Con l’ordinanza n. 20507/2024, la I sezione della Corte di Cassazione, pronunciandosi in tema di assegno di mantenimento, ha riformato la decisione presa dai giudici di merito che, pur in presenza di un matrimonio durato poche settimane, avevano riconosciuto un assegno in favore dell’ex moglie pari a 3.000 euro mensili.
Si è difatti ribadito il principio per cui “nell’ipotesi di durata particolarmente breve del matrimonio, in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi, attesa la insussistenza di condivisione di vita e, dunque, la mancata instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come “affectio coniugalis”, non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento“.
Il caso sottoposto all’attenzione della Cassazione prende avvio da un giudizio di separazione tra coniugi all’esito del quale, sia in primo che in secondo grado, il marito veniva gravato dell’onere di contribuire al mantenimento della moglie con assegno mensile di Euro 3.000,00, in ragione del rilevante squilibrio economico tra le parti, attesi, tra l’altro, gli altri ampi proventi reddituali ed il vasto patrimonio immobiliare del marito a fronte dei modesti introiti provenienti alla moglie dalla limitata attività di fotografa.
Ricorrendo in Cassazione, il marito eccepiva nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione dell’art. 156, 1 comma, c.c. in riferimento agli artt. 143 e 144 c.c., per non aver la Corte di Appello esaminato un fatto storico decisivo per il giudizio (ovvero la breve durata del matrimonio) ai fini della spettanza e della concreta determinazione del “quantum” dell’assegno di mantenimento.Â
La Cassazione condivide le doglianze sollevate dal ricorrente.
La Corte ricorda che la separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale, espressione del dovere, più ampio, di solidarietà coniugale: il dovere reciproco di assistenza materiale, dopo la separazione, implica il diritto del coniuge cui non è stata addebitata la separazione a ricevere dall’altro coniuge un assegno di mantenimento, qualora non abbia mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale.
Gli Ermellini ricordano che l’importo dell’assegno di mantenimento va declinato tenendo conto non solo della situazione economica complessiva e della capacità concreta lavorativa del richiedente l’assegno di mantenimento ma anche di altre circostanze, tra le quali rientra, ex art. 156 c.c., anche la durata del matrimonio.
In particolare, quanto al rilievo da attribuire a detta circostanza, la giurisprudenza lo ha inizialmente circoscritto al profilo della quantificazione dell’assegno, senza tuttavia escludere la spettanza dell’assegno di mantenimento in caso di separazione personale qualora sussistessero gli elementi costitutivi dell’assegno, quali la non addebitabilità della separazione al coniuge richiedente, la non titolarità , da parte del medesimo, di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentissero di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, e la sussistenza di una disparità economica tra le parti (cfr. Cass. n. 1622/2017).Â
Con pronunce successive, si è tuttavia messo in luce che, se è vero che la breve durata del matrimonio non esclude di per sé il diritto all’assegno, tuttavia la mancata instaurazione di una comunione materiale e spirituale fra i coniugi può costituire una causa di esclusione.
In particolare, si è affermato il principio per cui per le ipotesi di matrimoni di durata molto breve, in cui non si è ancora realizzata, al momento della separazione, alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi, attesa la insussistenza di condivisione di vita e, dunque, la mancata instaurazione di un vero rapporto affettivo qualificabile come “affectio coniugalis”, non può essere riconosciuto il diritto al mantenimento.
Con specifico riferimento al caso di specie, gli Ermellini rilevano come i giudici di merito, pur avendo accertato che la moglie si era allontanata dalla casa coniugale nella primavera del 2017, dopo pochi mesi di matrimonio, non hanno tuttavia preso in alcuna considerazione la circostanza della durata estremamente contenuta del matrimonio, né sotto il profilo della spettanza dell’assegno, né sotto il profilo della sua quantificazione, sicché si rende necessario un nuovo accertamento alla luce ed in applicazione dei principi da ultimo affermatesi in giurisprudenza.
In conclusione, la Cassazione accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità .Â
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