CARO BOLLETTE/ I costi “nascosti” che fanno pagare tanto le rinnovabili

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Neppure le festività natalizie sono riuscite a stemperare l’allarmismo del caro energia. Non senza ragione. Sotto l’albero di Natale abbiamo trovato l’annuncio di Arera dell’aumento paro al 18,2% della bolletta elettrica per il primo trimestre 2025 per i clienti ancora serviti nel mercato tutelato dovuto alle dinamiche dei prezzi del gas all’ingrosso. Sono quei 3,4 milioni di utenze che non hanno l’obbligo di passare al mercato libero rientrano gli ultra 75 anni, i percettori di bonus sociale, i soggetti con disabilità, i residenti in un modulo abitativo di emergenza o isola minore non interconnessa, gli utilizzatori di apparecchiature salva-vita.



Non va meglio neppure per chi ha scelto il mercato libero. Secondo le previsioni di Nomisma Energia, mediamente, quest’anno una famiglia pagherà in più 135 euro e 230 euro rispettivamente per l’elettricità e per il gas. Assestamenti al rialzo per le forniture di gas anche secondo il monitoraggio condotto da Assium, l’associazione degli utility manager. Rispetto alle proposte commerciali in vigore a maggio 2024 la spesa in bolletta risulta oggi in media più elevata di 216 euro annui a famiglia.

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Con l’Epifania sono arrivate le stime del centro studi degli artigiani Cgia che prevede sulle bollette delle imprese un possibile rincaro di 13,7 miliardi di euro rispetto al 2024, zavorrando ulteriormente la competitività dell’industria nazionale che da sempre paga l’energia da un terzo al 50% in più dei suoi vicini europei e il triplo dei concorrenti statunitensi e cinesi.

Se vogliamo rendere giustizia al Rapporto Draghi e tornare a far crescere la base industriale europea dei settori energivori serve orientarsi verso un prezzo unico dell’elettricità con fiscalità meno disomogenea nell’Ue. Ma la Commissione non sembra ricettiva.



Per non farci mancare nulla, a fine anno – termine naturale di un contratto pluriennale – si sono chiusi i rubinetti del gasdotto che, attraverso l’Ucraina ancora facevano arrivare gas russo in Europa. Per l’Italia, già ampiamente affrancata dalle forniture russe, non ci sono grossi contraccolpi sulla sicurezza degli approvvigionamenti ma ciò non mette il nostro Paese al riparo della spirale rialzista dei prezzi del gas alimentata dalle spinte speculative sul mercato spot olandese dei TTF che anticipano gli scenari. Oggi si negoziano intorno a 50 euro a MWh. Un anno fa erano a meno della metà. Metti un inverno rigido. Poni il caso che si protragga ulteriormente il calo inatteso del gas azero (-20%) che arriva attraverso il gasdotto Tap che sbuca in Puglia. Poni che la ripresa dell’economia asiatica acceleri, aumenti la domanda di gnl e le navi gasiere statunitensi, qatarine invece di attraccare in Europa vanno dove li porta il prezzo migliore. Metti che prosegua l’impennata dei prezzi del petrolio, che hanno raggiunto i livelli più alti da oltre quattro mesi a seguito delle nuove sanzioni statunitensi sull’industria energetica russa. Molte le variabili che possono sparigliare il precario equilibrio energetico.

Perché siamo ancora troppo dipendenti dal gas si obietterà. Modifica il mix e salvaguardi consumatori e imprese. Corretto: nei primi 9 mesi 2024 il gas ha coperto il 46% della bolletta elettrica italiana, il 40% da fonti rinnovabili e restante da importazione. Sostanzialmente kilowattora nucleare dai nostri vicini francesi. Ecco, quindi, tutto si riconduce al solito problema di lentezza burocratica o mancata autorizzazioni a impianti solari e/o eolici, è la conclusione scontata. A ben vedere, nel 2024, i progetti di grandi dimensioni autorizzati sono aumentati del 27% per un totale di 7 GW addizionali rispetto al 2023 che già era un anno eccezionale per potenza installata. Bisogna avere il coraggio di riconoscere che aumentare la disponibilità di energie rinnovabili a basso costo di generazione va benissimo per scalzare le centrali a gas, ma non favorisce una redistribuzione del beneficio dei bassi costi operativi sulle bollette delle famiglie e delle imprese.

Fintanto che il meccanismo di formazione del prezzo dell’elettricità sul mercato all’ingrosso si basa sul costo marginale dell’ultimo impianto che serve per coprire la domanda, fosse anche per coprire meno di un megawattora, sarà ancora il gas a fare il prezzo alla borsa elettrica. E gli impianti fotovoltaici installati con i precedenti conti energia, praticamente la metà della potenza fotovoltaica installata in Italia, incassano la somma tra l’incentivo ricevuto e il prezzo di borsa. Il margine tra il costo di produzione di 50euro/MWh per un impianto fotovoltaico a terra e il prezzo all’ingrosso mediamente oltre 100 euro nel 2024 (fonte energy-charts.info) permette di realizzare un generoso extra profitto finanziato da imprese e consumatori.

Come viene ben sintetizzato: se è il gas che fa il prezzo dell’elettricità all’ingrosso, sono gli oneri di sistema che fanno la bolletta. E lì finiscono non solo gli incentivi, ma anche i costi per gli investimenti in accumuli, nell’adeguamento delle reti, il corrispettivo ai produttori di energia modulabile che si impegnano a essere disponibili a fornire elettricità quando le energie non programmabili non producono. Insomma, sono tutti costi “nascosti” che fanno sì che le energie rinnovabili costino poco, ma si fanno pagare tanto. Da cui l’ipotesi di un disaccoppiamento tra il prezzo dell’energia rinnovabile da quella prodotta con il gas il quale in prospettiva avrebbe un ruolo residuale di bilanciamento del sistema. E nel medio termine questo potrebbe coperto dal nucleare. Come avviene in Francia dove il prezzo medio dell’energia all’ingrosso è stato di 58 euro/MWh.

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(grafico tratto da “I nemici delle rinnovabili” AA.VV)

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