Le aziende temono i dazi di Trump

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Una guerra commerciale con gli Stati Uniti a colpi di dazi preoccupa e non poco gli imprenditori veneti. E, propri guardando alle importazioni di Rovigo, si capisce anche che rispondere con analoghi dazi sarebbe impossibile. Perché il Polesine è leader di importazioni dagli Stati Uniti guardando ai valori: nei primi nove mesi del 2024 merci per 509 milioni di euro sui 1.081 complessivi del Veneto, di gran lunga la prima provincia veneta con quasi il doppio di importazioni Usa della seconda provincia, Vicenza, con “solo” 288 milioni.

Ma non si tratta, tuttavia, di una passione sfrenata dei polesani per il “made in Usa”, bensì del gas liquefatto che serve a tutta Italia. Infatti, a gonfiare il dato polesano delle importazioni americane è proprio il Gln che arriva al rigassificatore al largo delle nostre coste, sia o meno al largo di Porto Levante. E mettere dazi sul gas per far dispetto agli Stati Uniti sarebbe un po’ come il celebre dispetto della moglie al marito.

Invece, guardando alle esportazioni verso gli Usa nei primi nove mesi del 2024, quelle del Polesine hanno raggiunto un volume pari a 56 milioni di euro. Sembra una grossa cifra, in realtà è appena l’1% del totale dell’export veneto verso il Paese ora nuovamente guidato da Donald Trump, che fra le varie esternazioni degli ultimi mesi ha preannunciato anche un giro di vite sulle importazioni con l’imposizione di sovrattasse.

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Va detto che, comunque, la provincia di Rovigo è la cenerentola del Veneto per quanto riguarda l’export, con appena il 2,2% del peso in rapporto al totale regionale, con Belluno, penultima, che vale il triplo, il 6,7%.

Guardando però alla torta dell’export polesano, il mercato statunitense rappresenta uno dei primi canali di vendita. Nel 2022 gli Usa erano stati il terzo Paese di uscita delle produzioni polesane dopo Germania e Francia, mentre nel 2023 sono scese a 88,9 milioni, occupando il quarto posto, superate dalla Spagna. Nel primo semestre 2024 l’export polesano verso gli Usa si è fermato a 35,3 milioni di euro, con una diminuzione del 18,6% sul primo semestre 2023 registrata nei valori dell’export provinciale verso gli Stati Uniti, dovuta principalmente al calo dell’88,2% delle vendite di prodotti chimici di base e dell’81,5% di altre macchine di impiego generale, non compensate dalla crescita delle voci mobili (+91,8%) e altri prodotti chimici (+20%).

Il dato che balza agli occhi guardando l’intercambio Veneto con gli Usa, però, è la parte del leone che fa Rovigo in questo caso. Ma, come detto, è “tutta colpa del gas”.

Al di là del dato meramente locale, la preoccupazione degli imprenditori veneti per i possibili dazi è palpabile.

Silvia Moretto, Consigliere delegato Confindustria Veneto Est per gli Affari Internazionali, alla vigilia dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca come 47esimo presidente degli Stati Uniti rimarca: “L’export genera circa la metà del Pil veneto ed è un fattore sempre più decisivo per la crescita della nostra economia. Nonostante il persistere di un contesto internazionale complesso e incerto, dobbiamo fare in modo che la spinta competitiva delle nostre imprese continui e si sviluppi nel 2025. A partire da mercati strategici per il Made in Italy come gli Stati Uniti. Per questo guardiamo con grande attenzione ma anche realismo all’insediamento della nuova Amministrazione americana e a come potranno evolvere le sue politiche. Auspichiamo che con la nuova Presidenza Trump la partnership commerciale tra il nostro Paese e gli Stati Uniti prosegua e si sviluppi in maniera costruttiva a beneficio di tutti”.

Gli Stati Uniti, evidenzia Confindustria Veneto Est in una nota, “sono il terzo mercato di sbocco per il Veneto, valgono il 9,3% delle esportazioni regionali complessive, circa 7,6 miliardi di euro nel 2023, sono 5,4 miliardi nei primi nove mesi del 2024 (-4,8% rispetto all’anno prima), con una quota sul totale nazionale pari al 11,2%, quarta regione esportatrice verso gli Usa (dopo Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana). E in settori chiave della manifattura, come macchinari e apparecchi, prodotti in metallo, agroalimentare, tessile abbigliamento, il peso della domanda americana sul surplus regionale (6,2 miliardi su 20,5 complessivi) è ancora più strategico”. Insomma, i dazi potrebbero essere una mazzata.

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