Meloni e la manovra da “ragionieri”. Nulla di nuovo tra debito, bonus e mancette. Quel rischio per i conti pubblici

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Dai bonus alle mancette elettorali; dal rimborso spese ai ministri per arrivare al pensionamento a sessantaquattro anni. Nella tipica tradizione italiana, con un voto di fiducia la Camera dei Deputati approva la manovra finanziaria per il 2025 presentata dal Governo Meloni. Manca il passaggio al Senato. Dati i tempi strettissimi, l’approvazione deve avvenire entro il 31 dicembre con immediata pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale a palazzo Madama non ci saranno cambiamenti.

Si procederà con un nuovo voto di fiducia e la manovra sarà legge cosi come l’ha licenziata Montecitorio. E nella tipica tradizione italiana non mancano gli interventi più sentiti dalle maggioranze che sono al potere almeno negli ultimi trent’anni: un po’ di soldi per fare qualche post sui social, provvedimenti spot da dare in pasto al proprio elettorato e annessa litania di “momento difficile per i conti pubblici italiani” e necessità di “tenere la barra dritta e i conti a posto”. Nella sostanza? Poca roba. Quasi zero per il ceto medio, qualcosa per le famiglie numerose con aumento delle detrazioni, single con redditi dichiarati nel mirino e tre euro di aumento per le pensioni minime.

Provvedimenti

Partiamo dalle conferme. Il taglio del cuneo fiscale e la riorganizzazione delle aliquote Irpef fanno la parte del leone all’interno della Legge di Bilancio che la Camera ha approvato con 211 voti a favore e 117 contrari. Basti pensare che quasi 17 miliardi sono destinati alle due misure. Con una importante novità che riguarda proprio il cuneo. Cambia il meccanismo di calcolo. In pratica, il taglio non riguarda i contributi che vanno versati all’Inps sulle retribuzioni al di sotto dei 35mila euro ma l’introduzione di una sorta di bonus per chi dichiara fino a 20 mila euro e uno sgravio fiscale per chi si trova nella fascia dai 20 mila ai 40 mila euro. Superati, però, i 32 mila euro parte una graduale riduzione del beneficio.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Attenzione però. Il calcolo del cuneo non si farà solo sulla retribuzione ma sul reddito complessivo. Ciò significa che se ho una seconda casa in affitto, si corre il rischio di non poter usufruire dell’intervento. Poco c’è da aggiungere per le aliquote Irpef. Al momento restano tre scaglioni: 23 per cento fino a 28 mila euro; 35 per cento tra 28 mila e 50 mila euro e 43 per cento oltre i 50 mila euro. Nulla da fare per lo sconto di due punti percentuali per il secondo gruppo fortemente richiesto da Forza Italia.

Detrazioni e famiglie

Tanto discusse e forse di dubbia efficacia saranno le nuove detrazioni studiate dall’Esecutivo. Per coloro che guadagno più di 75mila euro, si potrà accedere a detrazioni fino a 14mila euro all’anno solo se si hanno più di due figli. Per i single con quel reddito la detrazione massima sarà di 7mila euro. Ulteriori tagli per chi guadagna più di 100 mila euro lordi l’anno. Non ci sono particolari novità sul fronte delle famiglie. Viene istituito un fondo da 30 milioni di euro al fine di finanziare le attività extra scolastiche ma solo per chi ha un Isee inferiore a 15 mila euro l’anno.

Pensioni e mancette

Una novità rilevante riguarda le pensioni. A partire dal 2025, infatti, sarà possibile lasciare il lavoro già a 64 anni ma a precise condizioni: aver versato quanto dovuto con il sistema contributivo e aver maturato la previdenza completare tale da raggiungere tre volte l’assegno minimo per una cifra vicina ai 1.600 euro al mese. Non manca il capitolo dedicato alle mancette, cioè a quegli stanziamenti che aiutano deputati, senatori e anche membri del governo a “curare” il proprio elettorale. Questo capitolo vale ben 120milioni di euro e al suo interno ci sono i fondi per 30 milioni alle associazioni dilettantistiche, 1,5 milioni di euro agli oratori, contributi ai ciclisti e a chi produce gelato artigianale.

Bonus

Nonostante l’impegno sbandierato ai quattro venti di essere contraria ai bonus, anche Giorgia Meloni è caduta nella tentazione di stanziarne “qualcuno”. Chissà cosa penserebbe il presidente argentino, Milei, alla cui presenza la nostra premier aveva affermato che “i sussidi non aiutano il Paese”; quel presidente che sta tagliando gli interventi dello Stato con l’accetta. Sebbene si trovi a pagare le conseguenze del superbonus, l’Esecutivo ha confermato l’ecobonus per finestre e schermature passando dal 50 al 36 per cento. Restano le detrazioni al 50 per cento per le ristrutturazioni mentre sparisce l’aiutino per caldaie a gasa che ha fatto storcere il naso all’Unione europea. In arrivo un bonus per mobili ed elettrodomestici ma che siano prodotti in Europa. Insomma, un bel capitolo con svariati milioni di euro dedicati agli aiutini.

Web tax, bitcoin e Ires

La marcia indietro per la web tax da introdurre per tutte le attività digitali è una buona notizia: resta solo per chi dichiara ricavi oltre i 700 milioni di euro. Nel 2025, inoltre, nessun aggravio sulla imposizione delle plusvalenze da bitcoin. La stretta partirà dal 2026. Una buona notizia è l’introduzione dell’Ires premiale per le aziende che reinvestono almeno l’80 per cento degli utili in acquisti di macchinari tecnologici e nuove assunzioni. In questo caso, l’imposta cala al 20 per cento dal 24 normalmente pagato.

Poco slancio

Ricordiamo che questa di Giorgia Meloni è la prima manovra da attuare con le nuove regole del patto di stabilità. I governi in carica fino allo scorso anno hanno potuto godere della deroga al patto di stabilità e quindi “spendere” senza particolari patemi. L’esecutivo di destra, invece, ha dovuto fare i conti con il nuovo patto di stabilità. Detto ciò, la legge di bilancio 2025 è priva di slancio. E’ uno studente che fa i compiti nella sufficienza ma non recupera le lacune: leggasi debito pubblico, produttività. I nodi verranno al pettine alla fine del 2025, quando bisognerà fare una manovra che includa il taglio del debito pubblico, la restituzione dei 4 miliardi che le banche anticipano all’Esecutivo e uno scenario che consideri la fine del Pnrr nel 2026. Sempre che, nel prossimo anno, non ci siano altri shock geopolitici. In quel caso, servirebbe un intervento straordinario per tenere al sicuro i conti pubblici.

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