Trentino Alto Adige: le relazioni pericolose

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C’è un’Italia sotterranea, un labirinto di relazioni, intrighi e ambizioni, che anche quando viene svelata dalle inchieste giudiziarie continua a restare sullo sfondo. Quello che è emerso nell’ultima inchiesta della Procura di Trento (guidata da Sandro Raimondi e grazie a una sinergia investigativa tra carabinieri del Raggruppamento operativo speciale, Comando provinciale di Bolzano e finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria) su una presunta cricca di imprenditori e politici locali, è un progetto che ambiva a influenzare i piani alti delle istituzioni italiane. René Benko, un imprenditore austriaco saldamente legato a Bolzano, sarebbe la figura centrale, secondo gli inquirenti, nell’architettura di un sodalizio criminale.

Grazie a un potere economico consolidato si configurerebbe come uno dei promotori chiave di un’associazione a delinquere con interessi oltrefrontaliera e locali. Accanto a lui compaiono due nomi: Heinz Peter Hager e Paolo Signoretti. Nonostante siano presentati come di rango inferiore rispetto a Benko, agirebbero con una sorprendente autonomia. E sarebbero i tessitori silenziosi della rete che, sfruttando la leva economico-finanziaria, penetrerebbe a fondo nel tessuto sociale ed economico di Trentino e Alto Adige.
È qui che le speculazioni edilizie avrebbero trovato il loro terreno fertile, favorite da un’intima connessione tra potere economico e politica locale. Ma l’organizzazione mirava in alto: l’uomo da agganciare era Mario Draghi, in quel momento seduto sulla poltrona da premier. Al centro di questo intrigo, stando a quanto è stato ricostruito dalle indagini, ci sarebbe un imprenditore romano. È il titolare della società Strategy advisor riuniti Srl. Si chiama Gennaro De Pasquale, non è indagato, ma viene descritto dagli investigatori come un ponte tra la cordata di presunti affaristi e le istituzioni. Nella mente di chi mirava a Draghi, De Pasquale sarebbe uno che possiede le chiavi per le stanze dei bottoni.

Alle sue attività e ai suoi legami è stato dedicato un capitolo a parte nella lunga informativa che riassume le scoperte più significative dell’inchiesta: 29 pagine dense di dettagli che rivelano quello che è presentato come un ruolo cruciale. Le intercettazioni restituiscono frammenti di dialoghi che sembrano uscire da una macchinazione politica.
Il 1° settembre 2021, infatti, Signoretti riferisce ad Hager che De Pasquale avrebbe facilitato un incontro con Draghi, definendolo proprio un «uomo di Draghi». L’intercettazione viene riassunta così dagli investigatori: «Signoretti contatta Hager e dopo avergli detto di essere stato informato da Gennaro De Pasquale […] che “Toschi gli avrebbe dato l’ok a fare il presidente della società che compra gli immobili e non serve neanche che si dimette da Cdp” e che questi, che è “uomo di Draghi”, “sarebbe disponibile ad accompagnarci nell’operazione romana […] cioè come presidente…” e che “sono riusciti a fare un incontro anche con Draghi per raccontargli l’operazione”».
Il riferimento è a Giorgio Toschi, dal 2016 al 2019 comandante generale della Guardia di finanza, all’epoca consigliere di amministrazione di Cassa depositi e prestiti, la «Cdp» alla quale viene fatto riferimento nella telefonata. Due mesi prima, l’8 luglio, Signoretti contatta Hager e, «raccontandogli di un incontro avuto a Roma, alla Cdp con Giorgio Toschi e con il “colonnello Barbato”, per il quale è stato accompagnato da De Pasquale, afferma che “è andata bene in tutto”, che quest’ultimo “è forte” e che “il rapporto fra loro tre (Toschi, Barbato e De Pasquale) non è fluido, di più…”, con Toschi e Barbato che “hanno due ruoli diversi, uno istituzionale e uno operativo, sono i due nominati da Draghi”».

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Ma chi è Gennaro De Pasquale? Nato a Roma, con un passato segnato da un fallimento imprenditoriale e un impiego alla Camera dei deputati, è una figura che emerge più volte in indagini di rilievo: dall’inchiesta Consip, quella condotta dal pm anglo-napoletano Henry John Woodcock che mirò dritta al Giglio Magico di Matteo Renzi, fino al fascicolo meneghino sulla presunta Loggia Ungheria, dove avrebbe svolto un ruolo di informatore. Francesco Sarcina, ex agente dell’Aisi (il servizio segreto che si occupa di minacce interne), per esempio, lo definisce una fonte di informazioni preziose per personaggi come Piero Amara, il controverso ex legale dell’Eni che ha riempito fiumi di verbali (finendo sotto processo per calunnia e in custodia cautelare a Potenza per aver architettato un finto complotto contro l’amministratore delegato dell’azienda del Cane a sei zampe Claudio Descalzi).
Interrogato dal procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo, Sarcina aveva dichiarato: «Le informazioni che ho dato ad Amara mi sono state fonite da tale Gennaro De Pasquale, persona di circa 50 anni, scapolo, dipendente o ex dipendente della Procura generale di Roma, cugino di un procuratore che si chiama De Pasquale, il quale asseriva di averle apprese direttamente da sue conoscenze nella Guardia di finanza e da lei, dottor Ielo, con cui egli diceva di avere un rapporto di conoscenza».

L’episodio viene riportato anche nell’informativa agli atti della Procura di Trento: «Alla luce delle affermazioni di Signoretti circa le eventuali “ricerche” su De Pasquale, effettuate sulle cosiddette “fonti aperte”, è emerso che, nell’ambito di indagini esperite dalla Procura della Repubblica di Perugia sul caso “Loggia Ungheria”, un ex componente dell’Aisi dichiarò di procurarsi le informazioni da un dipendente della Procura generale di Roma, di nome Gennaro De Pasquale, cugino di un procuratore che si chiama De Pasquale». Secondo quanto risulta a Panorama gli investigatori del Gico della Guardia di finanza non avrebbero mai accertato l’identità del misterioso cugino magistrato. Il cognome, però, è lo stesso del procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale, che ha rappresentato l’accusa in uno dei processi più controversi della storia del tribunale milanese, quello Eni-Nigeria.

Il caso fu all’origine di un violento scontro tra il pm Paolo Storari e i suoi colleghi titolari del procedimento. Una vicenda conclusasi con la condanna da parte del Tribunale di Brescia di Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro a otto mesi di reclusione per rifiuto di atti d’ufficio. Nelle motivazioni della sentenza si legge che i due «hanno tralasciato chirurgicamente i dati nocivi che pure erano stati portati alla loro attenzione dal collega Storari». Atti che smontavano in gran parte le dichiarazioni del supertestimone Amara. C’è un passaggio molto preciso nei documenti dell’indagine: «Sarcina dichiarò di avere avuto notizie, poi vendute ad Amara per 30 mila euro, da un dipendente della Procura generale di Roma di nome Gennaro De Pasquale, cugino di un procuratore che si chiama De Pasquale, che gli aveva detto di averle avute da sue fonti della Guardia di finanza […]. Un colpo di teatro».
«Non ho parenti con quel nome», afferma perentorio Fabio De Pasquale ai cronisti di Panorama e aggiunge: «Sono siciliano e non ci sono Gennaro in famiglia». E a questo punto bisognerebbe capire perché viene indicato più volte come in collegamento con il pm di Eni-Nigeria.

Ma c’è anche un altro dettaglio che ammanta Gennaro De Pasquale di ulteriore mistero: viene presentato come un dipendente della Procura generale di Roma. In realtà è un imprenditore che, come ricostruivamo, si è trovato più di una volta nei pantani giudiziari. In un fascicolo campano legato a Paolo Cirino Pomicino, ex potentissimo ministro scudocrociato, per esempio, viene accusato di favoreggiamento. L’indagine finì con la prescrizione. Reati penali a parte, però, sono le ricostruzioni sul personaggio a renderlo alquanto misterioso. E nel fascicolo di Trento la descrizione è arricchita da intercettazioni che lo ritraggono come capace di muoversi con destrezza tra le pieghe del potere. Hager lo definisce il suo protettore: «È il mio uomo, lui è il top. Parla con le istituzioni italiane più importanti (…) sono protetto ogni giorno… perché lui bada a me, che nessuno mi rompa i coglioni (…)». Servigi che, secondo la Procura di Trento, sarebbero stati lautamente ricompensati: 150 mila euro l’anno dalle società di Hager e Signoretti. Ma nessuno finora ha capito il perimetro in cui De Pasquale si sarebbe mosso. Almeno fino a questa inchiesta.





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