Pediatri contro trapper: “Sarebbe bello se a scuola si lavorasse sulle canzoni, con analisi del testo su ciò che gli alunni ascoltano”

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In questi mesi si è parlato molto dei messaggi violenti e maschilisti veicolati da molta musica spesso ascoltata da adolescenti o addirittura bambini. L’esclusione del cantante Tony Effe al concerto di Capodanno di Roma proprio a causa dei suoi testi giudicati sessisti ha fatto molto discutere, per fare un esempio.

Un gruppo di pediatri ha deciso di dire la propria con un video pubblicato su Instagram che sta avendo un discreto successo. Ecco la descrizione del post:

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“La musica è lo specchio dell’anima di intere generazioni.
Traduce i sentimenti in note, trasforma le emozioni in storie che ciascuno può sentire proprie.

Ogni generazione ha trovato brani in cui riconoscersi, esprimendo desideri, sogni e aspirazioni. Anche questa generazione può farlo.
Ma ci sono valori che non conoscono tempo.

L’Amore: intreccio indissolubile, desiderio condiviso, istinto al prendersi cura. Un’occasione per migliorarsi, per riconoscersi nell’altro.
Il Rispetto: del corpo, delle emozioni, della sacralità di ogni persona. Da attraversare con la delicatezza di chi cammina a piedi nudi.

Questi valori non si spiegano, si vivono.
Si tramandano ai nostri figli con l’esempio, facendo respirare loro in famiglia il profumo dell’Amore e del Rispetto.

Ma c’è un alleato prezioso: la musica.
Usiamola per nutrire anime capaci di condividere, non di possedere.
Anime che riconoscono la differenza tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Perché i nostri figli possano immaginare un amore che non è solo attrazione, ma anche dono e accoglienza.
Un amore con cui intrecciare le vite, ‘scambiarsi la pelle, le anime e le ossa’.
Un amore con cui sognare, ‘guardando le nuvole su un tappeto di fragole’”.

“Il rischio è che si possano normalizzare certi atteggiamenti”

I medici hanno messo a confronto, come riporta La Repubblica, i versi delle canzoni di artisti come Franco BattiatoGianna Nannini Marco Mengoni con quelli scritti da trapper come Tony Effe o Villabanks.

“Oltre che pediatra, sono anche mamma – racconta la dottoressa Lisa Mastrangelo, a cui è venuta l’idea del progetto allargato poi ai colleghi – e ho sentito questi testi, queste parole innanzitutto dai miei figli. Ho capito che la musica poteva essere un mezzo perfetto per trattare con loro alcune tematiche: è uno dei canali con cui educare ai valori, un canale privilegiato, perché agisce a diversi livelli, non riguarda solo la sfera più razionale, ci coinvolge a livello emotivo e viscerale”.

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Il rischio, aggiunge il collega Armando di Ludovico, “è che attraverso la musica si possano normalizzare certi atteggiamenti e renderli accettabili. Questo è particolarmente preoccupante per i bambini, che spesso ascoltano musica senza una supervisione o una guida adulta, assorbendo inconsapevolmente valori che non sempre sono positivi”.

“Quello che deve essere chiaro ai ragazzi – sottolinea Antonio di Mauro – è che quello che sentono è fiction, che non è la normalità. E sarebbe bello che nelle scuole si lavorasse anche sulle canzoni, che si proponessero delle analisi del testo approfondite per capire il vero significato di quello che gli alunni ascoltano”.

Rapper e trapper cattivi modelli? O è la famiglia a dover educare?

Giusto censurare questo tipo di artisti? In qualche modo i testi violenti e misogini influenzano il comportamento dei giovanissimi? Oppure non sono i trapper a dover “educare”? Abbiamo spesso parlato di questi temi e ne hanno parlato spesso i diretti interessati.

L’anno scorso ha fatto scalpore la decisione del sindaco di Ladispoli, cittadina laziale, di bloccare il concerto del rapper Emis Killa previsto per Capodanno. Il cantante avrebbe dovuto esibirsi con Guè. Il motivo? Una frase contenuta in un vecchio testo di una canzone di Killa, del 2016, “3 messaggi in segreteria“.

“Preferisco vederti morta che con un altro”, queste le parole incriminate. Le polemiche, come riporta Rolling Stone, sono nate in questi giorni e il cantante ha provato a difendersi dalle critiche dicendo che non si tratta di un inno al femminicidio, ma tutto il contrario. “Nel pezzo – dice – interpreto, invento, racconto fatti che purtroppo per quanto spiacevoli accadono. Non è Emiliano che parla e non penso nemmeno di dover dare troppe giustificazioni a chi non vuole capire. In un altro storytelling molto più recente interpreto Renato Vallanzasca, non so, volete accollarmi qualche anno di galera? Per farmi un’idea di me piuttosto dovreste parlare con le donne che fanno parte della mia vita, dalla mia famiglia alle amiche. Cercate i colpevoli tra i colpevoli, non tra chi è dalla vostra parte pur avendo un altro modo di affrontare le cose”.

L’attrice Cristiana Capotondi si è scagliata l’anno scorso contro il trap: “Ma l’avete ascoltata la musica trap, di come viene trattata la donna nella musica trap? La ascoltano gli adolescenti. Di che ci sorprendiamo se un giovane di 22 anni considera una donna come un oggetto tale per cui ti tolgo la vita”, ha detto a In Altre Parole su La7.

Come riporta La Repubblicai trapper non ci stanno. Ecco le parole di Luché: “Quanto qualunquismo in classico stile italiano. Come se la donna non fosse mai stata trattata come un oggetto nelle fantasie degli italiani, sin dall’inizio delle televisioni private dagli anni Ottanta a oggi”.

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Ecco le parole del rapper Jake La Furia: “Se pensiamo all’ipotetica influenza negativa sui giovani allora bisogna abolire i film d’azione, certa letteratura fantastica, il pulp e un sacco di altre cose. Sono le famiglie — non noi — a dover insegnare certi principi. E poi la nostra musica con i Club Dogo è stata anche cronaca della realtà, e la realtà non è sempre bella”.

Anche il rapper Fred De Palma la pensa così: “Puntare il dito verso chi fa rap o trap è un modo per costruire alibi a chi viene meno al proprio ruolo. Sul palco ci si scanna con insulti anche tremendi, l’opposto del politically correct. Ma è solo fiction”, ha detto mesi fa.

“Non è giusto caricare sulle spalle di rapper di vent’anni il compito di educare, un compito che spetta ai genitori, alla scuola, alla società. Non credo che le persone si regolino nella vita in base ad un pezzo sentito alla radio. Basta accuse ai rapper, nessuno uccide per una canzone”, ha aggiunto.

“Noi artisti raccontiamo le storie. Anche quelle brutte. Non abbiamo la responsabilità di educare nessuno con le nostre canzoni. Sì, ho perso anche io fratelli per la strada ma noi rapper non siamo il male. Non toglieteci questa possibilità di racconto”, così Geolier.

“Io le robe brutte a volte le ho dette, ma il rap è arte e penso che ognuno nasca con un’educazione che arriva dalla famiglia. Non credo che le cose negative si apprendano dalla musica, se io dico ‘vai a sparare’, non è che lo fai. Ci sono sempre stati brani di grandi artisti che non hanno detto solo cose belle, ma ognuno deve avere una propria morale”, questa la risposta di Anna Pepe a chi accusa i rapper di essere cattivi modelli per i giovani.





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