Il Partito Comunista Italiano da un giudizio fortemente negativo della Legge di bilancio approvata
dal Governo di destra guidato da Giorgia Meloni in quanto indebolisce ulteriormente il diritto alla
salute dei cittadini italiani e non presenta misure appropriate per il necessario e urgente rilancio del
nostro Servizio Sanitario Nazionale.
Vediamo quindi il perché di questo giudizio negativo passando sinteticamente in rassegna sia gli
elementi di cornice in cui si colloca la Legge di Bilancio, sia i suoi contenuti più rilevanti, per poi
richiamare le misure che a nostro giudizio vanno adottate per sostenere il diritto alla salute degli
italiani.
# I bisogni di salute prioritari in Italia derivano da una serie di determinanti complessi tra cui:- una situazione demografica che vede un progressivo aumento delle persone in età avanzata;- una situazione epidemiologica che vede prevalere, per lo più nelle età avanzate, le malattie cronico
degenerative (diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, tumori, demenza…) e le loro complicanze
(infarti, ictus,…) da cui è difficile guarire – anche perché la ricerca non viene orientata in questo
senso – e di cui si cerca di ridurre l’aggravamento attraverso esami periodici e terapie
farmacologiche di lungo periodo, quando una azione efficace per il loro controllo richiederebbe una
appropriata programmazione socio sanitaria di interventi integrati basati su promozione salute,
prevenzione ambientale ed individuale ed una forte rete di servizi sociale e sanitari territoriali che si
collegano con servizi ospedalieri di cura e riabilitazione.
Dato che manca da decenni un Piano socio sanitario nazionale degno di questo nome, nel nostro
Paese persistono condizioni di disequità di accesso alle cure efficaci con gravi squilibri tra Nord e
Sud.
Tali squilibri non possono essere organicamente affrontati dalle gestione regionali della sanità, e
sono aggravati da politiche di contenimento della spesa che comportano, tra i vari effetti negativi:- riduzione del personale per blocco del tourn over e concorrenza con il privato e tra regioni e
territori per i professionisti in servizio;- centralizzazione dei servizi con la conseguenza di produrre spoliazione dei territori periferici e dei
piccoli comuni e, con l’autonomia differenziata, di avviare processi di ricolonizzazione interna;- un progressivo indebolimento dell’assistenza socio sanitaria territoriale che lungi dall’essere
potenziata, come si è detto da più parti durante la pandemia Covid, vede una crescente erosione
della medicina generale, della pediatria di libera scelta, dei servizi territoriali delicati (salute
mentale, consultori, salute infanzia e minori, etc) e delle attività di prevenzione primaria nei luoghi
di lavoro e ambientale a fronte di un inaccettabile numero di morti sul lavoro ed un crescente
inquinamento delle matrici aria, acqua e suolo, degli alimenti e dei corpi, come dimostrano i bio
monitoraggi.
Le politiche di supporto al privato hanno fatto crescere, pur in assenza di evidenze scientifiche
sulla sua non inferiorità rispetto al pubblico, la spesa diretta dei cittadini (circa 740 € all’anno), il
ricorso alle assicurazioni sanitarie private (almeno 15 milioni di polizze trainate soprattutto dagli
accordi contrattuali) e il ricorso al privato accreditato in primo luogo nei servizi di diagnostica e
specialistica (circa 60% dell’offerta), quelli residenziali (circa 80%), quelli ospedalieri (circa 30%)
con l’aggravante che tra gli effetti negativi del privato in sanità vi è l’iper prescrizione, il che
concorre a determinare insieme ai fattori demografici, epidemiologici ed organizzativi sopra
richiamati, ed alla scelta di non fare prevenzione delle malattie cronico degenerative per favorire
l’industria farmaceutica, il fenomeno delle liste di attesa.
## In questo quadro di avanzata disarticolazione della sanità pubblica si aggiungono i problemi che
derivano dalle scelte di politica economica dell’Unione Europea : questa ha deciso, in ciò
appoggiata anche dal Governo italiano in carica, di rilanciare le politiche di austerità. Le nuove
regole economiche europee prevedono la redazione del Piano Strutturale di Bilancio, strumento
programmatico pluriennale articolato in misure programmatiche e misure di contenimento, che nel
caso italiano consistono in una riduzione di spesa pubblica di almeno 13 miliardi all’anno per i
prossimi 7 anni.
La legge di Bilancio approvata dal Governo Meloni si allinea quindi alle politiche dell’Unione
Europea di austerità selettiva, che chiamiamo così in quanto colpisce selettivamente lavoratori e
pensionati.
In ossequio ai dogmi del neoliberismo le politiche europee di austerità e quelle del Governo Meloni
non operano sul versante dell’aumento delle entrate attraverso tassazioni di profitti, grandi redditi e
lotta alla evasione e all’elusione fiscale e contributiva ma intervengono sul versante della riduzione
della spesa netta in termini reali, con riduzione della spesa pubblica per la sanità, l’istruzione e la
ricerca, le politiche sociali, gli investimenti pubblici, i salari e le pensioni.
Cresce solo la spesa militare.
Così per la sanità i provvedimenti contenuti nella Legge di Bilancio si articolano in:
a) riduzione progressiva della spesa pubblica rispetto al Prodotto Interno Lordo: a fronte di un
incremento medio annuo nominale del PIL pari al 3%, il Fondo Sanitario Nazionale cresce del
1,78%, determinando una riduzione tendenziale del già ora insufficiente finanziamento della Sanità
Pubblica che oscillerà intorno al 6% del PIL, distanziandosi ulteriormente da quello degli altri
principali paesi europei dove è pari all’8% per Francia, Germania e Regno Unito mentre la spesa
pubblica pro capite da noi è di 2500 € contro valori di 4400, 5500 e 3800 (dati OCSE );
b) incremento del ricorso al privato accreditato che si realizza tramite l’aumento del tetto di spesa
per i soggetti privati accreditati dello 0,5% per il 2025, dell’1% a decorrere dal 2026 e viene
finanziato con un aumento di 61,5 milioni di euro nel 2025 e di 123 milioni di euro dal 2026;
c) una serie di misure specifiche (incrementi tariffari minimi, aggiornamento LEA, Piano
pandemico, supporto buon esito trapianti, dematerializzazione ricette, accordi regionali per la
mobilità sanitaria, indennità per il personale dei pronto soccorso, spesa farmaceutica, cure
palliative, formazione specialistica, professionalità psicologiche negli istituti penitenziari, indennità
specifiche per la dirigenza sanitaria medica, non medica e per il personale infermieristico,
premialità per le regioni adempienti nella riduzione liste di attesa, prestazioni sanitarie erogate dalle
comunità terapeutiche, incremento del programma pluriennale straordinario di edilizia sanitaria ed
ammodernamento tecnologico) per lo più non strutturali, in rari casi episodicamente positive ma
con rinvio a modalità applicative da definire ulteriormente, nel complesso sempre flottanti perché
non inserite in un organico quadro programmatico.
Senza entrare nel merito dei singoli provvedimenti è appena il caso di far osservare che:- l’aggiornamento dei LEA avviene in un contesto in cui diverse regioni non riescono a garantire
quelli fino ad oggi definiti, aspetto su cui si preferisce glissare;- sulla spesa farmaceutica, dove quella ospedaliera è praticamente fuori controllo, non si interviene
attraverso una revisione della reale efficacia pratica di molti farmaci soprattutto oncologici, che
hanno costi elevatissimi fino a 450.000 € per ciclo terapeutico, mentre la prevenzione primaria che
è sempre più costo-efficace non viene realizzata;- la premialità per le regioni adempienti nella riduzione delle liste di attesa non interviene sui
determinanti che le generano;- del pari, gli accordi tra regioni sulla mobilità sanitaria non sono supportati da adeguati
investimenti strutturali.
Sulla base di quanto sinteticamente sopra esposto possiamo affermare che:- continuano le politiche di supporto al privato in sanità da parte dello stato neoliberista italiano in
una cornice europea che vede il ritorno delle politiche di austerità per finanziare le spese belliche;- si continua a non adottare una programmazione socio-sanitaria nazionale seria, l’unica in grado di
recuperare equità di accesso alle cure efficaci e superare le inefficienze sistemiche delle
programmazioni ( quando ci sono!) regionali, in vista addirittura di un potenziamento delle
disequità con l’autonomia differenziata;- il mix di interventi ed omissioni adottato con la legge di bilancio comporta un ulteriore
impoverimento dell’offerta pubblica ed ha un effetto pro attivo sull’apertura di spazi ulteriori
all’offerta privata, sia con vantaggi per il settore assicurativo dove assistiamo a manovre
opportunistiche di matrice bypartisan (Unipol Sai, Lega Coop sulla long term care) sia con aumento
della quota di spesa diretta dalle tasche dei cittadini, dove pesano odontoiatria, oculistica, esami di
laboratorio e visite specialistiche, facendo così dei bisogni di salute una occasione di valorizzazione
del capitale e di arricchimento dei privati: i fruitori di questo welfare volutamente sotto finanziato e
mal gestito ricevono un “servizio per poveri”, venendo con ciò umiliati e puniti per non aver avuto
successo nel divenire imprenditori di se stessi.
Il PCI si batte per sostenere azioni politiche volte tanto a contrastare la privatizzazione del nostro
SSN quanto a sostenerne la ripubblicizzazione partecipata , in un opportuna combinazione di:- azioni dal basso di resistenza alla spoliazione di servizi nei territori;- lotte all’inquinamento ambientale;- lotte alla nocività ed agli omicidi nei luoghi di lavoro;- posizionamenti espliciti con le forze politiche della sinistra di classe per una efficace
programmazione socio sanitaria nazionale;- posizionamenti espliciti con le forze sindacali per una inversione delle politiche concertative e
delle commistioni con i settori assicurativi privati.
Per una analisi più dettagliata di Dimensioni processi ed esiti del privato in sanità e delle nostre
proposte politiche in sanità rimandiamo a quanto da noi già pubblicato nel sito del PCI
(https://www.ilpartitocomunistaitaliano.it/2024/09/29/rischi-danni-e-costi-del-privato-in-sanita/).
Carlo Romagnoli
Dip. Welfare, Salute, Sanità e Servizi Sociali PCI
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