La biologia e l’organizzazione: parallelo sostenibile?
Potrebbe sembrare quasi blasfemo associare questi due mondi, molto lontani. Eppure ci sono molti punti di contatto che vi proporrò a sostegno di questa tesi, consapevole di possibili critiche.
La biologia si dedica agli organismi viventi. Aiuta a farci cogliere gli aspetti salienti mettendo in evidenza le ricadute. Usiamo qui il termine organizzazione in senso lato, comprendendo tutte quelle realtà che sono utili e favoriscono la permanenza dei viventi.
Andiamo alla scoperta dei principi base della biologia, in ordine sparso. Il coraggioso passo successivo consisterà nella loro rilettura in chiave “aziendale”.
FOCUS SULLA BIOLOGIA
Senza avere l’ambizione di fare una esposizione completa, richiamo alcuni temi portanti.
1. La selezione naturale
Darwin ha esposto la tesi secondo cui sopravvivono gli individui che sono ben adattati all’ambiente, dando così luogo alla selezione naturale. Attenzione: Darwin non ha sostenuto che vince il più forte; sarebbe un’interpretazione non coerente: la visione del più forte, darebbe ad intendere che l’esito sia frutto di una lotta.
Tutti gli organismi vivono in un ambiente che ha certe caratteristiche. Se avvengono cambiamenti alcuni soggetti si troveranno svantaggiati e altri favoriti. Quindi non avviene una lotta: semplicemente chi è in grado di far fronte ai cambiamenti, supera la selezione.
L’esempio storico in letteratura è quello della farfalla notturna Biston Betularia , insediata sul tronco delle betulle. La varietà bianca era ben più numerosa rispetto a quella nera: si mimetizzava con il colore bianco del tronco. Arriva l’era industriale che copre i tronchi di fuliggine. L’equilibrio fra le due varietà muta: quelle nere risultano favorite in quanto si salvano dai predatori. È la dimostrazione di come agenti esterni – attività industriale dell’uomo e predatoria degli uccelli insettivori – sono gli agenti scatenanti della selezione naturale.
2. La variabilità
La selezione naturale ha come terreno di gioco la variabilità: se gli organismi di una categoria sono uguali, un evento imprevisto sfavorevole, stermina tutti. Se c’è invece di base una variabilità (v. esempio Biston Betularia) ci sono buone probabilità che quella particolare differenza rappresenterà un vantaggio per la sopravvivenza della specie.
3. La dominanza
Il cervello indirizza le nostre azioni e ne elabora gli esiti. È costituito da due emisferi, simili ad un gheriglio di noce. Gli studi hanno dimostrato che esiste una “dominanza emisferica”, ovvero che una metà ha naturalmente un ruolo dominante sull’altra.
Nell’uomo lo scettro della dominanza va all’emisfero sinistro, che governa, fra gli altri, il linguaggio e le funzioni motorie della parte destra del corpo. Ci sono analogamente casi in cui l’emisfero destro è dominate. Questa seconda situazione non è considerata anomala, bensì diversa. Finalmente adesso non viene più imposto ai bambini di scrivere con la mano destra: si ha il dovuto rispetto per i mancini.
Però quando non c’è la dominanza di un emisfero sull’altro, nascono problemi, con disagi comportamentali o malattie.
4. La quantità
I cromosomi sono i portatori della memoria genetica della specie. Si assegna a questi elementi cellulari un ruolo determinante per il governo della cellula. Ogni specie è caratterizzata da un numero e nella cellula sono presenti a coppia. Nell’uomo ci sono 23 coppie.
Non possiamo ritenere che il numero attesti il livello di evoluzione. Se indaghiamo scopriamo che il numero è variabile: l’elefante 56, il riccio 88, la giraffa 62, il canguro 12, …
5. Il quanto basta
Espresso nelle dosi con Q.B., sta alla base della vita: il troppo può diventare penalizzante! Ad esempio, richiamiamo i cromosomi nell’uomo: 23 coppie, per un totale di 46. Modifiche del numero di cromosomi hanno effetti sull’individuo. Ad esempio la presenza di un cromosoma in più genera la Sindrome di Down, situazione che fino ad anni fa veniva affrontata con l’isolamento del portatore.
Questo criterio vale per i componenti della cellula e degli organi: “più” non è meglio! Non corrisponde ad un vantaggio, bensì genera problemi di vario tipo.
RIPROPOSIZIONE DELL’ORGANIZZAZIONE
Siamo arrivati al momento clou: azzardare l’applicazione dei criteri della biologia, che riguarda gli organismi viventi, alla operatività e al successo delle organizzazioni che offrono prodotti o servizi.
In ogni settore sono presenti più soggetti produttivi. Le differenze arricchiscono il mercato e propongono varie alternative al cliente. Cambiano i contesti in relazione ad eventi finanziari, climatici, geo politici, legati alla tecnologia, etc. Chi si trova in pole position e si permette di adagiarsi sugli allori, senza curarsi delle modifiche del contesto, corre il serio rischio di essere superato e ben presto tagliato fuori. Nello scenario socio-economico abbiamo visto diversi soggetti perdere il predominio a seguito di nuove scelte del mercato. In altre parole avviene una sorta di selezione naturale legata alla capacità di risposta ai cambiamenti.
Il cliente è sempre più esperto e documentato, attingendo informazioni da una pluralità di fonti, stando in posizione off line e on line, e informandosi tramite le recensioni. La rigidità della proposta (prodotto o servizio, o entrambe) limita la scelta: il cliente potrà non trovare la soluzione ben calzante alle sue esigenze e desideri. Nelle organizzazioni la variabilità della proposta viene coltivata grazie ad un accurato e continuo ascolto del cliente e del mercato, riuscendo così a creare un ventaglio di alternative che possono avere buone probabilità di fare centro.
L’organizzazione nasce e produce in logica di Sistema, ovvero grazie ad elementi diversi che collaborano per conseguire un obiettivo comune. Se è eppur vero che in ottica di sistema tutti gli elementi sono importanti, inevitabilmente nasce la necessità di definire gli ambiti di responsabilizzazione. Per esempio, nel processo, inteso come gioco di squadra, ogni soggetto coinvolto risponde dei compiti assegnati. Il process owner deve dar conto dell’esito finale del processo. Pertanto, qualora questo dovesse apparire compromesso, ha l’autorità di intervenire sulla dinamica del processo, con un ruolo di dominanza.
La ricerca della soluzione di interesse per il cliente è un impegno never ending. Mossi da questo intendimento, occorre evitare di cadere nell’errore di strafare. L’azione del rinforzo di una componente o di una funzione del prodotto/servizio elaborata all’interno, in chiave autoreferenziale, sottovalutando ciò che per il cliente o il mercato ha valore, diventa un penalizzante autogol: maggiori spese interne con riduzione di guadagno. La capacità di dosare le quantità dei requisiti del prodotto/servizio e delle risorse diventa un fattore vincente.
Le risorse messe in gioco dall’organizzazione devono essere ben calibrate nei confronti delle due categorie di misurazioni: efficacia, conseguimento dell’obiettivo e efficienza, utilizzo ottimale delle risorse. Mettere in gioco maggiori sforzi senza averne valutato le ricadute, potrebbe non incrementare i risultati. Per dosare il Quanto Basta nel ricorso a risorse (persone, infrastrutture, macchinari, tecnologia, …) uno strumento molto valido è l’utilizzo dell’approccio per processi che guida alla valorizzazione per conseguire gli obiettivi.
Autocritica sul parallelo
Questa visione è frutto di una mia rielaborazione delle conoscenze e esperienze: in campo biologico-etologico iniziali, e quelle di gestione organizzativa da circa trent’anni.
Quali riflessioni può generare questo parallelo? Quello che governa l’ambito biologico è frutto di equilibri e accadimenti “naturali”, mentre i travagli del mondo produttivo sono generati dall’uomo. Pertanto possiamo “imparare” da ciò che avviene in natura.
Purtroppo questa visione oggi è alterata. La causa sono gli interventi dell’uomo. La fase geologica che stiamo vivendo è stata battezzata “Antropocene”. Si differenzia enormemente dalle altre: le precedenti erano caratterizzate da attività mirate a compensare i danni di eventi naturali. Quella attuale invece deve correre ai ripari da danni causati dall’uomo. E questa osservazione ci fa riflettere sulla validità della dizione a noi riferita di homo sapiens.
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