Filt Cgil esorta a buttare nel cestino la proposta sul lavoro portuale dell’Autorità Antitrust

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«L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
ancora una volta tenta di intervenire a gamba tesa sul settore della
portualità, provando nuovamente a minare l’attuale norma che
regolamenta l’autoproduzione delle operazioni portuali». Lo ha
denunciato il segretario nazionale della Filt Cgil, Amedeo
D’Alessio, riferendosi alla proposta di riforma concorrenziale
dell’Antitrust presentata alla fine dello scorso anno al Parlamento
in vista della legge annuale sulla concorrenza, una cui parte
consistente riguarda il lavoro portuale.

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In particolare, nelle sue proposte di riforma concorrenziale,
l’AGCM, riferendosi ai temi della manodopera e dell’autoproduzione
nei porti, ha segnalato che «uno dei fattori che limitano la
competitività dei porti italiani è il maggior tempo in
media richiesto per le operazioni portuali, che si traduce in un
maggior numero di giorni spesi in porto dalle navi e quindi in
maggiori costi per le compagnie di navigazione». Secondo
l’Antitrust, «una maggiore flessibilità nell’uso della
manodopera a disposizione può contribuire a rendere più
efficienti le operazioni portuali e quindi a ridurre il tempo speso
in porto dalla nave», flessibilità che – ad avviso
dell’AGCM, «è limitata, tra le altre cose, dal divieto
dello scambio di manodopera tra le diverse aree demaniali date in
concessione alla stessa impresa o a soggetti comunque alla stessa
riconducibili (contenuto nell’attuale formulazione dell’articolo 18,
comma 9, della legge 84/1994) e dalle pesanti restrizioni cui è
stato assoggettato il ricorso all’autoproduzione dall’articolo
199-bis del decreto-legge 34/2020, convertito, con modificazioni,
dalla legge n. 77/2020 (già oggetto di precedenti
segnalazioni29). Quest’ultima disposizione, che ha introdotto i
commi 4-bis e ter all’articolo 16 della legge 84/1994 – ha ricordato
l’Antitrust – ha limitato il diritto all’autoproduzione delle
operazioni e dei servizi portuali, rendendola possibile solo laddove
nel porto di attracco non vi siano le necessarie attrezzature o
maestranze e subordinando il ricorso all’autoproduzione a una serie
di gravosi requisiti, tra cui il possesso da parte del vettore
marittimo di personale idoneo “aggiuntivo” rispetto
all’organico della tabella di sicurezza e di esercizio della nave,
il quale deve essere, inoltre, “dedicato esclusivamente”
allo svolgimento di tali operazioni. La necessità di
personale aggiuntivo impone costi supplementari per il vettore, che
rischiano di tradursi in un divieto de facto dell’autoproduzione».



Per l’AGCM, «tali stringenti vincoli, nella misura in cui
creino un’esclusiva di fatto a favore delle compagnie dei lavoratori
portuali, sarebbero contrari alla normativa a tutela della
concorrenza. Ciò appare confermato dalla recente sentenza
6523/2024 del Consiglio di Stato, nella quale il giudice ha
affermato che “l’ambiguità del testo normativo impone
al Collegio di prescegliere il significato […] che riconduca
la norma alla necessaria conformità con il quadro normativo
eurounitario di riferimento, che non tollera l’esistenza di
posizioni dominanti o di diritti esclusivi per le operazioni
portuali, a meno che non si tratti di servizi di interesse economico
generale».



L’Antitrust ha quindi suggerito «di modificare tale norma
al fine di sostenere la competitività dei porti italiani,
anche rispetto ai porti limitrofi di altri Stati membri in cui è
possibile fare ricorso all’autoproduzione con maggiore libertà,
fornendo altresì ulteriori stimoli all’efficienza dei gestori
dei servizi portuali». Per l’AGCM, «tale proposta,
peraltro, non si pone in contrasto con le irrinunciabili esigenze di
tutela delle condizioni di lavoro, che appaiono garantite dalla
scrupolosa verifica del rispetto delle prescrizioni del contratto
collettivo nazionale di lavoro dei lavoratori marittimi e delle
norme di sicurezza rilevanti».



Auspicando che la memoria presentata dall’AGCM «non venga
presa in considerazione dal Parlamento», il dirigente
nazionale della Filt Cgil ha rilevato che «risulta davvero
incomprensibile come l’Autorità non abbia minimamente
analizzato i reali pericoli per l’integrità del principio
della concorrenza e quali siano le vere distorsioni che possono
mettere in pericolo l’aspetto pubblicistico e l’interesse generale
del nostro sistema portuale. La norma attuale sull’autoproduzione -
ha evidenziato Amedeo D’Alessio – tutela la sicurezza dei lavoratori
portuali e marittimi, evitando che si diffondano forme di
concorrenza sleale tra le imprese o vere pratiche di dumping sociale
e salariale. È falso affermare che uno dei fattori che
limitano la competitività dei porti italiani è il
maggior tempo in media richiesto per le operazioni portuali».

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«Il mercato regolato dei porti – ha sottolineato ancora
D’Alessio – risulta l’elemento imprescindibile per un corretto
funzionamento del sistema logistico portuale poiché non
permette che singole società condizionino le tariffe e i
prezzi al consumo ad esclusivo appannaggio dei propri interessi e a
discapito di tutti, a partire dai lavoratori. Ci chiediamo,
pertanto, se sia davvero utile al Paese un’Autorità che
anziché regolare il mercato ne facilita la deregolamentazione
senza minimamente occuparsi delle posizioni dominanti che si stanno
già configurando non solo nel settore marittimo e portuale».



Il segretario nazionale della Filt Cgil ha pertanto sollecitato
ad accantonare la proposta sul lavoro portuale dell’Antitrust e ad
aprire, piuttosto, «una discussione sui vari temi che
necessitano di un approfondimento a partire dalla più volte
annunciata riforma della portualità, altrimenti saremo pronti
ad attivarci in tutte le sedi ed i tutti i modi consentiti al fine
di tutelare il mondo del lavoro regolato dei porti».



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