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Contributi e agevolazioni

per le imprese

 


MARCO LEONARDI • LUCIANO MONTI

Tra i dossier più caldi della nuova Commissione ci sono sicuramente quello relativo alla ridefinizione del green deal e quello della adesione e ricostruzione dell’Ucraina. Vi è tuttavia anche un’altra sfida. Concerne la definizione del nuovo bilancio della UE. Quest’ultimo dossier è particolarmente delicato, soprattutto per l’Italia, per almeno due motivi. 

Il primo è che il nuovo quadro finanziario pluriennale 2028-2034 rappresenta o, meglio, potrebbe rappresentare, una sorta di accompagnamento del “dopo PNRR”. Terminerà, salvo proroghe, a fine 2026. Molte delle opere finanziate con il PNRR, infatti, richiederanno importanti e ulteriori risorse per assicurarne la manutenzione. Si pensi, tra tutte, alle 1038 Case della Comunità, agli asili o alle infrastrutture ferroviarie e viarie in corso di realizzazione.

Il secondo motivo è invece insito nella tradizionale gestione delle risorse attribuite all’Italia per dare attuazione alla politica di coesione. Sono circa 75 miliardi di contributi per la programmazione in  corso tra risorse europee, pari a circa 43 miliardi, e cofinanziamento nazionale. Per tradizione, sono in prevalenza affidate in gestione alle amministrazioni regionali, a seguito della sottoscrizione dell’Accordo di Partenariato tra Stato e Commissione Europea, previa intesa nella Conferenza Stato-Regioni.

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La gestione non per programmi ma per politiche

Nel ciclo di programmazione in corso, 2021-2027, la quota spettante alle Regioni ammonta a 48 miliardi di euro. Ci sono ripartizioni differenziate tra regioni più e meno sviluppate a sostegno di oltre 60 programmi operativi. Il Fondo Sociale Europeo (FSE) finanzia le misure sul lavoro e l’inclusione sociale. Autorità di gestione regionali decidono come usarlo definendo ciascuna un proprio Programma Operativo. Il FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) finanzia le imprese e gli enti locali. Il FEASR funge da fonte per prestiti e garanzie e capitale di rischio per gli agricoltori.

La novità per il prossimo ciclo di programmazione sarebbe che, nelle intenzioni dichiarate da Von der Leyen, la gestione delle nuove risorse europee sarà non più per programmi ma per politiche. È affidata direttamente ai governi nazionali l’attuazione, dopo un negoziato con la Commissione. Questo definisce traguardi e obiettivi oltre all’andamento della spesa. In pratica una sorta di “normalizzazione” del metodo performance based sperimentato proprio con i Piani di ripresa e resilienza nazionali.

Il nuovo approccio del bilancio UE

Indirizzi in tal senso si rintracciano nelle linee guida programmatica della stessa presidente della Commissione. Sono presenti soprattutto nel mandato attribuito al nuovo commissario per il Bilancio Piotr Serafin. È stato invitato a studiare un nuovo approccio per un bilancio europeo moderno e rafforzato. Si passa da un bilancio basato su programmi a un bilancio politico e un piano per ogni paese che colleghi le riforme chiave con gli investimenti mirati. Si valuta dove l’azione dell’UE è più necessaria.

Ma come funzionano oggi i fondi strutturali europei, che costituiscono gran parte del bilancio delle regioni oltre la sanità? Come funzioneranno probabilmente domani se si passa a un modello PNRR? Oggi la programmazione avviene tra i singoli stati e l’Unione Europea. Prima si individuano obiettivi generali di tipo nazionale. Poi le regioni stesse definiscono i programmi operativi regionali con una negoziazione diretta tra le regioni e l’Unione Europea.

In sede regionale vengono individuati obiettivi e azioni da finanziare e gli importi per i singoli obiettivi. Nel PNRR, invece, già oggi non c’è un legame diretto tra le regioni e l’Unione Europea. La programmazione avviene solo e unicamente attraverso la struttura centralizzata. Casomai le regioni interloquiscono con le unità di missione dei Ministeri. 

Cambiamenti radicali per le regioni

Un altro cambiamento molto rilevante e che non ci sarebbe più un sistema di gestione e controllo a livello regionale. Per la programmazione dei fondi strutturali ordinari infatti, oltre al Programma Regionale la regione doveva pubblicare un sistema di gestione e controllo. Con il PNRR tutto questo è centralizzato. Mentre per i fondi strutturali il pagamento da parte dell’Europa avviene con il rendiconto della spesa, il PNRR fa l’inverso. Lo Stato concorda gli obiettivi e le risorse sono legati agli obiettivi, non alla spesa. Le regioni non sono tagliate fuori dalla gestione ma sono tagliate fuori dalla negoziazione degli obiettivi, dalla programmazione e probabilmente dalla rendicontazione 

Ma le regioni sono pronte, e soprattutto sono d’accordo, per questi cambiamenti così radicali? È presto per dire se gli intendimenti della Commissione troveranno accoglienza presso il Consiglio UE e il Parlamento europeo. Appare però di tutta evidenza come il nostro paese debba presentarsi a questo negoziato con le idee chiare e con un accordo preliminare con le regioni e le autonomie locali. Il dialogo interistituzionale impone tempistiche spesso pluriennali e dunque i tempi sono già maturi per avviarlo


Pubblicato su Il Foglio, il 09.01.25

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