Occupazione giù, e pure i lavoratori

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Lavoro in chiaroscuro in Veneto e in Polesine dopo un 2024 tutto sommato positivo. Il 2025 non sembra seguire la stessa linea. Ci sono molte aziende che faticano a trovare personale, però aumenta la cassa integrazione e i posti di lavoro potrebbero scendere sensibilmente. In Veneto sono a rischio circa 1.500 posti di lavoro. Restando al Polesine nel periodo gennaio-marzo 2025 le nuove assunzioni previste sono 4.730 invece delle 5.100, un calo quindi di 370 assunzioni (meno 7,3%).

In Veneto si prevede che faranno peggio solo Belluno (meno 14,6%) e Vicenza (meno 10,3%). In Veneto il calo percentuale è fissato nel meno 3,8%. Rovigo è al 95esimo posto nazionale in questa specifica graduatoria, in Italia si prevede un meno 0,2%. Inoltre nell’ultimo anno è esplosa la cassa integrazione con un numero di ore autorizzate che in veneto è cresciuto del 50,1% (da 34 milioni di ore nel periodo gennaio-settembre 2023 ad oltre 52 milioni nello stesso periodo del 2024).

Guardando al Polesine le ore di cassa nei primi 9 mesi del 2024 sono state 1,8 milioni, con un più 27,8% (più 399mila) rispetto ai primi 9 mesi del 2023 (1,4 milioni). A questi numeri, già negativi e preoccupanti va aggiunto il fatto che gli ultimi 3 mesi dell’anno appena concluiso non dovrebbero registrare una inversione di tendenza, anzi è probabile un peggioramento di queste cifre. Insomma lavoro e occupazione in Veneto e in Polesine tirano il freno.

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Il paradosso Dati che emergono dall’analisi della Cgia di Mestre che evidenza anche uno dei “paradossi” del nostro mercato del lavoro. Nonostante le crisi aziendali che affliggono il Veneto stiano mettendo a rischio almeno 1.500 posti di lavoro, entro i prossimi tre mesi le imprese venete hanno dichiarato all’Unioncamere/ministero del lavoro l’intenzione di assumere poco più di 131.000 lavoratori, di cui 36.000 circa a tempo indeterminato. Tuttavia, nel 55 per cento dei casi, sussiste il rischio di non poter procedere alle assunzioni a causa della carenza di candidati o dell’impreparazione delle persone che si presentano ai colloqui. Pertanto, a fronte di 1.500 lavoratori che potrebbero perdere il posto, nei primi tre mesi di quest’anno le nostre imprese non sarebbero nelle condizioni di coprire, nemmeno offrendo un posto fisso, almeno 20.000 posizioni lavorative. A segnalarlo è l’Ufficio studi della Cgia.

270mila veneti verso la pensione. Auspicando che le crisi industriali scoppiate in questi ultimi mesi si concludano con soluzioni che garantiscano la continuità aziendale e la salvaguardia dei posti di lavoro interessati, il declino demografico e il conseguente invecchiamento della popolazione in atto anche in Veneto provocheranno nei prossimi anni altrettante criticità, anche al sistema economico e produttivo del Paese. Squilibri che nessuno, in tempi ragionevolmente brevi, sembra avere gli strumenti appropriati per affrontare con successo. A tal proposito è utile ricordare che, alla luce delle informazioni riportate nel report “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia nel medio termine (2024-2028)” , il fabbisogno occupazionale delle imprese pubbliche e private presenti in Veneto in questo quinquennio dovrebbe attestarsi attorno ai 325.600 unità. Di questi, l’83 per cento circa, pari in valore assoluto a quasi 270.250 addetti, dovrebbe sostituire chi è destinato a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età. Pertanto, considerando le difficoltà nel reperimento di personale e il numero esiguo di giovani alla ricerca della prima occupazione, nel prossimo decennio la vera sfida non consisterà tanto nella reintegrazione di coloro che hanno perso il lavoro a causa di crisi aziendali, quanto piuttosto nella copertura dei posti vacanti.

Un imprenditore su due A livello nazionale un imprenditore su due non riesce a trovare addetti preparati per la propria azienda. In Veneto l’incidenza è addirittura al 55,1 per cento. Le differenze a livello regionale sono molto importanti. L’Umbria è la realtà territoriale maggiormente in crisi; sempre secondo l’indagine Unioncamere/ministero del lavoro presentata nei giorni scorsi, il 55,7 per cento degli intervistati ha denunciato la difficoltà di reperimento. Seguono le Marche con il 55,6, il Friuli Venezia Giulia e, come dicevamo più sopra, il Veneto con il 55,1. Infine, degli 1,37 milioni di nuovi assunti previsti in Italia, oltre 414.300 dovrebbero interessare il Nordovest. Seguono il Sud con 362.400, il Nordest con 315.350 e il Centro con 281.100. Il Nordest dovrebbe essere la ripartizione geografica dove la difficoltà di reperimento del personale è più elevata e pari al 54,3 per cento. Seguono il Centro con il 49,1 per cento, il Nordovest con il 48,8 e il Mezzogiorno con il 46,1.

Al Sud Ad eccezione di Benevento e Chieti, in tutte le province del Mezzogiorno nel primo trimestre di quest’anno è previsto un aumento delle assunzioni rispetto al dato riferito allo stesso periodo del 2024. Nel resto d’Italia, invece, le variazioni saranno anticipate dal segno meno. La situazione più virtuosa è attesa a Siracusa con il +29,8 per cento (+1.770 entrate). Seguono Foggia con il +25,9 per cento (+2.070), Matera con il +23,6 per cento (+670), Vibo Valentia con il + 20,1 per cento (+350) e Messina con il + 19,1 per cento (+1.700). Nonostante il depotenziamento previsto per il 2025, la decontribuzione relativa alle assunzioni nella Zona economica speciale (Zes) unica per il Mezzogiorno e l’attuazione del Pnrr rappresentano i due elementi fondamentali in grado di giustificare la performance occupazionale attesa nel Mezzogiorno.

131.000 assunzioni Nel primo trimestre di quest’anno le imprese venete hanno l’intenzione di assumere oltre 131.000 lavoratori; un importo, quest’ultimo, in calo di 5.140 unità rispetto a quanto denunciato nello stesso periodo del 2024. Dopo il Piemonte (-7,2 per cento), la Lombardia (-6,5) e il Friuli Venezia Giulia (-4,2), siamo la regione con la contrazione più significativa. A livello provinciale è Verona con 29.980 assunzioni previste (-0,7 per cento rispetto 2024) a guidare la graduatoria regionale. Seguono Venezia con 26.800 (-1,6 per cento) e Padova con 23.800 (+0,1 per cento).

Cig in forte aumento Sebbene il Veneto possa contare su dati occupazionali molto buoni, il rallentamento economico registrato negli ultimi 6 mesi ha interessato anche la nostra regione. Gli ultimi dati resi disponibili dall’Inps segnalano che, tra gennaio e settembre 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023, le ore di Cig totale autorizzate in Veneto sono aumentate del 50,1 per cento (+17,4 milioni). A livello provinciale la situazione più critica si è verificata a Vicenza (+65,9 per cento). Seguono Padova (+63,2 per cento) e Venezia (+54,9 per cento).





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