Ciò che denuncia da giorni la presidente Floridia, giunta addirittura a scrivere una lettera ai presidenti di Camera e Senato e a dichiarare espressamente, in un’intervista a Luca De Carolis del Fatto Quotidiano, che esponenti del centro-destra l’avessero avvertita in merito allo stallo cui avrebbero costretto la Commissione di Vigilanza nel caso non fossero giunti all’obiettivo di eleggere Simona Agnes alla presidenza della RAI, questa situazione, dicevamo, è di una gravità inaudita e senza precedenti.
Parlo qui a titolo personale. Pur nutrendo alcune perplessità sugli ospiti convenuti all’iniziativa, lo scorso 7 novembre ho partecipato con piacere agli Stati generali organizzati presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani dalla stessa presidente Floridia. Innanzitutto, perché ho risposto al cortese invito che mi è stato rivolto, sia pur in qualità di semplice osservatore. E poi perché penso che più si parla di RAI, meglio sia per tutti. Sapevo bene a che gioco stesse giocando la destra e a cosa fosse disposta pur di sabotare ogni tentativo di accordo che potesse restituire credibilità e autorevolezza a un’azienda che, negli ultimi anni, ha perso ascolti a rotta di collo, come si evince da ogni rilevazione auditel e dai non pochi successi della concorrenza. Sapevo bene, come del resto la presidente Floridia, che sarebbero serviti a poco, che l’unità sarebbe stata di facciata e che non siano nell’indole di questa maggioranza né il confronto né la trattativa. Sapevo anche, tuttavia, che il tentativo istituzionale andasse compiuto e dovesse svolgersi con la massima solennità. Anche per questo ho ritenuto sbagliato, dannoso e profondamente irrispettoso l’atteggiamento di una parte delle forze politiche di opposizione che ha dato l’impressione di voler boicottare l’evento, auspicandone quasi l’insuccesso. Non ho mai irriso la secessione dei deputati aventiniani in seguito al delitto Matteotti, e ritengo che nessuno possa permettersi di mettere in discussione il valore di personalità come Gramsci, Turati, Amendola e i pochi altri che cercarono in ogni modo, spesso pagando con l’esilio, il carcere o la vita stessa, di opporsi al fascismo dilagante. Lasciatemi dire, altresì, che non vedo in giro nessuna di queste personalità, pertanto l’Aventino mascherato suona non soltanto ridicolo ma anche pernicioso. Aggiungo che talvolta si ha addirittura l’impressione che a dar fastidio non sia tanto l’atteggiamento della maggioranza quanto il fatto che a presiedere la Commissione sia una persona estranea a determinati giochi e logiche di potere, dopo decenni nei quali, e so di cosa parlo, troppo spesso a proposito del servizio pubblico hanno prevalso considerazioni che hanno ridotto la più grande azienda culturale del Paese nelle condizioni in cui versa attualmente. La paralisi, però, è davvero troppo. Una RAI senza direttore del Tg3, con il bravo Pierluca Terzulli costretto ad assumere la vice-direzione ad interim, senza presidente e, di fatto, non operativa, mentre si avvicina la data dell’8 agosto, termine ultimo per adeguarsi ai parametri europei prima che si apra la procedura d’infrazione legata all’eccesso di verticismo, eredità della stagione renziana dalla quale il PD non sembra volersi del tutto mondare, una RAI in questa situazione rischia di non riuscire più a fare fronte all’offerta informativa di altre emittenti che, passo dopo passo, le stanno portando via risorse preziose in termini umani e di programmi.
Non sappiamo se a sbloccare lo stallo potrebbe contribuire un eventuale accordo fra maggioranza e opposizione sulla nomina dei quattro giudici costituzionali mancanti (a proposito, un Parlamento che da un anno non riesce nemmeno a rinnovare la Consulta si sta di fatto auto-esautorando), magari nell’ambito di una più vasta intesa onnicomprensiva (occhio a non scherzare col fuoco quando di mezzo c’è la tenuta e la dignità delle istituzioni!). Non lo sappiamo e non ci interessa. Constatiamo con dolore che la Vigilanza RAI ormai è stata posta, dalla maggioranza, nell’impossibilità di lavorare, nel silenzio francamente sconcertante di un’informazione che sembra essersi rassegnata al peggio.
Non vorremmo scomodare la disperata lettera di Turati ad Anna Kuliscioff, dopo il discorso mussoliniano del 3 gennaio 1925, quando il grande vecchio del socialismo italiano si domandava quanto potesse durare “una così scandalosa ignominia che ci pone al di sotto di qualsiasi popolo civile”, aggiungendo che “se vivremo tanto da vedere le nuove aurore, forse ci compiaceremo con noi stessi della battaglia, combattuta col solo rimanere in piedi nella resa generale”. Non vorremmo arrivare a tanto; fatto sta che alcuni, forse, sottovalutano, con sprezzo del pericolo, ciò che sta avvenendo nel mondo, dove la tecnodestra dei Musk, dei Bezos e degli Zuckerberg si è sostanzialmente impossessata non solo dei nostri dati e delle nostre vite ma anche, per ovvia conseguenza, del potere politico, determinandone l’azione. Ebbene, tornando alla RAI, chi ci garantisce che questo temporeggiamento non possa condurci, un domani, allo spacchettamento del servizio pubblico, cedendone pezzi pregiati a investitori, magari neanche italiani, che sarebbero a quel punto liberi di servirsene a piacimento? Qui non è in gioco un partito o una carica né le nostre personali simpatie e antipatie; qui è in gioco l’esistenza stessa del concetto di servizio pubblico, ricordandosi che senza di esso l’articolo 21 della Costituzione e la nostra idea di democrazia, di fatto, perderebbero di senso.
P.S. A proposito di “ignominie”, volendo restare nella metafora turatiana, ci sia consentito di esprimere solidarietà all’onorevole Elisa Scutellà del M5S. Senza esprimere alcun giudizio di merito su colui che entrerà alla Camera al suo posto, lasciateci dire che l’intera procedura ci lascia molto perplessi, al pari della conduzione del dibattito, e che, ancora una volta, chi pensa di trarre qualche vantaggio da momentanei cedimenti, presto sarà costretto dall’evidenza dei fatti a ricredersi.
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