Aveva 23 anni Blanca Ojanguren Garcia, la ragazza spagnola uccisa da un elefante pochi giorni fa in Thailandia. La giovane aveva preso parte a una di quelle attività turistiche in cui gli elefanti vengono fatti interagire con i visitatori nei “santuari” dove viene raccontato che si tratta di animali recuperati e quindi i turisti possono fare il bagno e lavare gli elefanti, li possono alimentare e coccolare senza troppo peso sulla coscienza.
Sembra che Blanca purtroppo si sia approcciata nel modo sbagliato all’elefante durante il bagno al fiume. Stando alle ricostruzioni dei testimoni infatti, la giovane si sarebbe messa davanti all’animale e questo, stressato e spaventato, l’avrebbe attaccata trafiggendola con la zanna. Questa tragedia, purtroppo, è solo la punta dell’iceberg di un turismo malsano fatto sulla pelle degli animali che ogni anno sfrutta 500.000 animali, di cui più di 4.000 sono solo elefanti in Thailandia.
“I centri di tutto il mondo stanno sfruttando i buoni propositi e l’ingenuità dei viaggiatori aggiungendo la parola santuario ai loro nomi e rivendicando di aver salvato gli animali. I viaggiatori etici cercano tali escursioni, ma molte di queste strutture non riescono a soddisfare nemmeno i principi più basilari dei veri santuari”, affermano da PETA.
Secondo un’indagine della World Animal Protection – l’associazione scientifica internazionale che si occupa di turismo etico con la fauna selvatica –, su 3837 elefanti in 357 sedi in tutta l’Asia, il 63% vive in condizioni gravemente inadeguate. ”Quando non si esibivano, erano trattenuti da catene corte in condizioni rumorose e sporche, avevano una dieta povera e ricevevano cure mediche molto limitate”, si legge nel report. “Gli elefanti sono spesso tenuti in isolamento. Gli elefanti sono animali estremamente sociali, quindi separare i giovani elefanti dalle loro madri provoca gravi traumi, soprattutto quando vengono poi trattenuti con catene per sfinirli mentre si abituano a stare isolati. Ciò può portare a sintomi da disturbo post-traumatico da stress.”
Purtroppo molto spesso i santuari in Thailandia si travestono da realtà etiche, facendo un vero e proprio greenwashing, facendo credere ai turisti che gli animali ospitati sono stati recuperati perché orfani, feriti o salvati strutture in cui erano sfruttati e venivano fatti cavalcare ed esibire. Con questa scusa i santuari permettono ai turisti di interagire con gli elefanti, di coccolarli, alimentarli, farsi il bagno con loro ed entrare a stretto contatto con i pachidermi. Le persone credono così di fare una cosa giusta ed etica, contribuendo al benessere e alla sopravvivenza di questi animali recuperati.
Negli anni la consapevolezza e la sensibilità dei visitatori occidentali è aumentata moltissimo, facendo sì che il business dalle passeggiate in groppa agli elefanti venisse sostituito dalla nascita di nuovi centri, i presunti santuari “etici”. Si tratta di strutture zoologiche che, in maniera molto furba, cercano di attirare i turisti più responsabili catturando la loro attenzione con l’illusione di fornire una valida alternativa ai posti in cui è possibile invece cavalcarli. Ma la realtà che si nasconde dietro questi falsi santuari etici è ben diversa.
Qualsiasi struttura che vi permetta di interagire con gli animali selvatici ospitati non sta facendo alcun lavoro di sensibilizzazione, recupero o conservazione. Nessuna struttura valida ed etica permetterebbe al turista di stare a stretto contatto con gli animali, che siano questi elefanti, scimmie, delfini, orsi, leoni o bradipi. Gli animali ospitati all’interno dei centri di recupero seri, sebbene non possano tornare in libertà, sono comunque rispettati nella loro selvaticità e pertanto nessun essere umano può interagire con loro.
Nei falsi santuari che si spacciano per centri di recupero – ma centri di recupero in realtà non sono – gli animali invece vengono utilizzati come attrazione per il turismo e le visite al centro diventano in realtà una sfilata di selfie e spettacolarizzazioni degli animali: dalle coccole ai bagni, dalle carezze alle passeggiate fianco a fianco.
È importante ricordare che gli animali selvatici che si trovano in qualsiasi condizione di cattività rimangono sempre selvatici, anche dopo decenni a contatto con l’essere umano. Sono selvatici a livello biologico, neuroendocrino, fisiologico ed evolutivo. Sono selvatici nella loro etologia e nelle loro indoli innate. Quello che succede a un animale selvatico che purtroppo vive e interagisce con l’essere umano è la perdita della sua diffidenza e del suo istinto selvatico, spesso a causa di ricatto alimentare o di imprinting, ma non sarà mai un animale domestico e pertanto l’interazione con le persone sarà sempre qualcosa di innaturale che esula dal suo repertorio comportamentale specie-specifico.
Gli elefanti coccolati e lavati che vediamo nelle foto e nei video sui social quindi sono animali utilizzati e maltrattati per turismo, anche se quello che viene raccontato è romanticamente edulcorato facendo passare tutto per un’esperienza etica di salvataggio e amore per gli animali. Recentemente infatti anche il National Geographic ha mostrato al grande pubblico cosa si nasconde davvero dietro il turismo con gli elefanti: “Cavalcare gli elefanti non è l’unica pratica ingiusta e non etica che potrebbe essere proposta“, avverte la testata.
“Gli elefanti non hanno bisogno di assistenza per mangiare o lavarsi, quindi per mantenere intatta la tua morale non collaborare con santuari che permettono ai turisti di cavalcare, fare il bagno, nutrire o toccare gli elefanti. Scegli solo quelli in cui gli elefanti sono liberi di vivere come vogliono e non vengono forzati a eseguire performance quali dipingere con la proboscide o stare con gli umani a farsi lavare o abbracciare”. Per aiutarvi a scegliere, la World Animal Protection ha stilato una lista di santuari etici di elefanti in Asia.
Per concludere, voglio fare un gioco di empatia. Immaginate di essere un elefante, magari con un passato di abuso, e di ritrovarvi ogni giorno circondati da decine di turisti che vi calciano acqua addosso, abbracciano la vostra proboscide e si cercano di avvicinare a voi anche contro la vostra volontà. Per voi un abbraccio non vuol dire niente, un bacio non è una forma di amore e tutto quello che vorreste è essere rispettati nella vostra selvaticità e nella vostra individualità. Invece ogni giorno, quando vi slegano dalle catene, siete obbligati a diventare mascotte per centinaia di turisti che vi accerchiano per interagire con voi.
Empatizzate, se riuscite, e sono sicura che comprenderete il disagio di quei poveri elefanti costretti a questa vita da clown.
Empatizzate e comprenderete, forse, anche il disagio e lo stress di quell’elefante che suo malgrado ha ucciso Blanca, a sua volta vittima. Entrambe vittime di un turismo malsano e antropocentrico. Vittime dell’ignoranza, vittime di un business fatto sulla pelle degli animali. La conoscenza è davvero l’unica risorsa che abbiamo per salvaguardare le vite degli animali umani e non umani.
Per saperne di più ascolta il pocast di Chiara Grasso e consulta la nostra guida al benessere animale.
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