verificare in modo indipendente.

Nel conflitto in corso, Israele ha apportato migliorie alle sue strategie di giustificazione. Il Governo ha infatti emesso ordini di evacuazione di massa per ogni residente della Striscia di Gaza settentrionale proprio per far credere che stia cercando di impedire che vengano utilizzati come scudi umani o di limitare le morti civili. L’assurdità stessa dell’ordine di evacuazione di massa, così come era stato emesso, lo rendeva impossibile e si sostiene che abbia invece dato il via libera a Israele per attaccare i civili. Gli conferiva infatti la possibilità di insabbiare gli attacchi sostenendo di aver intimato ai civili di fuggire.

L’Hasbara rappresenta Israele come una vittima, distorcendo la realtà e dipingendolo persino come sfavorito. La narrazione israeliana punta a trasformare le vittime palestinesi, colpite dalla massiccia offensiva militare, in “danni collaterali” di una guerra descritta come necessaria contro un nemico, cioè Hamas, descritto come potente e minaccioso almeno quanto il nazismo. L’obiettivo è far credere che Israele stia lottando per la propria sopravvivenza nazionale, giustificando così l’estrema violenza degli attacchi contro Gaza.

Sui social tutto questo si traduce in video, caroselli e post virali con hashtag pubblicati e promossi proprio dallo Stato israeliano. Dal conflitto di Gaza del 2014, Israele ha intensificato l’uso dei social media, sfruttando piattaforme come X e YouTube per veicolare contenuti visivi e video volti a influenzare l’opinione pubblica. Questo approccio si è ulteriormente intensificato dopo il 7 ottobre, con un’ampia diffusione di contenuti pubblicitari e video progettati per raccogliere consenso verso il massiccio bombardamento e l’invasione terrestre di Gaza.

L’obiettivo dichiarato è “smantellare” Hamas e garantire il ritorno degli ostaggi. Allo stesso tempo, come già detto, questa strategia mira a giustificare il costo umano delle operazioni e lo sfollamento di milioni di abitanti dell’enclave assediata, spesso diffondendo anche informazioni completamente false.

Nonostante ci siano ancora oggi sostenitori della causa israeliana, questi esempi di Hasbara funzionavano maggiormente durante la guerra arabo-israeliana del 1967, ma oggi risulta piuttosto un’assurda distopia. Da un lato perché riceviamo costantemente prove visive di ciò che comportano le azioni israeliane e dall’altro perché, teoricamente, abbiamo gli strumenti per poter discernere fino a che punto azioni così violente possono essere giustificate.

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Avi Cohen-Scali, direttore generale del ministero della Diaspora e della lotta all’antisemitismo di Israele, ha affermato che un decennio di campagne Hasbara multimilionarie contro la “delegittimizzazione” ha prodotto “quasi zero risultati”.

Secondo il colonnello Thomas D. Mayfield, autore di “A Commander’s Strategy for Social Media“, le forze armate israeliane hanno sviluppato una strategia di informazione proattiva, sfruttando gli strumenti dei social media per influenzare l’agenda nei media e controllare la percezione delle operazioni militari. Tra le tattiche più sottili adottate da Israele ci sono “gruppi di trolling” come Act.IL, che lavorano per contrastare i contenuti pro-palestinesi su piattaforme come Twitter e Facebook. Inoltre, Israele offre tirocini e borse di studio Hasbara, destinati a sostenere attivamente gruppi pro-israeliani online. Ormai è uno strumento di cui non possono fare a meno.

Dove andranno i fondi

I fondi aggiuntivi saranno destinati a diverse piattaforme, come le già utilizzate Instagram, X, Google e YouTube, a cui si aggiungeranno i campus universitari americani dove si sono svolte proteste pro-Palestina, e organi di stampa internazionale. Tutto questo è possibile grazie al supporto di organizzazioni ebraiche negli Stati Uniti e del Ministero per gli Affari della Diaspora.

Quello sopra è un esempio del tipo di contenuti creati e diffusi in passato e si presume che i finanziamenti saranno indirizzati a prodotti simili. Il video, inizialmente condiviso dal Coordinator of Government Activities in the Territories (COGAT), l’organismo del Governo israeliano per il coordinamento degli aiuti a Gaza, sostiene di mostrare riprese ravvicinate di terroristi di Hamas in abiti civili che piazzano esplosivi per distruggere un ospedale nel Nord di Gaza.

Finora ci sono stati anche casi di banner pubblicitari di Israele che si stanziano come parte di una strategia precisa che attraverso un gran numero di advertising in tutto il mondo mira ad oscurare i crimini di guerra in Gaza e convogliare l’attenzione di miliardi di persone solo sugli eventi del 7 ottobre. Molti sono stati anche inquietanti annunci pro-Israele posizionati strategicamente in videogiochi e app per bambini, ma indirizzati ai genitori.

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Anche questo è un esempio di propaganda risalente a gennaio 2024 pubblicato sull’account YouTube della diplomazia israeliana e poi diffuso su numerose piattaforme di video on-demand a livello globale.

Sono state rese note operazione di social media intelligence che utilizzavano i motori di ricerca per screditare l’UNRWA, ma numerose sono state le campagne pubblicitarie di Israele su Google. Non sono mancate adv per il reclutamento di soldati come è accaduto in Albania, oppure la strumentalizzazione di Babbo Natale durante le feste a New York.

Alla luce delle strategie passate e delle recenti evoluzioni, ci si aspetta l’adozione di nuove e diversificate campagne pubblicitarie da parte di Israele, volte a plasmare la percezione internazionale e contrastare le critiche, sperando di continuare a influenzare l’agenda mediatica globale. In un contesto così complesso e polarizzato, è fondamentale continuare a riflettere criticamente sulle informazioni, sostenendo il diritto alla trasparenza e alla giustizia, al fine di promuovere una narrazione più equilibrata e fondata sui fatti.

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