Cosa c’è dietro al memorandum sull’energia tra Italia e Arabia Saudita

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Il memorandum d’intesa per la cooperazione nell’energia che l’Italia ha sottoscritto martedì con l’Arabia Saudita non riguarda i combustibili fossili, come ci si potrebbe immaginare dal “petrostato” per eccellenza, ma le risorse e le tecnologie per la transizione ecologica. Non si tratta necessariamente di greenwashing, quanto della conferma che Riad vede nella conversione energetica un’occasione per diversificare l’economia e mantenere la rilevanza geopolitica in un mondo che nel tempo ridurrà i consumi di petrolio.

L’accordo, dalla validità di cinque anni, è stato firmato dai ministri Gilberto Pichetto Fratin e Abdulaziz bin Salman al-Saud durante il Future minerals forum, la conferenza sui minerali critici in corso nella capitale saudita. Un evento che ribadisce la volontà del regno di diventare protagonista nell’industria del mining: vuole sfruttare i giacimenti di litio, uranio e rame, metalli fondamentali per le batterie, i reattori nucleari e l’elettrificazione; ha pure investito nel colosso estrattivo brasiliano Vale per assicurarsi il nichel.

Il memorandum con l’Italia riguarda dunque le energie rinnovabili, i metodi per la riduzione delle emissioni di metano, le infrastrutture di interconnessione elettrica, l’idrogeno e l’ammoniaca, i sistemi di cattura e stoccaggio della CO2. L’Arabia Saudita conta di fare leva sulle proprie riserve di gas naturale e sull’elevato potenziale solare per produrre idrogeno – più precisamente “blu”, a basse emissioni, e “verde”, a emissioni zero – da esportare via nave in forma di ammoniaca, un composto che può venire compresso in liquido con meno sforzi e ha una densità energetica maggiore. I giacimenti di idrocarburi esauriti, invece, sono riconvertibili in siti per l’iniezione e il deposito dell’anidride carbonica catturata dalle fabbriche.

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Il ministro Pichetto ha collegato l’intesa con i sauditi all’ambizione del governo di Giorgia Meloni di trasformare l’Italia in un hub energetico tra il mar Mediterraneo e l’Europa settentrionale. Grazie alla sua posizione geografica, la nostra penisola «può essere un punto di ingresso dell’idrogeno e derivati nel mercato europeo molto più vicino, competitivo e strategico di altre alternative sul mare del Nord», ha detto. 

Anche l’area del mare del Nord, in effetti, ambisce a diventare un polo del gas fossile e dell’idrogeno pulito. Forse in questo è avvantaggiata rispetto all’Italia, potendo contare sia su un alto potenziale ventoso che sui depositi di idrocarburi, oltre che su formazioni geologiche adatte allo stoccaggio della CO2 e sulla prossimità ai paesi energivori europei. Ad oggi, comunque, il mercato dell’idrogeno blu e verde è paralizzato dai costi elevati, tanto che la Norvegia ha cancellato il progetto di una tubatura con la Germania e la Danimarca ha posticipato al 2032 un’infrastruttura simile.

Tornando all’Arabia Saudita, il paese è meno significativo di altri per le importazioni petrolifere dell’Italia, che provengono soprattutto da Libia, Azerbaigian, Kazakistan e Iraq. Eni – controllata di fatto dal ministero dell’Economia – è però presente nel regno nei settori della raffinazione e della chimica e sta sviluppando delle iniziative sulla mobilità sostenibile, l’economia circolare e la trasformazione del gas.

Nel settembre 2023, durante la prima edizione del Forum italo-saudita sugli investimenti, la utility ACWA Power aveva avviato delle discussioni sulle tecnologie pulite con diverse aziende italiane: sui carburanti per l’aviazione con Eni, sull’idrogeno (anche per il trasporto marittimo) con A2A e Rina, sulla dissalazione con De Nora. Un paio di mesi dopo, a novembre, il ministro delle Imprese Adolfo Urso era andato a Riad per parlare di minerali critici e di possibili investimenti anche in Africa. La questione dell’accesso alle materie prime è stata sollevata anche nell’intervento di Pichetto al Future minerals forum: «Stringere alleanze e […] rendere più sicure le nostre catene di approvvigionamento per le tecnologie necessarie alla decarbonizzazione».

A portare avanti il piano nazionale per l’hub dell’energia è stata anche Giorgia Meloni, che durante la Sustainability Week di Abu Dhabi ha presenziato alla firma di un patto trilaterale con gli Emirati Arabi Uniti e l’Albania per la trasmissione di elettricità rinnovabile in Italia attraverso il Mediterraneo.





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