E’ proprio vero che in tanti casi il dolce viene alla fine. Analizzando l’inverno di Tim Merlier è proprio così. Settimane tribolate, con un magone nello stomaco che non poteva togliersi. Viso accigliato e quella sensazione di disagio che accompagnava le sue due uniche uscite nel ciclocross (che meritano un approfondimento, ma ci torneremo più avanti): «Sapevo da tempo che Erwin Borgonjon stava per lasciarmi e non potevo neanche dirlo. Un problema per il mio futuro che diventava più incerto, ma poi c’era anche l’aspetto umano, un rapporto di lavoro e d’amicizia che durava da 11 anni».
Il doloroso addio a Borgonjon
Borgonjon è stato per questo lasso di tempo il suo allenatore e Tim gli deve molti dei suoi successi, della sua crescita veemente fino a diventare uno degli sprinter di riferimento. Il tecnico ha scelto di dirigersi verso la Tudor, inquadrandosi nel grandioso progetto messo in piedi da Cancellara e per Merlier tutto è stato messo in discussione: «Non sapevo con chi sostituirlo – ha raccontato, a cose fatte, a Wielerflits – con Erwin avevamo una fiducia reciproca al 100 per cento. Mi conosceva più di quanto mi conosco io».
Poi, mentre Tim era ancora alla ricerca di un nuovo coach, la Soudal ha deciso per lui affiancandogli l’ex direttore tecnico della federazione belga Frederik Broché. Cambiare in corsa non è mai semplice, c’è stata da impostare tutta la stagione e soprattutto la preparazione in tempi ultrarapidi: «Con Frederik cambia molto, in termini di approccio e strategie ma potrebbe essere una scelta molto fruttuosa».
Che fatica con Iserbyt e Vanthourenhout
Qui entra in scena il discorso ciclocross. Cambiando con così poco tempo, c’è stato da decidere e Broché, che pure è favorevole all’attività invernale, ha dovuto optare per una presenza sporadica, ridotta a due sole gare nel periodo delle feste: «Il ciclocross dà un’intensità più profonda che il puro allenamento su strada e Broché è della mia stessa opinione – ha spiegato a Sporza il campione europeo su strada – la preparazione per l’attività invernale è utile anche per il miglioramento della tecnica di volata perché permette di affinare la guida e mantenere un alto livello di competitività. Avrei fatto altre gare, ma coincidevano con il periodo di preparazione in Spagna e non era il caso di saltarlo o interromperlo».
Eppure Merlier aveva sorpreso a Loenhout, soprattutto in quell’avvio dov’era l’unico a tenere il passo di Van der Poel, anche più di Van Aert andando poi in calando ma chiudendo comunque nono. Molto meglio di quanto aveva preventivato: «Nel ciclocross non t’inventi niente. Le gare belghe sono spesso altalenanti – diceva prima della partenza – e se parti molto indietro non puoi ambire al risultato, vedi quel che è successo a Toon Aerts nelle prime gare. Io non le ho preparate in modo specifico, anzi per dirla tutta ho fatto una sessione di allenamento con Iserbyt e Vanthourenhout, ma è stata troppo dolorosa…».
La protesta degli altri big
Intorno al campione della Soudal si era anche creato un vespaio. Merlier aveva paventato infatti l’idea di competere nella prova di Besançon della Coppa del mondo, ma poi aveva deciso di soprassedere per non mettere in difficoltà il cittì De Clercq. Questi avrebbe dovuto fargli avere una wild card, ma dagli altri capisquadra c’era stata un’autentica levata di scudi che aveva minato i già tenui equilibri in seno alla nazionale.
Dicevamo però all’inizio che il dolce viene alla fine. In occasione del media day del team è stato infatti reso noto che Merlier ha prolungato il suo contratto per altri 4 anni: «Fin da quando ero giovanissimo sognavo questo team, quello del Wolfpack e prolungare il contratto per altri due anni significa molto. Ho già vinto molto con questa maglia, potrò farlo anche di più insieme a Bert».
Un uomo solo per il Tour
Bert è Bert Van Lerberghe, che era arrivato con lui e con il quale condivide un’amicizia sin da quando erano bambini: «La nostra intesa si traduce in un forte legame anche in corsa e il fatto che abbiano rinnovato il contratto anche a lui mi dà ancora più fiducia. E’ l’uomo ideale per guidare le mie volate, anzi ho già detto che per il Tour avrò bisogno solo di lui per giocarmi le mie chance di conquistare una tappa».
Già, perché nel programma di Merlier c’è anche la Grande Boucle, insieme alla Vuelta. La sua presenza al Tour era sfumata lo scorso anno perché i tecnici giudicavano impossibile impostare una squadra su due obiettivi, la classifica di Evenepoel e le sue volate. La soluzione proposta dallo stesso Merlier ha dissolto le nubi e quindi alla prossima edizione si lavorerà per fare il meglio in entrambe le direzioni. Prima ci sarà da pensare però alle classiche.
Appuntamento a Kuurne
Merlier farà il suo esordio all’AlUla Tour e poi si concentrerà sulle classiche: «Ci riproverò alla Gand-Wevelgem, ma bisogna che i pezzi del puzzle vadano a combinarsi nel dovuto modo, mentre la Roubaix si sa che è legata molto alla fortuna. Per il resto, senza Asgreen e Alaphilippe, il nostro modo di correre le classiche cambierà e saremo di più a poter emergere. Attenzione ad esempio a Lampaert, Vangheluwe e Van Gestel, sono tutti in grado di fare molto bene. E poi c’è Magnier, che per me è come Van Aert, anzi è anche più veloce».
Il belga ha già scelto comunque la gara su cui puntare e la scelta stupisce: «Se devo dirne una, penso alla Kuurne-Bruxelles-Kuurne perché ha il percorso ideale per me». Poi fa una promessa: «Un giorno farò tutta la stagione del ciclocross, preparandola come si deve. Perché sarà la stagione del mio addio».
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