Basta poco, eppure tanti italiani non destinano nemmeno quel poco alla costruzione di una pensione integrativa. La quale diventa, peraltro, sempre più necessaria di fronte ai problemi del sistema previdenziale pubblico e dell’invecchiamento della popolazione. Secondo uno studio condotto dall’Università La Sapienza, il 74% degli italiani manifesta emozioni negative quanto pensa al proprio pensionamento. Tra le principali preoccupazioni c’è il continuo aumento dell’età pensionabile verso la soglia dei 70 anni, ma anche la difficoltà nel comprendere la soluzione disponibile, ovvero la previdenza integrativa.
Pensione integrativa: andamento lento
Gli ultimi dati diffusi dalla Covip (la Commissione di vigilanza sui fondi pensione) sottolineano la crescente adesione alla previdenza complementare: le posizioni attive a settembre 2024 erano 11 milioni, con un aumento del 3,3% rispetto alla fine del 2023, mentre gli iscritti totali si attestavano a 9,88 milioni. I fondi negoziali hanno registrato una crescita significativa di 205.900 unità (+5,1%), raggiungendo un totale complessivo di 4,223 milioni.
Non è ancora abbastanza, secondo Andrea Di Vincenzo, amministratore delegato di Prestiter, che lancia l’avvertimento: “Chi aspetta – ammonisce Andrea Di Vincenzo, amministratore delegato di Prestiter – resta fermo, mentre chi agisce costruisce il proprio futuro. Però ci vorrebbe più chiarezza e una maggiore comunicazione per aiutare i futuri pensionati nel compiere la scelta migliore. Partiamo dal problema principale: il gap pensionistico, ovvero con le varie riforme del sistema pensioni, l’assegno pensionistico sarà probabilmente più basso rispetto all’ultimo stipendio. La previdenza integrativa viene in aiuto proprio per riempire questo vuoto, dando una maggiore tranquillità economica durante la pensione”.
Basta poco: il 10% del reddito annuale
Secondo gli esperti, destinare il 10% del reddito annuo alla previdenza complementare rappresenta una buona base per accumulare un capitale adeguato. Ma bisogna iniziare ad accumularlo il prima possibile. “Soprattutto se si è giovani – riprende Di Vincenzo – il tempo gioca a proprio favore perché, con piccoli sforzi, quando arriverà il momento di andare in pensione si potranno raccogliere i frutti di tue ‘orti’, quello pubblico e quello integrativo. Gli studi suggeriscono che destinare il 10% del proprio reddito annuo è già una buona base per costruire una pensione integrativa solida”.
Scegliere il fondo giusto
La scelta del fondo pensione richiede un’analisi attenta. È necessario tenere in considerazione, in particolar modo, il contributo offerto nei fondi negoziali dal datore di lavoro, i costi di gestione, le linee di investimento disponibili. Esistono tre principali forme di previdenza integrativa:
- i fondi pensione negoziali, nati da accordi collettivi di lavoro;
- i fondi pensione aperti, creati da banche, assicurazioni e altri enti finanziari, a cui è possibile aderire individualmente o collettivamente;
- i piani individuali di previdenza (PIP), gestiti da compagnie assicurative, ai quali è possibile contribuire in modo libero.
Tutte e tre le opzioni offrono un importante vantaggio: le agevolazioni fiscali. Possono essere dedotti i contributi versati, fino a un massimo di 5.164,57 euro all’anno, riducendo così l’imponibile fiscale e quando arriverà il momento di riscuotere la pensione integrativa, si potrà beneficiare di un trattamento fiscale agevolato rispetto ad altre forme di reddito.
“Se si è un lavoratore dipendente – spiega l’a.d. di Prestiter – va valutato il fondo pensione previsto dal proprio CCNL, perché si può avere diritto al contributo datoriale, un contributo extra del datore di lavoro. Poi consiglio di confrontare i costi applicati dai vari fondi perché possono influire sul capitale finale. L’indicatore sintetico dei costi aiuta a capire quali sono le spese di gestione del fondo e, questo, è un aspetto spesso sottovalutato. Infine – conclude Di Vincenzo – vanno analizzate le linee di investimento. Se si è lontani dalla pensione, bisognerebbe puntare su investimenti a maggior rendimento e a maggior rischio, come le azioni. Perché nel lungo periodo, anche se il mercato attraversa fluttuazioni, si ha il tempo per recuperare e beneficiare dei trend di crescita. Al contrario, mano a mano che ci si avvicina all’età pensionabile è preferibile orientarsi verso soluzioni più stabili, come le obbligazioni che proteggono il capitale accumulato”.
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