(effe) — “Se il voto recente dell’indennità parlamentare di 15.000 fr. ha prodotto in Francia uno scandalo piuttosto diffuso, è perché c’erano ancora molti elettori che credevano nel disinteresse dei politici. Coloro che non ci credevano non si sono scandalizzati”… Ma cos’è più in profondità uno scandalo, quali dinamiche muovono la società, la cosiddetta opinione pubblica, la moralità collettiva e individuale, e perché “Non ci si scandalizza per le stesse cause, in tempi e in ambienti differenti”? Il filosofo e sociologo francese Georges Palante, del quale tra l’altro quest’anno ricorre il centenario della morte, scrisse sull’argomento il saggio “Psychologie du scandale” che ora traduco qui in italiano nel mio Taccuino blu.
Georges Palante — Ci proponiamo di studiare qui lo scandalo nella sua natura psicologica, nei suoi caratteri, cause, specie, intensità e durata, nella sua funzione e significato sociale. Esamineremo anche la genesi dello scandalo, i suoi organi, il modo in cui è stato compreso nelle diverse società, il ruolo che svolge nella nostra; infine, come può essere valutato dal punto di vista morale.
La parola scandalo può avere due significati. Può indicare uno stato d’animo collettivo o il fatto (atto, parola, scritto, comportamento, atteggiamento) che provoca tale stato d’animo. Da un altro punto di vista, è necessario distinguere un significato forte e un significato debole della parola scandalo.
Il significato forte è il significato primitivo, il significato religioso. Qui bisogna tradurre la parola scandalo con vergogna, rovina, catastrofe. Lo scandalo è la pietra d’inciampo, l’ostacolo alla salvezza, la perdita delle anime. La parola scandalo ha ancora un senso molto forte tra i moralisti. Evoca per loro l’idea di attentato, di grave offesa all’ordine sociale e morale. È il significato che il giurista e moralista tedesco Jhering attribuisce alla parola scandalo. Per lui, lo scandalo (Ärgernis) indica una profonda contrarietà, un profondo disagio della coscienza pubblica.
Ma la parola scandalo può avere anche un senso più lieve. Evoca allora l’idea di una curiosità spesso effimera e superficiale provocata da un evento piccante, straordinario o inatteso. A volte si mescolano all’idea di scandalo idee piacevoli, gioiose, libertine, come nel caso dello scandalo del buon costume. Si parla del piacere dello scandalo, del sapore dello scandalo. L’affare Galley-Mérelli non era uno scandalo, ma una semplice truffa. Tuttavia, si è parlato di scandalo qui a causa del carattere romanzesco e galante dell’avventura.
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Per chiarire l’idea di scandalo, si può avvicinarla a concetti simili: quelli di indecenza o sconvenienza, immoralità, delitto e crimine. Si potrebbe vedere tra l’indecenza e lo scandalo solo una differenza di grado. «Lo scandalo – dice Voltaire1 – è una grave indecenza». Altri, come Jhering, vedono in esso una differenza di natura. Lo scandalo è più che una violazione delle buone maniere; è una violazione della morale. «Lo scandalo – dice Jhering – può essere definito una doppia trasgressione: delle leggi della morale e delle convenzioni2».
Secondo Jhering, non tutto ciò che è immorale è scandaloso. «Lo scandalo inizia quando l’immoralità, invece di nascondersi, si mostra sfacciatamente e ignora le convenzioni che vietano a chi offende il sentimento pubblico di apparire alla luce del giorno». Gli elementi dello scandalo sono: la pubblicità dell’atto contrario al buon costume, il disprezzo delle convenienze e la reazione dell’opinione pubblica. «Nello scandalo, c’è una sfida lanciata all’opinione pubblica che si trova quindi nell’alternativa di lasciarsi calpestare impunemente, o di affermarsi con forza. L’opinione pubblica non ha bisogno di prendere conoscenza dell’immoralità che cerca l’ombra; può ignorarla con decenza, cioè senza generare scandalo essa stessa. Si trova nella situazione del giudice davanti al quale nessuna denuncia è stata presentata. Ma di fronte all’immoralità che si manifesta in mezzo alla strada, non può più mantenere questo atteggiamento. C’è una provocazione nei suoi confronti e quasi un’offesa pubblica; per lei, tollerare questa offesa significa accettare moralmente la propria condanna a morte; poiché le leggi della decenza non sono trasgredite solo nel caso particolare in questione; lo sono nel loro principio stesso, nella loro autorità e forza vincolante. Da qui la gravità dell’offesa e la suscettibilità della coscienza pubblica che caratterizzano lo scandalo3».
Secondo noi, la definizione di Jhering è troppo ristretta e dà troppa importanza alla morale nello scandalo. In effetti, la gravità dello scandalo è ben lontana dall’essere proporzionata all’immoralità dell’atto. Ci sono molti fatti che non sono immorali e che suscitano scandalo. Un uomo di mondo vestito male fa scandalo. La rozzezza delle grandi dame (ex vaccare o lavandaie) della corte di Napoleone I suscitava scandalo. Alla corte di Luigi XIV, Saint-Simon si scandalizzava soprattutto per questioni di etichetta e precedenza. Julien Sorel, al seminario di Besançon, scandalizza i suoi rozzi compagni non condividendo la loro ingordigia per i buoni piatti del refettorio. «Bah, dicono, l’orgoglioso, il disdegnoso, il dannato!». Li scandalizza ancora esponendo troppo bene idee tuttavia ortodosse. «Per l’essere poco considerato e dipendente – osserva Stendhal – l’abitudine a ragionare giustamente è un crimine, poiché ogni buon ragionamento offende». Non bisogna confondere scandalo e immoralità. Non è solo ciò che urta la morale a fare scandalo; è anche e soprattutto ciò che urta le abitudini, gli interessi, i pregiudizi, la vanità di gruppo, i conformismi e le ipocrisie di un dato gruppo.
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Tanti ambienti sociali, tanti tipi di scandalo. Lo scandalo è determinato nelle sue cause, nel suo oggetto e nella sua intensità, in parte dall’ambiente in cui si verifica, in parte dalla qualità della persona che causa lo scandalo.
Negli ambienti militari, è la codardia a scandalizzare. Tra i diplomatici che, per professione, devono essere molto previdenti, è l’imprevidenza. Negli ambienti di borsa, è la mancanza di probità. Negli ambinti di fede, è il dubbio in materia religiosa. Quando Fabrizio parte per l’Accademia di Napoli, la duchessa gli fa le sue raccomandazioni: «Credi ciecamente a tutto ciò che ti diranno all’Accademia. Ricorda che ci sono persone che terranno nota fedele delle tue minime obiezioni, ti perdoneranno un piccolo intrigo galante se è ben condotto e non un dubbio: l’età sopprime l’intrigo e aumenta il dubbio».
La trascuratezza nell’abbigliamento provoca scandalo solo nel mondo chic. La mediocrità letteraria è scandalosa solo negli ambienti letterari. La convivenza, l’amore libero sono fonte di scandalo solo negli ambienti moralisti. Il sindacalismo tra gli insegnanti scandalizza solo i lettori del Temps o del Journal des Débats. Lo scandalo di Panama ha colpito solo gli ambienti politici. Questo scandalo ha offeso l’opinione che i repubblicani avevano di un governo democratico. Coloro che non si occupavano di politica o che non rispettavano a priori gli uomini di governo non si sono scandalizzati dell’affare Panama. Hanno considerato questa vicenda come un caso ordinario, criminale ma non scandaloso.
Circa quindici anni fa, il caso del Fort Chabrol non fu preso molto sul serio in Francia e non suscitò grande scandalo. In Germania, dove mi trovavo allora, potei constatare quanto questo assedio sostenuto in piena Parigi contro la forza legale scandalizzasse quel paese rispettoso dell’ordine e della polizia. Per apprezzare l’importanza e il significato di uno scandalo, bisogna considerare le abitudini dell’ambiente in cui si verifica. Ogni ambiente ha le proprie passioni particolari, i propri modi di essere determinati, e si scandalizza solo per un numero limitato di cause. Uno scandalo non tocca l’intera società e interessa solo un ambiente particolare.
D’altra parte, lo scandalo dipende dalla qualità della persona che lo provoca. La volgarità di un carrettiere non scandalizza nessuno; quella di un ministro lo farebbe. L’ateismo di un impiegato postale non scandalizza; quello di un professore di morale forse scandalizzerebbe. L’amore libero di un operaio non scandalizza; scandalizzerebbe invece di un prete. Una contadina può essere vestita male, una gran dama no. Un notaio è tenuto a maggiore probità di un uomo che non ha l’incarico ufficiale di gestore di denaro. L’indisciplina di un ufficiale scandalizza; quella del professore è considerata una nobile indipendenza. Il rango sociale dell’autore dello scandalo lo modifica, lo accentua o lo attenua a seconda dei casi. Nella commedia di Gogol, Il Revisore, l’Ispettore Generale stabilisce ciò che è al di qua e al di là dello scandalo per un dato grado: « Rubi troppo per il tuo grado », dice a un subordinato. Si perdonano molte cose ai grandi personaggi. Quando l’esempio viene dall’alto, è opportuno non scandalizzarsi.
Leggendo Saint-Simon, si nota l’impressione che provoca sulla corte la dichiarazione del re che concede ai figli del duca del Maine lo stesso rango e gli stessi onori del loro padre. «Mai cosa fu accolta dal pubblico in modo più cupo… Si capì bene che le rappresentazioni in merito sarebbero state non solo inutili, ma criminali». Lo stesso Saint-Simon dice del duca di Lauzun che a forza di audacia, di stranezze e di ridicolaggini, aveva abituato il mondo che lo temeva e si era reso superiore a tutti i ridicoli. «Aveva usurpato il diritto di dire e fare tutto senza che nessuno osasse offendersi». Solo alla morte dei grandi, coloro che li temono osano scandalizzarsi. «Alla morte del duca d’Orléans, i beati e i devoti si rallegrarono per la liberazione dallo scandalo della sua vita e della forza che il suo esempio dava ai libertini».
Nel nostro mondo borghese, lo status sociale introduce anche differenze nello scandalo. In “L’Armature”, il barone Saffre, rimproverando sua figlia che vuole divorziare, la avverte del trattamento che la società riserva alle divorziate. E quando Blanche-Marie ne cita alcune che hanno mantenuto intatta la loro posizione mondana: «Perbacco! risponde lui, forse mi citerai, tra le altre, una donna che è stata vice-regina e che, dopo la rottura con il suo lord, ha ripreso il suo nome di antica aristocrazia francese!… Naturalmente c’è un’eccezione per lei ai principi più sacri… E poi, un divorzio pronunciato in Inghilterra!… È un caso selezionato, sbiancato a Londra… Ma, sai, se non fosse rimasta a capo di due milioni di rendite… sì, se fosse rimasta con una piccola tenuta, bisognerebbe ancora vedere quali riguardi le verrebbero concessi!…».
Lo scandalo dunque varia con le situazioni e le circostanze. È relativo a ciò che Diderot chiama da qualche parte gli idiotismi di situazione e di mestiere. «Signor filosofo – dice il Nipote di Rameau – c’è una coscienza generale come c’è una grammatica generale, e poi delle eccezioni in ogni lingua, che voi chiamate, credo, voi altri sapienti, degli… idiotismi. Ebbene! Ogni stato ha le sue eccezioni alla coscienza generale a cui darei volentieri il nome di idiotismi di mestiere… E il sovrano, il ministro, il finanziere, il magistrato, il militare, l’uomo di lettere, l’avvocato, il procuratore, il commerciante, il banchiere, l’artigiano, il maestro di canto, il maestro di ballo sono delle persone molto oneste, anche se il loro comportamento si discosta in diversi punti dalla coscienza generale ed è pieno di idiotismi morali. Più l’istituzione delle cose è antica, più ci sono idiotismi…».
Questo equivale a dire che ogni piccolo ambiente sociale, ogni mestiere, ogni corporazione ha i propri piccoli interessi, il proprio prestigio da mantenere, le proprie abilità, le proprie astuzie per farsi valere… ogni situazione ha le sue esigenze e i suoi diritti. Ciò che scandalizza in un dato ambiente è ciò che urta gli idiotismi morali di quel gruppo, è ciò che sorprende e sconcerta l’opinione.
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Un elemento essenziale dello scandalo è infatti la sorpresa, lo sconcerto causato dall’evento scandaloso, sia per se stesso sia a causa del suo autore. La caratteristica dell’evento scandaloso è di sorprendere, di colpire, di sconcertare. Quando un fatto, anche immorale, è molto comune, non scandalizza più. Si finge solo di essere scandalizzati, per ipocrisia. È il caso dello scandalo causato dalla seduzione, dall’adulterio. Perché un criminale di professione scandalizzi, bisogna che scenda al di sotto della crudeltà dei crimini ordinari. Perché un atto immorale scandalizzi veramente, bisogna che sia molto al di sotto della moralità comune, oppure che attiri l’attenzione per la personalità e il rango sociale del suo autore. Questo è il caso dei recenti scandali di omosessualità in Germania.
Ci si aspetta da un uomo che occupa una certa funzione, una certa posizione nel mondo, che parli e agisca in modo conforme a quella posizione. Se parla o agisce diversamente, provoca scandalo. Come un militare che fosse antimilitarista, un accademico che mostrasse opinioni poco accademiche, che fosse anti-educazionista, per esempio. Da questo punto di vista, si può dire che lo scandalo è analogo al sentimento del rimorso. Quest’ultimo è dovuto, secondo Herbert Spencer, a una rottura delle abitudini di pensiero.
Allo stesso modo lo scandalo. Lo scandalo disturba le nostre abitudini, ci sconcerta, scuote sgradevolmente la nostra pigrizia mentale. Ciò è vero soprattutto per lo scandalo causato dalle idee nuove. Si può dire di esso ciò che Nietzsche ha detto del crimine: «Il crimine mette in movimento le lingue e costringe le menti a riflettere». Ci sono idee nuove che inizialmente sembrano mostruosità; quando ci si abitua, non scandalizzano più.
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La nostra analisi dell’idea di scandalo conferma ciò che dicevamo all’inizio: che non bisogna confondere scandalo e immoralità. Lo scandalo non ha la generalità che i moralisti attribuiscono alle leggi morali: non si riferisce alle leggi più universali della società umana (proibizione dell’omicidio, del furto); si relaziona a ciò che abbiamo chiamato gli idiotismi morali: varia con gli ambienti, le situazioni e le circostanze. È ciò che rende molto difficile dare una definizione di scandalo che si adatti a tutti i casi. Si può proporre questa: lo scandalo appare come una manifestazione dell’opinione riguardo a un fatto che sorprende un determinato ambiente nel suo rispetto dell’ordine sociale e nella concezione particolare che si fa della vita.
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Qual è la funzione sociale dello scandalo? Anche se le idee di scandalo e immoralità non devono essere confuse, lo scandalo ha più di un punto di contatto con la morale. Generalmente è in nome della morale che ci si scandalizza. La virtù è sempre un onorevole pretesto per l’indignazione. Se per morale si intendono gli idiotismi morali di un gruppo, lo scandalo ha una funzione morale evidente. È il custode di questi idiotismi morali. Fa buona guardia ai pregiudizi. Mantiene attraverso la paura che ispira l’ipocrisia sociale necessaria. È nelle mani della società un mezzo di repressione e intimidazione nei confronti dei dissidenti, degli indocili, dei refrattari, dei non conformisti, degli immorali di ogni tipo. «La società vi chiede – dice Vallès – solo una cosa: non dare il cattivo esempio». Lo scandalo è incaricato di frenare il cattivo esempio. Non est scandalizandum; væ ei per quem scandalum accidit.
L’atteggiamento della società è qui piuttosto complesso. È presa tra due interessi e bisogni contraddittori. Da un lato, la società sente un bisogno impellente di vendicarsi e punire il colpevole. Dall’altro, ha interesse a nascondere la colpa per evitare il cattivo esempio e mantenere le anime innocenti nell’ignoranza del male, che è ancora il miglior deterrente contro l’immoralità.
Spesso il secondo di questi interessi viene sacrificato al primo. Così, in alcuni paesi, il prete rifiuta le campane al matrimonio della ragazza madre o incinta. In questo modo sottolinea la colpa e la rende nota a tutta la parrocchia. Accade che le persone morali si indignino alla minima apparenza di scandalo e gridino come faine per vendicare la virtù oltraggiata. Dove non c’era nulla o quasi nulla, creano uno scandalo per eccesso di zelo. Ciò accade spesso negli scandali del buon costume che sono ingigantiti dalla maldestrità delle persone virtuose.
La società cerca di conciliare i due interessi con la seguente tattica: nasconde la colpa finché può e rinuncia a punire apertamente. “Peccato nascosto, peccato perdonato.” Ma nel momento in cui non può più nascondere o ignorare la colpa, dà sfogo alla sua indignazione virtuosa. Un moralista, P. Gide, ha detto molto bene: “Oggi la società tollera il vizio, ma non tollera lo scandalo4“. La paura dello scandalo è il vero guardiano della morale o dell’ipocrisia sociale, poiché sono la stessa cosa. «Il mondo – dice il barone Saffre – si fa beffe dei torti che i coniugi possono avere l’uno nei confronti dell’altro. Ma nei suoi confronti, c’è un torto che non perdona, solo uno: quello di divorziare! In molti casi, il marito è un furfante, la moglie è una furfante, e il mondo non ne è affatto scandalizzato, perché il furfante e la furfante formano una coppia; ciò che è il prototipo delle funzioni mondane rientra nell’uniforme e crea un arrangiamento ben assortito5».
Se si vuole chiarire i rapporti fra scandalo e morale, è forse importante distinguere lo scandalo nel popolo e nelle classi dirigenti. Nel popolo, lo scandalo ha una portata morale che non ha in quello che si chiama il bel mondo. Il popolo crede nella morale, la prende sul serio; ha una certa concezione della vita che gli è stata inculcata e si indigna sinceramente per ciò che urta troppo fortemente questa concezione. Il bel mondo, invece, fa poco conto della morale. Quando si scandalizza, è per sostenere uno di quegli idiotismi morali o amorali, come si preferisce, che costituiscono il codice delle utili ipocrisie. C’è molta insincerità e molta finzione nello scandalo. Così come ha indulgenze concordate, il bel mondo ha indignazioni di circostanza. Colui a proposito del quale la società si scandalizza potrebbe spesso ritrovare la sua tranquillità d’animo se si ricordasse dell’avventura del giovane Musset che, punito per una colpa insignificante per la quale si era mostrata una grande collera, sentì dire dietro la porta: «Questo povero ragazzo! Si crede davvero colpevole!»
Le cause che portano a interessarsi allo scandalo non hanno nulla di particolarmente morale. È la malignità, il desiderio di sminuire gli altri, di affermare la propria virtù moralizzando sulle azioni altrui. Nel caso degli scandali del buon costume, bisogna anche considerare il piacere di assaporare immagini piccanti. Immaginarsi i vizi degli altri è un modo per gustarli, un modo ipocrita e rispettabile di avvicinarsi a questi vizi senza allontanarsi dalla virtù. Ci si appropria sia dei piaceri dell’uno sia del merito dell’altro. L’amore per lo scandalo è la lussuria degli uomini casti. Bisogna citare anche, tra gli elementi che alimentano il gusto per lo scandalo, l’intolleranza, l’orrore che gli uomini provano un po’ ovunque, e soprattutto in certi paesi, in particolare in Francia, per la libertà altrui. È con queste riserve, e solo nel senso che abbiamo detto sopra, che è opportuno parlare della funzione morale dello scandalo.
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Per chiarire ulteriormente il concetto di scandalo, possiamo avvicinarlo a quello di delitto e di crimine. Le differenze sono evidenti: il delitto e il crimine ricadono sotto le rigide norme del codice, mentre lo scandalo è soggetto al giudizio dell’opinione pubblica; il delitto e il crimine implicano una violazione diretta di un diritto preciso e positivo, mentre lo scandalo si limita a sorprendere e urtare quella forza vaga e anonima che è lo spirito di gruppo. Tuttavia, alcuni moralisti vedono nel crimine e nello scandalo due fenomeni della stessa natura, separati solo da una differenza di grado.
Durkheim applicherebbe volentieri allo scandalo la definizione che dà del crimine: «Un atto che offende certi sentimenti collettivi dotati di un’energia e di una nettezza particolare6». Secondo Durkheim, il crimine e lo scandalo hanno la stessa funzione; attestano l’intensità della coscienza morale in un dato gruppo. Lo scandalo è un diminutivo del delitto e del crimine. Lo stesso fatto sarà qualificato come scandalo, delitto o crimine, a seconda del livello della moralità pubblica. Ciò che inizialmente era solo un semplice scandalo può diventare crimine in una società più virtuosa.
«Ad esempio, i contratti poco corretti o eseguiti in modo scorretto che comportano solo un biasimo pubblico o risarcimenti civili diventerebbero dei reati. Immaginate una società di santi, un convento esemplare e perfetto. I crimini propriamente detti saranno sconosciuti; ma le colpe che sembrano veniali al volgo susciteranno lo stesso scandalo che provoca il delitto ordinario presso le coscienze comuni. Se questa società è dotata del potere di giudicare e punire, definirà questi atti criminali e li tratterà come tali7».
La tesi di Durkheim sui rapporti tra scandalo e crimine ci sembra cadere nello stesso difetto di quella di Jhering. Durkheim, come Jhering, considera lo scandalo da un punto di vista morale e fa del carattere immorale o criminale di un atto la misura dello scandalo. Da qui, si capisce che Dukheim veda solo una differenza di grado tra l’immoralità molto grave che costituisce il crimine e l’immoralità meno grave che costituisce lo scandalo. Ma abbiamo visto più sopra che la nozione di scandalo va ben oltre la sfera della morale; si riferisce a idiosincrasie morali, a interessi di gruppo, a conformismi e a ipocrisie collettive che variano con i diversi ambienti.
Ecco perché la nozione di scandalo è molto meno semplicistica di quella di colpa morale, di delitto e di crimine. Jhering e Durkheim non sembrano tenere conto di questa complessità, né della dose di insincerità che entra così frequentemente nello scandalo. Durkheim è ingannato qui dalla regola di logica sociologica che pone nel suo libro: «Non presumere mai il carattere convenzionale di una pratica o di un’istituzione».
L’ipocrisia di gruppo è un fatto talmente essenziale, talmente generale e talmente costante che, se si adottasse la regola di Durkheim, si finirebbe per ignorare molti aspetti della psicologia dei gruppi. Lo scandalo è un fatto sociale sui generis, distinto dalla colpa morale, dal delitto e dal crimine. Lo si può comprendere solo in relazione all’ambiente particolare in cui nasce e si diffonde. Ma, quali che siano l’ambiente e il motivo dello scandalo, quest’ultimo attesta la potenza dell’opinione, la pressione sociale esercitata sull’individuo; conferma la legge di Comte secondo la quale l’individuo è costretto a seguire il flusso, a trovare bello ciò che il gruppo trova bello, a trovare odioso ciò che il gruppo trova odioso.
Colui che contravviene a questa legge impara a sue spese che non si offende impunemente il sentimento pubblico. Non gli resta che ripetere malinconicamente i versi del poeta di Saggezza:
Perché, se ho rattristato
Il tuo desiderio testardo,
Società,
Mi sceglieresti tu?
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L’intensità dello scandalo dipende dall’ambiente scandalizzato e dalla suscettibilità dello spirito di gruppo. Gli uomini riuniti sono facilmente scandalizzabili. Esiste un’ipocrisia particolare nelle riunioni pubbliche, una sorta di emulazione morale che fa sì che, a teatro, ad esempio, ci si scandalizzi per fatti molto comuni nella vita quotidiana. Esiste una morale teatrale che varia da pubblico a pubblico, da teatro a teatro. Un certo pubblico si scandalizzerà per l’esibizione di nudità sul palco; un altro pubblico non si scandalizzerà affatto e ne trarrà solo piacere.
La paura dello scandalo rende gli uomini facilmente scandalizzabili. La suscettibilità dello spirito di gruppo è al suo massimo nelle condizioni di dipendenza e nei piccoli ambienti timorosi, tremanti davanti al giudizio altrui, come una piccola comunità, una cittadina, una corporazione di funzionari. Un romanziere norvegese, Johan Bojer, descrive, ne La potenza della menzogna, lo stato d’animo di un distinto borghese di un piccolo Comune che si trova coinvolto in una storia spiacevole:
«Il Comune! Appariva a Norby come qualcosa di immensamente grande, che non aveva occhi se non per ciò che faceva. Era il suo Comune! Lo vedeva bene soprattutto quando era sdraiato, con le palpebre chiuse. Su tutta la sua estensione, erano le stesse foreste, le stesse fattorie, le stesse colline, gli stessi fiumi. Ma per le persone, ce n’erano di due specie: quelli che lo lodavano e quelli che parlavano male di lui. Non ce n’erano altri nel comune. Considerava i primi come persone oneste e coraggiose, gli ultimi come suoi nemici e sapeva ricordarsene all’occasione. E adesso? Tutti passavano le giornate solo a parlare di questa faccenda; lui non lo ignorava. Teste si infilavano negli spiragli delle porte, voci gridavano da un capo all’altro dei cortili! — E la storia, la conosci? Norby si immaginava persone che salivano sui sentieri, volavano sugli sci, attraverso lo spazio, scrivevano lettere inviate per monti e valli, in tutto il paese. E sempre, era la stessa frase! — E la storia; la conosci? —… Ma ecco che iniziarono a venire a trovare il vecchio e a parlargli dello scandalo8…».
La vita dipendente genera la paura dello scandalo. Un commerciante teme uno scandalo che potrebbe allontanare la sua clientela. Un’amministrazione statale che ha a che fare con una clientela, come l’Università nell’insegnamento secondario, è particolarmente suscettibile riguardo al tema dello scandalo. In generale, un corpo di funzionari teme enormemente lo scandalo e si scandalizza per molto poco. Faguet racconta il seguente aneddoto: «A Bordeaux, intorno al 1880, non so se la tradizione si sia conservata, gli accademici dovevano abitare in un certo quartiere, uno dei più brutti della città, del resto. “E il tale? chiesi al decano della Facoltà, al mio arrivo. Non lo so. Non abita nel quartiere.” Fu detto severamente. Quello, era mal visto. Non era un buon funzionario. Non abitava nel quartiere9».
Si potrebbe citare l’esempio di un professore di un liceo del Sud-Ovest che causò un piccolo scandalo tra i suoi colleghi andando ad abitare a una quarantina di chilometri dalla città, dove soffriva di febbri intermittenti. Molti trovarono sorprendente questa novità e temettero che potesse essere mal vista dal pubblico, che invece se ne preoccupò ben poco. La paura dello scandalo, anche minimo, terrorizza letteralmente questi piccoli ambienti dipendenti, tremanti perennemente per la loro piccola posizione e allo stesso tempo borghesemente vanitosi e ridicolmente assetati di considerazione.
Molti non osano fare un passo falso. Sembrano sempre camminare sulle uova. I superiori gerarchici danno l’esempio dell’orrore per lo scandalo. Nel funzionarismo, il cuore dello spirito amministrativo e corporativo è una vanità speciale, un’aspirazione divertente a voler rappresentare un’aristocrazia di capacità e moralità. Un’amministrazione vuole essere impeccabile. La moglie di Cesare non deve essere criticata.
Quando si osservano gli effetti della paura dell’opinione in questi ambienti di piccola borghesia bisognosa e timorosa, si prova un’ammirazione entusiasta e un’emozione di gratitudine per il Denaro; il Denaro liberatore, che conferisce almeno a pochi in questo mondo il diritto di dare esempi di indipendenza, senza i quali la tirannia dell’opinione sarebbe ancora più odiosa.
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L’intensità e l’estensione dello scandalo dipendono anche dall’impressione di sorpresa prodotta dal fatto scandaloso. Se il voto recente dell’indennità parlamentare di 15.000 fr. ha prodotto in Francia uno scandalo piuttosto diffuso, è perché c’erano ancora molti elettori che credevano nel disinteresse dei politici. Coloro che non ci credevano non si sono scandalizzati. In generale, gli scettici, i disillusi, i pessimisti si scandalizzano difficilmente.
Colui che è giunto al nil mirari, colui che ha interiorizzato la massima stendhaliana: «Ogni situazione sociale acquisita suppone un accumulo inimmaginabile di bassezze e canagliate senza nome» non si sorprende più di nulla ed è “in-scandalizzabile”. Ma il popolo non arriva mai, fortunatamente, a questa filosofia. Il popolo non è mai demoralizzato, nemmeno dopo gli eventi più demoralizzanti. Dopo l’affaire Dreyfus, non mantiene meno di prima il rispetto per le sentenze giudiziarie. È, a questo riguardo, di una giovinezza eterna.
La durata dello scandalo è determinata dalle stesse cause della sua intensità. Se si ammette che la sorpresa e lo sconcerto sono elementi costitutivi dello scandalo, si attribuirà naturalmente allo scandalo la durata della sorpresa e dello sconcerto.
I piccoli ambienti tartufeschi e moralisti hanno una memoria particolarmente lunga per lo scandalo. In un’amministrazione, quando un funzionario ha avuto qualche incidente spiacevole all’inizio della sua carriera, questo evento lo segue fino alla pensione. Il ricordo rimane nel suo fascicolo e nella memoria fedele dei suoi superiori e colleghi.
Il suo nome evoca subito la vecchia storia: «Ah! sì, uno così!… È lui a cui nel 188… è successo questo o quello!» Lo scandalo attraversa, a questo riguardo, due fasi: la fase acuta e la fase cronica. Lo scandalo in fase acuta risponde alla prima impressione di sorpresa, di sconcerto, di indignazione più o meno sincera; poco a poco lo scandalo acuto lascia il posto a uno scandalo cronico, diluito, edulcorato. Non si volta più le spalle alla pecora nera; non le si fanno più affronti così evidenti; non la si guarda più con occhi torvi. L’indignazione e il disprezzo visibili sono sostituiti, da parte dei colleghi, da una riservatezza discreta e conveniente che sa mantenere le distanze; da parte dei capi, da una falsa commiserazione, da una pietà condiscendente, più insultanti della franca ostilità in cui eccellono i superiori gerarchici. Chi ha dato scandalo rimane sempre sospetto, ai margini, sotto osservazione, sotto sorveglianza, in quarantena; gli si fa sentire che è appena tollerato; gli si concede appena l’avanzamento che i regolamenti vietano di negargli; gli si fanno piccoli sgarbi discreti, che si possono sempre negare e di cui, per giunta, non gli si dà mai la vera ragione.
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È importante insistere un po’ sulla tattica della Società nei confronti dello scandalo, su come lo si previene, lo si punisce, lo si cura e guarisce. Innanzitutto, le misure preventive. Esiste tutta un’arte di prevedere e prevenire lo scandalo che è accuratamente coltivata da molti di questi Tartufi di onorabilità come se ne incontrano più spesso di quanto si pensi, di questa “gente onesta” che deve nascondere qualche difetto, qualche impurità intima, qualche segreta abiezione.
La loro tattica preventiva contro lo scandalo consiste nel procurarsi il maggior numero possibile di conoscenze, di amicizie, di relazioni influenti su cui poter contare nel caso in cui, chissà, a causa di un’imprudenza o di una malaugurata indiscrezione, la loro facciata di rispettabilità si incrinasse lasciando intravedere aspetti poco lusinghieri. Queste persone mi ricordano un personaggio di Vallès, un bohémien che portava il soprannome suggestivo di Mes Papiers, ed era sempre impegnato a raccogliere certificati di buona condotta, perfetta rispettabilità, onestà, castità e sensibilità eccezionali.
I nostri «onesti cittadini», che non hanno nulla di bohémien, ma che sono al contrario corretti e maestosi borghesi, somigliano tuttavia su un punto a Mes Papiers. Ricevono infatti anche loro, dai loro amici e dalle loro «conoscenze», certificati di onorabilità. A questo riguardo, le decorazioni, le croci, e soprattutto quella detta d’onore, possono offrire grandi vantaggi. C’è un modo comodo per rifare una verginità a molte onorabilità dubbie. «Il tale è un uomo onesto! La grande Cancelleria di tale ordine l’ha dichiarato! Che cosa volete di più?». La bandiera copre la merce.
In un corpo di ufficiali, non deve succedere che un ufficiale abbia torto o si sia sbagliato. Si evita lo scandalo coprendo l’interessato e scusandolo. Nel mondo dei medici legali, se un medico legale di spicco ha commesso una gaffe in una perizia medico-legale, le controperizie condotte dai suoi colleghi o subordinati devono dargli ragione, anche a costo che un criminale possa ripetere indefinitamente i suoi crimini: Perisca il mondo piuttosto che la scienza dei medici legali! Allo stesso modo nella marina, un ufficiale di spicco che ha fatto arenare una nave riceve congratulazioni e promozioni.
Il famoso verso “Il crimine fa la vergogna e non il patibolo” non si applica affatto nelle classi dirigenti; piuttosto è il motto: peccato celato, peccato perdonato. Il romanziere norvegese di cui si è parlato prima, J. Bojer, descrive come una signora influente del Comune prenda l’iniziativa di una manifestazione pubblica destinata a riabilitare Norby (un bel mascalzone), a lavarlo dal sospetto e a riparare lo scandalo che ha sconvolto il comune. La signora va a trovare il direttore della scuola per associarlo al suo progetto: «Ho una proposta importante da farle, gli dice; riguarda gli ultimi avvenimenti. È stato un periodo triste e una vergogna per tutto il comune… Ma chi ha sofferto di più per tutto ciò che è successo è sicuramente Norby. Ed è per questo che vengo a proporre di offrirgli una riparazione in qualche forma… Guardate cosa fanno i politici, per esempio, quando uno dei loro è oggetto di attacchi ingiustificati… Gli organizzano una festa, un banchetto. E penso che potremmo organizzare una manifestazione simile a favore di Norby… Non sarebbe bello vedere, per una volta, i funzionari e la gente della campagna stringersi la mano e dire: “Ecco uno dei migliori tra noi che è stato perseguitato e infangato; ma noi siamo qui per riabilitarlo!” È tempo di dimostrare con un esempio che il cristianesimo e il sentimento di patria non sono solo parole per noi, ma che sappiamo aiutare uno di noi10».
Si vede l’idea di questa buona signora: organizzare una manifestazione antitetica allo scandalo, riparare il cattivo esempio con uno edificante. E il banchetto ha luogo. E il romanzo si conclude in un’apoteosi del vecchio commerciante che ha rinnegato la sua firma e che finisce per credere alla propria onestà, in mezzo a questa grande manifestazione di approvazione pubblica, in tutto questo concerto di elogi e benedizioni. Dopo il banchetto Norby torna a casa e, nella magnifica serata estiva, ringrazia Dio per la giustizia delle cose, per la calma di quella bella serata e per la calma della sua coscienza. Queste pagine di una squisita e profonda ironia fanno comprendere in modo ammirevole la tattica della società di fronte allo scandalo, il modo in cui lo tratta, lo cura, lo guarisce e vi passa sopra con un colpo di spugna ufficiale.
Se la società protegge dallo scandalo le persone ben posizionate o che hanno saputo nascondere il loro gioco, agisce contro gli altri, meno abili o meno fortunati. Contro di loro, la sua tattica di rappresaglie è multiforme, a volte violenta e a volte gesuitica. Ci sono due modi per affrontare lo scandalo e lo scandaloso: il metodo forte e il metodo dolce. Uno scrittore11, studiando il modo in cui la Chiesa affronta lo scandalo, lo chiama la politica di Poliuto e la politica di Nearco.
Quest’ultima è indulgente. Consiste nel fingere di non irritarsi per lo scandalo, nel portare dolcemente il colpevole alla resipiscenza, a fare onorabile ammenda, a pentirsi, a umiliarsi. Questo rimette le cose a posto, e lo scandalo finisce quasi per diventare edificante.
È questa la tattica della Chiesa riguardo a un recente scandalo (caso dell’abate Delarue). «Nell’ordine dello scandalo individuale e dell’apostasia individuale, la Chiesa oggi risponde solo con la politica di Nearco… Lo abbiamo visto chiaramente nella risposta che ha dato all’ultimo o al penultimo di questi scandali, che è stato anche il più clamoroso. Lungi dal procedere con anatemi ed scomuniche clamorose, che sarebbero state risposte omotetiche, uguali o equivalenti allo scandalo, che forse erano un suo dovere, è evidente invece che si è immediatamente negoziato, senza dubbio pagato, poiché si è immediatamente ottenuto questo risultato singolare e comodo che le memorie di uno scandalo formassero un racconto particolarmente edificante, un feuilleton generalmente scritto in un linguaggio devoto… C’era giornalismo, romanzo d’appendice, reportage, intervista, testimonianze e confessioni sensazionali. Ma tutto ciò era devoto, precisamente edificante, la colpa e il pentimento, il peccato, poi la contrizione, la desolazione e il disorientamento del peccatore, l’afflizione, le consolazioni del rito, infine tutta una storia da collegio. E il pentimento fino al cuore della colpa. Era un po’ ingenuo, un po’ convenzionale, ma molto tradizionale, molto appropriato, non c’è altra parola: molto edificante12». La Chiesa è spesso più indulgente verso lo scandalo rispetto alla società laica. Quest’ultima non ha ancora fatto dell’assoluzione un sacramento. È tenace nei suoi rancori contro colui che è stato causa o occasione di scandalo.
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L’opinione può colpire la sua vittima in vari modi. Può mobilitare contro di essa dei giudici (caso Hervé). La maldicenza, la calunnia sono tra i principali strumenti dello scandalo. Hanno l’effetto di umiliare e screditare chi ne è vittima. La delazione, la denuncia mirano soprattutto ai funzionari. Il timore che lo scandalo ispira alle amministrazioni fa sì che queste non proteggano a sufficienza i funzionari dalla delazione. Il delatore essendo per definizione un essere vile e indegno di fiducia, lo stretto dovere di un capo sarebbe, sembra, di farlo cacciare immediatamente.
Ma troppo spesso il delatore viene accolto e ascoltato. Il successo della delazione è variabile. Se il denunciante è una persona poco influente, poco considerata e isolata, la sua azione non avrà conseguenze per il funzionario in questione; ma se è influente o riesce a far condividere il suo sentimento ad altre persone, c’è da temere che l’amministrazione prenda in considerazione le sue parole. Il problema che si pone per l’amministrazione è il seguente: quanti maldicenti sono necessari intorno a una persona per creare uno scandalo? Un funzionario è inoltre disarmato contro i delatori e calunniatori. Perché se vuole portarli in tribunale, il superiore gerarchico ha il diritto di astenersi come testimone, invocando il segreto professionale.
Esistono numerosi modi per fomentare uno scandalo, ingigantirlo artificialmente, renderlo più piccante, dargli proporzioni smisurate. Si può leggere ne “La Museruola” di Amédée Thalamas il racconto della tattica dei nazionalisti per rendere più piccante il caso Thalamas e trasformarlo in uno scandalo politico-universitario.
Le conseguenze e le sanzioni dello scandalo variano a seconda della sua gravità. È il ridicolo per i piccoli scandali, soprattutto per gli scandali sessuali (il marito tradito); per scandali più gravi, si tratta dell’isolamento sociale, della perdita dei mezzi di sussistenza. Per un funzionario, in particolare, la conseguenza più comune dell’esclusione è la revoca. L’opinione pubblica ha preso l’abitudine di affamare le sue vittime. È il suo supplizio favorito. Un buon esempio è il signor Hervé, eliminato successivamente da due carriere.
Nei confronti dei funzionari, uno spostamento abilmente gestito può avere gli stessi effetti della revoca, come spiegava un alto funzionario nel seguente curioso passaggio: «Non bisogna attribuire a un caso estremo, quello della destituzione formale, un’importanza troppo esclusiva. Si può rovinare un funzionario con famiglia facendolo viaggiare dal nord al sud; lo si può umiliare, scoraggiare cambiandogli il posto con un altro, le sue mansioni con altre, al punto che un’amministrazione violenta o tirannica, se mai ce ne fosse una, troverebbe sempre il modo di sbarazzarsi delle persone a suo capriccio, senza ricorrere alla destituzione formale13».
Per gli scritti che scandalizzano l’opinione pubblica, il miglior castigo è il silenzio. La cospirazione del silenzio è una sanzione molto efficace e molto usata.
Bisogna aggiungere che la responsabilità dello scandalo è spesso una responsabilità collettiva. Si trasferisce un funzionario la cui moglie o uno dei parenti ha causato uno scandalo. Vallès, nel Baccalaureato, racconta che suo padre, professore a Nantes, temeva di essere punito per le avventure politiche di suo figlio a Parigi. La società vuole a tutti i costi una vittima. Assomiglia ai medici di Monsieur de Pourceaugnac, a cui serve a tutti i costi un malato.
A volte anche rancori personali si mescolano alle ritorsioni dirette contro uno scandalo o un presunto scandalo. In un recente caso di sottoprefetto revocato, gran parte del pubblico ha creduto di vedere, a torto o a ragione, la potenza dello Stato messa al servizio dei rancori di una famiglia e una lite domestica trasformata in affare di Stato.
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A dispetto delle conseguenze spesso spiacevoli dello scandalo, ci sono persone che trovano piacere nello scandalizzare i loro contemporanei. È vero che si tratta di scandali leggeri e innocui. Questo è il caso del bohémien che si diverte a stupire il borghese o dello scrittore che dà volontariamente al suo pensiero una piega oltranzista e scandalizzante. Benjamin Constant osserva, a proposito di Schleiermacher, «che molti tedeschi hanno il diavolo in corpo per esprimere in modo bizzarro e scandalizzante idee a cui si potrebbe abituare il lettore rivestendole delle forme meno nuove possibile, quando sono già troppo nuove di per se stesse14». I motivi di questi atteggiamenti sono facili da capire. Per il bohémien, è il piacere di sfidare l’opinione, la tradizione, gli usi; per lo scrittore, la ricerca dello strano e del nuovo, il desiderio di stuzzicare la curiosità con una punta di scandalo.
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Diciamo una parola sui tipi di scandalo.
1° Si può distinguere gli scandali in base al loro oggetto. “Si è scandalosi – dice Voltaire – per i propri scritti o per la propria condotta15“.
2° Si può distinguerli in base alla loro gravità. Ci sono diversi gradi di scandalo, dal piccolo scandalo del funzionario che “non risiede nel quartiere” (Faguet) fino a un enorme scandalo quasi mondiale, come il caso Panama;
3° Dal punto di vista delle cause dello scandalo, possiamo dividere gli scandali in due categorie: 1° quelli legati alla qualità della persona che scandalizza; 2° quelli legati alle esigenze, alle abitudini dell’ambiente in cui lo scandalo si verifica;
4° Dal punto di vista dell’estensione dello scandalo, possiamo distinguere tra scandali limitati e altri più estesi. «I reverendi padri cappuccini si erano battuti nel convento. Alcuni avevano nascosto il loro denaro; altri lo avevano preso. Fino a quel momento era solo uno scandalo particolare: una pietra che poteva far cadere solo i cappuccini; ma quando la questione fu portata in Parlamento, lo scandalo divenne pubblico16»:
5° Dal punto di vista delle fasi dello scandalo, si può distinguere, come abbiamo fatto più sopra, lo scandalo acuto e lo scandalo cronico, attenuato, diluito;
6° Dal punto di vista delle caratteristiche dello scandalo, si può distinguere tra lo scandalo sincero (nel popolo) e lo scandalo più o meno artificiale, insincero, orchestrato e manipolato (nel bel mondo, nei partiti, nelle corporazioni).
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Ci resta da dire qualche parola sull’evoluzione dell’idea dello scandalo.
Abbiamo visto che la sorpresa e l’indignazione generali che costituiscono lo scandalo sono messe, a seconda delle epoche e dei paesi, e a seconda dell’incorporazione a cui appartiene il promotore dello scandalo, al servizio di cause differenti. Si può caratterizzare un ambiente notando ciò che lo scandalizza. Una storia generale dello scandalo getterebbe sulla società, in tutte le epoche del suo sviluppo, una luce completa. Non ci si scandalizza per le stesse cause, in tempi e in ambienti differenti. Le rivoluzioni politiche e sociali apportano profonde modifiche al nostro modo di concepire lo scandalo. Le cause dello scandalo sono variate a seconda che la Francia da aristocratica è diventata borghese, o da cattolica è diventata libera pensatrice, da monarchica è diventata repubblicana, ecc. Tutti i cambiamenti sociali hanno più o meno spostato lo scandalo.
Abbiamo detto che alla Corte di Luigi XIV Saint-Simon si scandalizzava soprattutto per questioni di etichetta e precedenza. Metteva tutte le sue capacità di sconcertarsi e indignarsi al servizio del suo amor proprio di gran signore. Questo è il modo in cui lo scandalo doveva naturalmente manifestarsi in una società di nobili che sentiva il potere reale sfuggirgli e si concentrava sugli onori, non potendo mantenere la potenza. Sembrava, ai tempi di Saint-Simon, che l’unico vantaggio che un gentiluomo potesse portare alla sua casta fosse una distinzione a corte. L’unico dovere imperioso del cortigiano è essere vanitoso. I cortigiani del tempo di Luigi XIV si scandalizzavano raramente se non a causa della loro vanità.
La Rivoluzione arriva: emergono nuove gerarchie di valori. L’Impero, la Restaurazione, la Monarchia di Luglio hanno i loro valori dominanti e i loro tipi di scandalo. Ricordiamo la frase di Balzac nel Deputato di Arcis: «Sotto l’Impero, quando si voleva distruggere un uomo, si diceva: è un codardo. Oggi si dice: è un truffatore». Nella borghesia, il grande crimine è essere poveri. Forse domani, nel socialismo, sarà essere ricchi. Il piccolo borghese è feroce verso tutto ciò che minaccia la fortuna. Abbiamo visto una piccola città borghese e molto rispettosa del denaro letteralmente scandalizzata perché una combinazione politica inaspettata, e a dire il vero poco brillante, aveva portato al municipio un piccolo impiegato senza soldi.
In un regime socialista, la forza dello scandalo sarebbe molto grande. Il socialismo sarebbe un sistema essenzialmente morale. Forse ci sarebbe un ministero della virtù simile a quello che Stendhal immaginava con spirito durante la Restaurazione. Lo scandalo colpirebbe l’oziosità, la ricchezza, il lusso e soprattutto l’indipendenza. Abbiamo sentito un conferenziere socialista descrivere le future feste laiche e democratiche in un regime socialista. Si vedrebbero lavoratori in processione solenne portare i loro strumenti, chi il pialletto e la sega, chi il martello, chi la vanga o il correggiato. Chi non avesse nessun attrezzo da portare sarebbe additato e deriso. Sarebbe una nuova forma di gogna pubblica. Un affascinante ritorno al passato!
Il socialismo è molto intollerante. Lo scrittore inglese Wells, che aveva aderito al socialismo, è stato severamente richiamato all’ordine dai suoi correligionari per aver viaggiato in prima classe e per aver fatto una cena costosa17. Il senatore socialista belga Picard ha dato le dimissioni dal partito, colpito da una scomunica per spirito d’indipendenza e rifiuto di obbedienza passiva. Nel socialismo, la forza dell’opinione sarebbe schiacciante e di conseguenza lo scandalo, che è l’organo dell’opinione, sarebbe una sanzione terrificante. Questo è infatti il punto di arrivo logico della democrazia, di cui il socialismo è il naturale prolungamento.
Lo scandalo gioca un ruolo importante nei paesi democratici perché l’opinione pubblica vi è molto potente. Ciò è evidente in un paese con suffragio universale, di chiacchiere parlamentari, di giornalismo a oltranza, di club, di conferenze, di insegnamento, di catechismo, ecc. Si può vedere con quale Briareo formidabile si confronta l’individuo che oggi si permette di sorprendere e indignare i suoi contemporanei.
I governi prima del 1789 avevano fatto il possibile per sottrarre l’amministrazione, la sovranità, all’influenza dell’opinione. Il trasferimento del palazzo reale a Versailles a seguito delle sommosse della Fronda fu solo l’atto più notevole dettato da questa preoccupazione di indipendenza. Non è lo stesso per i governi democratici. Questo spiega la loro maggiore timidezza. In Francia, da cento anni, tutti i dirigenti dipendono dall’opinione pubblica e quindi si impegnano a crearsi un’opinione favorevole. Da qui, nella classe governativa, una timidezza, una paura dell’impopolarità, un timore dello scandalo che ci distingue dai paesi germanici e dalla Russia organizzati meno democraticamente. Ci si è chiesti se, in Francia, scandali simili a quello di Eulenbourg non sarebbero stati insabbiati, tanto la nostra oligarchia borghese è attenta a proteggere i suoi membri dallo scandalo.
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Ci si è chiesti se lo scandalo stia attualmente regredendo o progredendo. Sta regredendo su alcuni punti; progredendo su altri. Forse sta regredendo nel capitolo del buon costume, della vita sessuale. A questo riguardo, c’è una tendenza a maggiore libertà e tolleranza. Per il pubblico delle grandi città, la vita sessuale è un affare personale. Negli ambienti intellettuali o semplicemente colti, è piuttosto ridicolo immischiarsi nella vita altrui a questo riguardo. Si manifesta troppo un animo da portinaio.
In un articolo intitolato Le due giovinezze, Paul Adam osserva il retrocedere dello scandalo in Francia, la diminuzione nella nostra gioventù della capacità di sconcertarsi e di scandalizzarsi per ciò che si chiama vizio: «La nuova generazione – dice – non può sentire allo stesso modo. Noi pensavamo, al collegio, che la società si dividesse in due caste molto distinte e che non si mescolassero. Pensavamo che gli amici delle nostre famiglie fossero tutte persone irreprensibili, che gli adulteri, gli imbroglioni, le cortigiane vivessero in un altro gruppo, che una frontiera ideale, ma invalicabile, separasse i due tipi di persone. Con nostra grande sorpresa, scoprimmo che la mescolanza veniva consumata ogni minuto. A causa della loro fortuna, delle loro funzioni, delle loro parentele, i più compromessi fraternizzavano con i più probi. Ricordo l’impressione che fece sulla mia morale stoica l’incontro con una donna leggera e conosciuta per questo, in un salotto rispettabile! Si diceva che fosse accolta per non rattristare i suoi cari, per pietà. Eppure, tutti celebravano la bella persona. Le sue avventure suscitavano la curiosità delle giovani mogli pudiche, che un po’ scioccava, che la invidiavano molto. Gli uomini rivaleggiavano attorno a lei. Era la regina dei galà. L’avevo vista per la prima volta in un padiglione di caccia, dove il suo amante la trattava, in mia compagnia, fin troppo intimamente… Quale giovane di oggi proverebbe il turbamento intellettuale di cui fui afflitto per lunghi mesi, a seguito di questo incidente? Tutti sanno che il mondo include nei suoi gruppi, alla rinfusa, il vizio e la virtù, e che questo avvicinamento è persino auspicabile, poiché rende più piccanti le riunioni18…».
Altri scrittori, amici della libertà, hanno protestato contro l’indiscrezione dell’opinione, contro la sua ingerenza in situazioni private dove non ha nulla a che fare. Pierre Baudin, in un recente articolo, critica «questa abitudine dello scandalo che porta un numero troppo grande di persone in Francia a ricorrere ai giudizi dell’opinione pubblica per questioni che appartengono esclusivamente alla giustizia, ai tribunali…», «Non sarebbe il momento di fermare in questo paese questa tendenza generale a ricorrere all’opinione pubblica che non può essere giudice in tutto e per tutto?» È noto che i membri della Commissione per la Riforma del Matrimonio si sono ispirati a questa idea; chiedono di smettere di esporre nei tribunali e di consegnare alla stampa gli scandali della vita coniugale. Se oggi esiste una tendenza a ridurre il potere dell’opinione pubblica e dello scandalo sulla sfera privata, al contrario, in tutto ciò che riguarda la politica e la vita pubblica, l’opinione regnante tende a sottomettere sempre più strettamente gli individui che la loro dipendenza economica pone a sua discrezione.
In democrazia, è convenuto che un funzionario non possa avere altra opinione se non quella del governo che lo paga. In molti ambienti politico-funzionariali, ci si scandalizza all’idea che un funzionario possa mostrare anche il minimo segno di indipendenza di pensiero. Abbiamo detto quale potrebbe essere probabilmente la tirannia dell’opinione regnante in un regime socialista, cioè nel funzionarismo generalizzato.
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Un’ultima domanda che si porrebbe è quella del valore morale dello scandalo. Qui le opinioni variano. Secondo i moralisti della scuola sociologica (Durkheim), lo scandalo ha, come l’opinione che rappresenta, un’alta portata morale e sociale. Dà soddisfazione alla coscienza pubblica offesa. Testimonia la forza delle convinzioni e delle abitudini morali. Il pessimista sociale, abituato a non sconcertarsi di nulla, non si scandalizza e considera lo scandalo una ingenuità per alcuni e un’ipocrisia per altri.
Per il dilettante sociale19, uno scandalo notevole è un tema di osservazioni interessanti, una crisi istruttiva, un caso curioso di psicologia sociale che gli permette di studiare da vicino la tattica della società nei riguardi dello scandalo, l’accordo tacito delle classi dirigenti per prevenirlo, soffocarlo, fermarlo, incanalarlo, arginarlo, limitarlo; poi le fasi della crisi, il suo placarsi, e dopo alcune oscillazioni, il suo cancellarsi finale nell’indifferenza annoiata del pubblico.
*”Psychologie du scandale” / Psicologia dello scandalo, trad. it. © Fabrizio Pinna (effe) | 2025. Riferimento bibliografico: Georges Palante, Psychologie du scandale, in «La Revue des idées», No. 67, 15 Juillet 1909, pp. 17-39.
Altri scritti su e di Georges Palante, in “S-Composizioni in Rivista”: https://www.rivistascomposizioni.eu/tag/georges-palante/
NOTE (di Palante)
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