Vita dura per l’agrivoltaico. Il sistema che mette insieme produzione agricola ed energetica è sotto tiro. In tutta Italia. A iniziare dalla Sardegna, dove la Regione si è schierata contro il ministero per l’ok a due impianti. Opposizione anche in Emilia Romagna dove l’assessore all’agricoltura parla di scempio e si ostacola un sito nel reggiano. In Molise, invece, la Regione approva ma scatta la fronda con protagonista anche Slowfood. Eppure l’agrivoltaico ha un impatto minimo, spesso addirittura positivo su alcune colture, come si legge in uno studio di Althesys.
In Sardegna la Regione contro il ministero per l’ok all’agrivoltaico finanziato dal Pnrr
L’antagonismo dei comitati sardi alle rinnovabili lo abbiamo documentato spesso. Anche perché non si possono nascondere i tre attentati contro i parchi eolici e fotovoltaici.
Una campagna di fake news ha alimentato la denigrazione sulle rinnovabili, si sono raccolte oltre 200mila firme per limitarle, e il consiglio regionale ha approvato una legge sulle aree idonee restrittiva.
L’opposizione all’agrivoltaico è forte come si legge anche nei toni. Basta leggere questo comunicato stampa. «Muro della Regione Sardegna contro i pareri positivi espressi dalla commissione tecnica nazionale Pnrr-Pniec su alcuni impianti agrivoltaici».
Una guerra. E si annuncia battaglia in tutte le sedi perché i due progetti sono in contrasto col «quadro normativo regionale, sia con i valori paesaggistici, ambientali e culturali che la legislazione regionale difende».
Si contesta la legittimità della commissione tecnica ministeriale
Gli impianti dedicati all’agrivoltaico approvati a Roma sono «il “Monte Nurra”, in agro di Sassari, e “Villasor” i quali si collocano in aree dichiarate non idonee secondo la Legge Regionale n. 20 del 2024».
Sulla vicenda interviene l’assessore regionale all’ambiente Rosanna Laconi. «Non possiamo accettare che decisioni assunte da una commissione tecnica posta alle dipendenze funzionali del Ministero dell’Ambiente ignori la legislazione regionale». Eppure i due progetti sono stati approvati perché all’interno del bando Pnrr e in attuazione del Green Deal europeo.
L’assessore difende la legge regionale per preservare il consumo di suolo e la biodiversità. Ma con l’agrivoltaico l’attività agricola viene agevolata e non si ha una prova scientifica sulla riduzione della biodiversità.
Abbiamo scorso il progetto Monte Nurra. Si tratta di un impianto dalla potenza di 42,096 MWp su 51 ettari, proposto da Eusebio S.r.l. e da realizzare nel Comune di Sassari fra la strada provinciale n. 18 e la cava Monte Nurra. Siamo a 8 chilometri dalla città di Sassari e a 2,8 dall’agglomerato di Campanedda. Non proprio una zona vergine.
Il progetto prevede l’installazione di 60.138 moduli, da 700 Wp cadauno distribuiti su inseguitori del tipo monoassiale installati su strutture metalliche di sostegno infisse al terreno.
Il consumo del suolo? Leggiamo dal progetto: «La proposta progettuale prevede di destinare le aree disponibili a coltura foraggera permanente e, nel periodo estivo post raccolta foraggi nonché compatibilmente con le dimensioni dei Traker, a pascolo per bovini e ovini». L’attività agricola persiste.
Anche in Emilia Romagna si rallenta l’agrivoltaico. Al motto “scempio” e “speculazione”
Il Dl agricoltura parla chiaro: vietata ogni installazione a terra sul suolo agricolo, l’agrivoltaico di tipo 2 per intenderci, ed è permesso solo quello sollevato da terra che minimizza il consumo di suolo.
Stupiscono per questo le parole dell’assessore regionale Alessandro Mammi in una recente intervista al Resto del Carlino: «Noi dobbiamo aumentare l’energia ma anche garantire cibo e sicurezza alimentare quindi sono fermamente contrario a ogni soluzione che consumi suolo agricolo. Dobbiamo tutelare il suolo ricco di biodiversità, dal rischio di un possibile scempio ambientale e agricolo».
Considerato che la legge nazionale vieta tutti gli impianti a terra, gli unici interventi possibili sono quelli agrivoltaici. E su questo l’assessore sottolinea «verificheremo in modo molto scrupoloso che siano davvero agrivoltaici avanzati e non forme di speculazione».
Eppure in Emila Romagna sono tante le aziende agricole, da Caviro (leggi qui) a Orogel (leggi qui), che puntano a migliorare l’attività con l’agrivoltaico che permette una riduzione significativa delle emissioni nocive e si integra con l’attività agricola.
La Regione si è opposta al progetto Giambattista, impianto agrivoltaico fra il comune di Sant’Ilario d’Enza e la frazione di Calerno.
In Molise si schiera contro l’agrivoltaico in un uliveto anche Slow Food
In Molise il via libera della Regione a un progetto agrivoltaico a Campomarino, all’interno di un uliveto, ha provocato la reazione contraria di Slow Food.
L’impianto della Renantis Italia, sede a Milano, con potenza di 6,5 megawatt, composto da circa 10mila pannelli solari da 605 watt prevede la piantumazione di 5mila ulivi.
Il progetto è stato anche ridimensionato – via 2mila pannelli – ma Slow Food Basso Molise esprime contrarietà: «Perdita di uno spazio rurale, una risorsa vitale per il territorio molisano».
Lo studio di Althesys sulla sinergia tra paesaggio e rinnovabili
Le energie rinnovabili oggi hanno un impatto modesto sui terreni agricoli italiani e ancor più esiguo rispetto all’intero territorio. Questa in sintesi la conclusione dallo studio presentato da Althesys, in collaborazione con European Climate Foundation.
I ricercatori sottolineano che «la costruzione di impianti di energia rinnovabile è reversibile e la loro presenza non provoca inquinamento o contaminazione del suolo».
Oggi fotovoltaico ed eolico a terra utilizzano un’area pari al 0,15% della superficie agricola utilizzata a livello nazionale. Nel 2023, per una potenza disponibile di 9 GW di fotovoltaico a terra, la quota sul totale si fermava al 30%, con un uso del suolo di 167 km2. Al 2035 si prevede una capacità raddoppiata a 20 GW e un’incidenza sui suoli agricoli prevista in 283 km2.
I ricercatori pur considerando l’impatto sul paesaggio e quindi la necessità di una progettazione attenta al valore culturale dell’ambiente sottolineano: «Con l’agrivoltaico si riduce ulteriormente l’impronta integrando la produzione di energia con agricoltura, risparmiando almeno il 70% della terra».
Se si vuole arrivare alla decarbonizzazione e a mitigare le conseguenze dei cambiamenti climatici, responsabili di ingenti danni in agricoltura, bisogna contare sul potenziale di produzione delle rinnovabili.
Sul tema lo studio sottolinea che «i centri urbani e le aree metropolitane contribuiscono meno rispetto alle aree rurali, dove esiste la maggiore disponibilità di spazio per il fotovoltaico e l’eolico».
Vediamo i numeri: «Per il solare, queste aree offrono una maggiore densità energetica, con una produzione potenziale per unità di superficie 2,7 volte maggiore che nelle aree suburbane e 8,3 volte maggiore che nelle città».
Chiaro il ragionamento: l’autoconsumo e la produzione nelle aree industriali, urbane ma anche sub urbane, pur lodevoli non sono sufficienti per garantire una sempre più urgente transizione energetica.
La legge non prevede più gli impianti a terra su suolo agricolo, ma se si blocca anche l’agrivoltaico che consuma pochissimo suolo e permette l’attività agricola si rallenta la decarbonizzazione e la lotta alle conseguenze del cambiamento climatico. E in alcuni casi, grazie agli introiti energetici, si evita la fuga dai campi.
– Iscriviti alla newsletter e al canale YouTube di Vaielettrico-
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link