Parolin: i cristiani presenza essenziale in Medio Oriente

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 


A colloquio con il cardinale Segretario di Stato dopo la dedicazione della chiesa del Battesimo di Gesù in Giordania: i segnali positivi dalla Siria, l’elezione del nuovo presidente libanese, le parole del Papa al Corpo diplomatico, lo “spirito di Helsinki”, le difficoltà a intavolare negoziati per arrivare alla pace, l’accordo provvisorio con il governo cinese per le nomine dei vescovi

Andrea Tornielli

«Vorrei ribadire questa dimensione costitutiva della presenza cristiana…». Il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, in visita in Giordania, ha da poco presieduto la lunga e solenne liturgia per la dedicazione della nuova chiesa del Patriarcato latino che sorge nel luogo del Battesimo di Gesù. Vi hanno partecipato più di seimila fedeli, molti dei quali non hanno potuto trovare posto all’interno della chiesa. Un segno di vitalità e speranza. È l’occasione per riflettere su quanto accade nel mondo a partire dalle parole rivolte da Papa Francesco al Corpo diplomatico lo scorso 9 gennaio.

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Ci troviamo in Giordania, in Terrasanta, nel luogo del battesimo di Gesù, che fino a pochi decenni fa era un campo minato. Non molto distante da qui si combatte una guerra scatenata dagli attentati di Hamas, con un prezzo di sangue e di distruzione pagato soprattutto dai civili e in particolare a Gaza. Che messaggio si sente di dare?

È stata una celebrazione molto bella e ben organizzata, ma è stata soprattutto di grande speranza. E non è perché sia ormai un luogo comune quello della speranza, in questo anno giubilare dedicato a questo tema. Il messaggio che può venire da questa giornata credo sia proprio questo: in una regione tormentata da tanti conflitti, lacerata da tante tensioni questa un tempo era minata e adesso è una distesa di terreni ben coltivati. Questo è già di per sé un segno di speranza: davvero come dice il profeta si possono trasformare le lance in falci, le armi possono diventare strumenti di pace. Anche la partecipazione numerosa e viva della gente è un motivo per sperare. Ci sono forze vive e il cristianesimo può aiutare con la grazia di Dio anche a trovare dei cammini di soluzione per i presenti conflitti.

La Giordania è una nazione dove la minoranza cristiana vive assimilata e si sente parte del Paese. In altri casi purtroppo non è così. Qual è il ruolo per i cristiani in Medio Oriente oggi?

I cristiani sono presenti in questi Paesi da tempo immemorabile, continuano ad essere parte a pieno titolo a pieno diritto degli Stati e delle società mediorientali anche se purtroppo la loro presenza in seguito a tutti gli avvenimenti del passato remoto e recente, e del presente purtroppo favoriscono la loro partenza e quindi numericamente le comunità cristiane di tutti i Paesi si assottigliano. Vorrei ribadire questa dimensione costitutiva della presenza cristiana: arabo significa anche cristiano perché in queste terre c’è una comunità cristiana che ha radici nel passato. Sottolineerei dunque questa dimensione fondamentale e costitutiva della presenza cristiana. I cristiani, essendo una parte costitutiva, possono dare un contributo in tutti gli ambiti. Come ha detto tante volte anche il Papa, un Medio Oriente senza i cristiani sarebbe un Medio Oriente più povero, verrebbe a mancare un’espressione che è fondamentale nella stessa realtà di questa Regione.

Carta di credito con fido

Procedura celere

 

La preoccupa l’evoluzione della situazione della Siria?

Ho letto le dichiarazioni positive che sono state fatte e che vanno nel senso auspicato dal Papa nel discorso al Corpo diplomatico: speriamo che per la Siria possa cominciare un tempo nuovo, dove tutti i cittadini avranno gli stessi diritti e le stesse prerogative. Che poi è il concetto di cittadinanza che anche la Santa Sede propone per tutti i Paesi: tutti i cittadini sono uguali hanno uguali diritti e hanno uguali doveri davanti alla legge. Noi speriamo davvero che queste affermazioni trovino un seguito e che quindi siano tutelati anche i diritti delle minoranze e i diritti dei cristiani.

La Messa presieduta dal cardinale Parolin in Giordania

La Messa presieduta dal cardinale Parolin in Giordania

Appena due giorni fa è avvenuta finalmente, dopo due anni, l’elezione del presidente del Libano. Che segnale è questo?

Credo che sia un segnale positivo. Abbiamo sempre sostenuto in questi due anni che era importante per la stessa la continuità e la stessa sussistenza del Paese così come è configurato, cioè – per usare la famosa frase di San Giovanni Paolo II “un Paese messaggio” – un Paese dove convivono insieme diversità sociali, diversità politiche, diversità religiose. Abbiamo sempre sostenuto che la prima cosa da fare era quella di assicurare la Presidenza cioè di rafforzare le istituzioni. È dunque un segno di speranza. Ci auguriamo davvero che questa elezione segni per il Libano una nuova fase in cui tutte le forze politiche si mettono insieme per trovare un terreno comune e lavorino per il bene del Paese e soprattutto per quelle riforme di cui il Paese ha assolutamente bisogno.

Può ricordarne qualcuna?

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

 

Ad esempio dare giustizia alle vittime e ai familiari dell’esplosione al porto di Beirut e trovare una stabilità economica che è andata perduta e che ha provocato molta povertà e molta sofferenza nel Paese. È positivo che si sia riusciti ad arrivare all’elezione del Presidente.

Durante i recenti viaggi in Lussemburgo e Belgio Papa Francesco riferendosi alle situazioni di guerra ha invocato «oneste trattative» e «onorevoli compromessi». Perché oggi è diventato così difficile trattare per arrivare a un compromesso? Perché la diplomazia sembra muta? Mi riferisco in particolare al conflitto in atto nel cuore dell’Europa cristiana quello fra Russia e Ucraina…

Provoca davvero molta tristezza questo fatto che non si sia più capaci di negoziare e che, come si usa dire, prevalga il “diritto alla forza” più che “la forza del diritto”. Anche il Papa, nel discorso al Corpo diplomatico, ha evocato varie cause di questa situazione spiegando che c’è un clima di sfiducia e di mutua paura, che crea una polarizzazione sempre più grande fra gli Stati e fra le comunità e impedisce di trovare delle soluzioni comuni. Io insisterei proprio su questo: manca un minimo di fiducia. Per negoziare, per dialogare, ci vuole un minimo di fiducia nell’altro. E serve anche un altro aspetto che il Papa sottolineava: la capacità di uscire da sé stessi, di entrare nel punto di vista dell’interlocutore che in questo caso potrebbe essere l’avversario o il nemico. Serve capacità di venirsi incontro, di intendere o perlomeno di prendere in considerazione seriamente anche le ragioni dell’altro. Sono questi i motivi per cui oggi è diventato molto difficile negoziare. A ciò si aggiunge – e anche questo era accennato dal Papa – la crisi delle istituzioni che sono preposte al dialogo che sono nate appunto per favorirlo, cioè le organizzazioni internazionali: oggi trovano difficoltà a continuare ad esercitare quel ruolo che erano riuscite a realizzare subito dopo la Seconda guerra mondiale. Ci sono tante altre cause, ma direi che di fondo per me c’è questa.

Infatti il Papa nel discorso al Corpo diplomatico ha denunciato il rischio del progredire di una mentalità “da club” che fa sì che si preferisca parlare solo con chi già la pensa come noi. Francesco ha più volte evocato lo spirito di Helsinki: che cosa può significare oggi?

Lo spirito di Helsinki è proprio il superamento di questa mentalità. Eravamo in un mondo diviso, un mondo contrapposto, diviso in due blocchi. Forse oggi questi “club” si sono frammentati e moltiplicati. E in un certo senso forse era più facile quando c’erano soltanto due blocchi. Lo spirito di Helsinki è proprio lo spirito di chi è andato al di là della categoria del nemico riuscendo a trovare dei punti comuni anche con chi non la pensava come lui. Helsinki rappresenta questa capacità di superare il proprio punto di vista o di considerarlo come unico ed esclusivo, accettando anche che vi siano altri punti di vista legittimi e che si possono conciliare anche con il mio evidentemente rinunciando anche da parte mia a qualche cosa. Ecco il sano compromesso. Un’altra caratteristica del negoziato dovrebbe essere anche la capacità di andare verso un compromesso per superare il conflitto.

In questo senso, cosa significa l’espressione “pace giusta”?

Pace giusta, a mio parere, significa una pace che si fondi sul diritto internazionale e sulle dichiarazioni dell’ONU. Sono questi gli strumenti di cui la comunità internazionale dispone per regolare i rapporti tra i Paesi e tra le comunità degli Stati. Poi da un punto di vista cristiano sappiamo che cos’è la giustizia nelle sue varie sfaccettature, ma direi che fondamentalmente “pace giusta” significa una pace che sia adeguata al diritto internazionale e alle sue regole.

La consacrazione della nuova chiesa in Giordania

La consacrazione della nuova chiesa in Giordania

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Giovanni Paolo II scrisse che non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono…

Nel pensiero cristiano la giustizia non è il semplice dare a ciascuno il suo secondo la giustizia distributiva, ma è una giustizia che Gesù stesso evoca, una giustizia superiore, che diventa amore e perdono verso altri. Papa Francesco al Corpo diplomatico ha parlato della diplomazia del perdono. Molto bello quel passaggio, proprio perché evoca la capacità di andare al di là delle semplici esigenze della giustizia.

L’Accordo provvisorio per la nomina dei nuovi vescovi in Cina continua a essere al centro di polemiche sollevate sia in campo politico-internazionale ma anche in quello ecclesiale: viene presentato da alcuni come un’arrendevolezza. Qual è il suo significato più vero?

È logico che possa accadere di fronte a una situazione così complessa come quella cinese che nasce da una storia particolarmente difficile. Le opinioni possono essere anche molto diverse. Ho sempre detto: non mi scandalizzo che ci sia chi la pensa diversamente perché ritiene che ci siano altre soluzioni. Da parte della Santa Sede si è creduto che questa fosse la soluzione più efficace: cominciare il dialogo da uno dei temi che erano sul tavolo. Uno di quelli di maggiore importanza ed anche di maggiore difficoltà era proprio quella della nomina dei vescovi. Credo che l’accordo sulla nomina dei vescovi si proponga fondamentalmente due cose che avanzano lentamente – a volte c’è anche qualche ritorno un po’ indietro – nella giusta direzione, e cioè il fatto che tutti i vescovi siano in comunione con il Papa. Questo è fondamentale per la Chiesa cattolica. È il tentativo non sempre riuscito di fare unità nella Chiesa superando le differenze e assicurando una certa normalizzazione nella vita della Chiesa. Certo non c’è una soluzione “magica”, ma una soluzione che propone un cammino. Un cammino lento e non facile, che però mi pare sta dando qualche frutto, che magari ancora non si vede ma che sicuramente porterà frutti maggiori mano a mano che aumenteranno fiducia e capacità di dialogo tra le parti.

Dunque ci sono ragioni per sperare anche in questo caso…

Credo di sì, ci sono ragioni di sperare. Il Papa nel discorso al Corpo diplomatico ha parlato della diplomazia della pazienza. Credo che in questo caso più che in altri, ma forse in generale, dobbiamo avere la capacità di pazienza a cui ci invitava già l’apostolo Giacomo: guardate l’agricoltore semina e poi aspetta con pazienza che arrivino le piogge, che arrivi la neve e che il seme dia frutto. Credo che anche in questo ambito, e come in tanti altri ambiti della vita, dobbiamo avere questa capacità di guardare oltre i risultati immediati. Siamo anche noi schiavi dell’immediato, purtroppo. Credo che anche molte delle reazioni che lei citava siano dovute proprio a questo appiattimento sull’oggi, senza capacità anche di uno sguardo prospettico nei confronti del futuro tenendo presente anche il passato e le difficoltà che nel passato si sono sperimentate. Quindi, senza facili illusioni – credo che nessuno sia illuso in questo senso – però sì, con speranza e impegno per andare avanti in questo cammino e con la grazia di Dio porterà i frutti sperati.

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Source link