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La ricerca d’Eccellenza accompagna percorsi sostenibili e di sviluppo strategico. Certificazioni B Corp, criteri Esg ed Equity Crowdfunding sono i tre esempi di ricerca che alimentano il dibattito scientifico e offrono indicazioni pratiche per affrontare le sfide contemporanee
Transizione è la parola chiave per il Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Ateneo Bergamasco che per il quinquennio 2023-2027 è stato incluso dal Ministero dell’Università e della Ricerca tra i 180 dipartimenti di Eccellenza delle università statali di tutto il territorio italiano. Le aziende di oggi devono essere sostenibili per poter essere competitive e anche attrattive nei confronti delle nuove generazioni. Sociale, ecologica e digitale: sono le tre forme di transizione su cui si basa il progetto di eccellenza, TRANSET, promosso dal Dipartimento, e che nasce dalla consapevolezza che di fronte a un sistema economico-sociale sempre più fragile è necessario adottare una prospettiva di maggiore sostenibilità sociale, ambientale ed economica e intraprendere un processo di transizione verso nuovi modelli. Negli anni il dipartimento si è poi costantemente rinnovato: modificando programmi di corsi già attivi, ricalibrando i piani di studio o attivando corsi ad hoc nelle laure magistrali (per esempio quello di Accounting, Governance and Sustainability).
La visione della sostenibilità che sta portando avanti è quindi di carattere interdisciplinare e si focalizza su numerosi aspetti. Come le aziende creano valore nel medio e nel lungo periodo per i propri stakeholder e per la società? Come la governance aziendale interpreta le questioni ESG? I temi ambientali, sociali e di governance, e la filantropia sono elementi considerati nella scelta dei finanziamenti e degli investimenti? Queste sono solo alcune delle domande a cui la ricerca e la produzione scientifica all’interno del Dipartimento si impegnano a trovare delle risposte. Attenzione è posta anche al tema del greenwashing , attraverso l’analisi di come le aziende misurano e rendicontano gli impatti delle loro attività. E infine ci sono le persone, che sono considerate l’elemento cardine all’interno delle aziende. Si indaga quindi l’attenzione delle imprese verso la solidarietà, il benessere, la sensibilità di genere e la promozione della diversità e dell’inclusione.
Nel narrare quali sono i temi della ricerca che il Dipartimento affronta in ambito di sostenibilità andiamo a puntare la lente di ingrandimento su tre progetti: la certificazione B Corp, i criteri ESG, e in ultimo l’Equity Crowfunding.
Certificazioni, crescono le B Corp?
Come spiega la professoressa Mariarosa Scarlata, a capo di un progetto sulla certificazione B Corp, il riconoscimento, rilasciato dall’ente no profit statunitense B Lab, autentica il sistema di valori di un’azienda e rappresenta uno strumento attraverso il quale l’impresa dimostra un serio impegno nel perseguire valori economici, sociali e ambientali. Il processo di certificazione è lungo, rigoroso e richiede uno sforzo continuo nella loro implementazione. Ciononostante il 25% delle B Corp ha deciso di abbandonare la certificazione. Dalle ricerche a livello globale emerge che solo un’élite di circa 5.000 imprese, dislocate in 78 paesi, può vantare questo status. Se guardiamo al dato italiano: il Paese ha raggiunto nel 2024 il numero di 292 imprese certificate, e 18 di queste sono attive nel settore moda.
La domanda a cui il gruppo di ricerca del Dipartimento vuole rispondere è: «perché alcune imprese rinunciano alla certificazione B Corp?». Le professoresse Scarlata e Cristina Bettinelli, con il ricercatore Federico Mangiò stanno indagando quali siano le ragioni che spingono le imprese ad abbandonare questo ambito riconoscimento, soprattutto per quelle aziende che fanno della sostenibilità la propria bandiera. Il team di ricerca sta lavorando al tema da tre anni e l’analisi comprende tutte le imprese che dal 2006 ad oggi hanno ottenuto la certificazione a livello mondiale. I primi risultati evidenziano che le imprese B Corp in cui i valori sociali e ambientali hanno lo stesso peso di quelli economici tendono a mantenere la certificazione più a lungo.
I criteri Esg per creare valore sostenibile
Il secondo progetto di ricerca è mirato ad indagare la capacità di un’azienda di creare valore sostenibile nel tempo. Come lo si può misurare? Attraverso i rating ESG (ambientale, sociale e di governance, dall’inglese Environmental, Social e Governance) o attraverso altre forme di rendicontazioni più tradizionali, quali la misurazione della creazione e distribuzione del valore aggiunto. Una visione sistemica dell’azienda, tipica degli studi economico-aziendali italiani, implica, infatti, che le varie dimensioni della sostenibilità siano collegate, interagiscano tra di loro e non possano essere considerate isolatamente. Inoltre, un altro elemento importante da tenere in considerazione non è solo quanto valore viene creato ma come questo viene distribuito tra i vari stakeholder. Questo è proprio il punto della ricerca su cui alcuni membri del Dipartimento – la professoressa Silvana Signori e il professore emerito Gianfranco Rusconi – insieme ad altri due colleghi stranieri – i professori Leire San-Jose e Josè Luis Retolaza – si stanno concentrando. Il campione di aziende su cui è stata condotta l’analisi si concentra sui dati del 2018, di imprese quotate della zona euro e per tutti i settori. Tradotto in numeri si parla di 1.932 aziende, di cui 399 con rating ESG e 1.533 senza.
Un primo risultato della ricerca dimostra che, seppur le aziende con rating ESG avessero prodotto un maggior valore aggiunto in termini assoluti, in termini relativi sono le aziende prive di valutazione ESG a contribuire maggiormente. C’è un aspetto però interessante da sottolineare: per le aziende che hanno il rating ESG esiste una correlazione significativa e positiva tra valore aggiunto e rating ESG sia nel complesso che per ogni dimensione: ambientale, sociale e di governance . Questo vuol dire che le aziende che hanno la valutazione ESG più elevata sono quelle che riescono a generare un più alto valore aggiunto.
Dall’ultimo risultato che emerge da questa prima fase esplorativa il consiglio è di usare con prudenza un solo strumento di misurazione, come il rating ESG, e di considerare non solo la creazione ma anche la distribuzione di valore. L’approccio di cui bisogna dotarsi è quindi una visione a 360 gradi per misurare e rendicontare le performance aziendali.
Come la finanza può essere sostenibile?
Studi recenti sulla sostenibilità imprenditoriale dimostrano che gli investitori integrano sempre più spesso fattori ESG nelle loro strategie, superando gli obiettivi puramente finanziari. La finanza sostenibile è il terzo progetto di ricerca che andiamo ad approfondire. Le aziende si adattano per rispondere alle preferenze degli investitori verso progetti sostenibili e le imprese, particolarmente sensibili alla sostenibilità, tendono ad attrarre un numero maggiore di investitori che apprezzano valori che vanno oltre il semplice ritorno economico.
I fattori responsabili di questo cambiamento sono anche le recenti regolamentazioni introdotte a livello europeo (come l’emendamento alla Direttiva sui Mercati degli Strumenti Finanziari II) introdotto nell’agosto 2022 che stabilisce linee guida per integrare le preferenze di sostenibilità nelle scelte di investimento. A seguire poi è stata introdotta la Direttiva 2024/1760 del Parlamento Europeo e del Consiglio, a giugno di quest’anno, che chiede alle aziende dell’Unione di integrare considerazioni di sostenibilità nelle pratiche aziendali. L’obiettivo non è solo promuovere maggiore trasparenza ma anche indirizzare gli investimenti verso progetti che contribuiscano a obiettivi sociali ed ambientali a lungo termine.
Pioniere in questo settore sono le aziende fintech e uno dei metodi di finanziamento che si è mostrato particolarmente attivo nel promuovere progetti sostenibili è l’Equity Crowdfunding: «Investitori “della folla” (dall’inglese, crowd), non necessariamente sofisticati, possono investire capitale di rischio in imprese attraverso piattaforme digitali dedicate – spiega il professore di Finanzia Imprenditoriale, Silvio Vismara – Studi recenti che ho condotto insieme ad altri colleghi indicano che un numero crescente di piattaforme di crowdfunding integra criteri di sostenibilità nella selezione delle imprese, migliorando così la loro capacità di attrarre investitori e la loro performance. Analogamente, un numero crescente di imprenditori e investitori interessati a sviluppare e finanziare progetti connessi alla sostenibilità si avvicinano all’Equity Crowdfunding». Questo è anche frutto dell’incentivo dato dalla recente introduzione della Regolamentazione sui Fornitori Europei di Servizi di Crowfunding per le imprese, attiva da novembre 2023, dove uno degli obiettivi è proprio promuovere iniziative di crowfunding sostenibili. «In generale, sebbene obiettivi finanziari e di sostenibilità siano spesso considerati in contrasto, cresce la consapevolezza della loro complementarità e del fatto che possano essere perseguiti congiuntamente. In particolare, le tecnologie digitali, sempre più pervasive, si stanno affermando come uno strumento potente per promuovere la diffusione delle pratiche di sostenibilità nel mondo della finanza», conclude Vismara.
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