Sala e Abedini, la politica viene prima del diritto

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La decisione dello scambio è tutta politica. Il diritto si è limitato a sistemare ex-post ciò che nei segreti labirinti del Politico è stato deciso ex-ante. Nessuno scandalo, basta saperlo. Così come occorre sapere che si tratta di un precedente destinato a lasciare un segno

Cosa racconta la liberazione, da tutti attesa, ma forse non in questi tempi e in questi modi, di Mohammad Najafabai Abedini, l’uomo dei droni reclamato con tanta insistenza dagli americani prima della presa in ostaggio di Cecilia Sala? Paradossalmente, ma non troppo, nulla più di quanto si sapesse o immaginasse. La decisione italiana conferma la natura politica dello scambio tra Roma e Teheran, con tanto di avallo delle due Americhe: quello, a denti stretti, dell’uscente anatra zoppa Biden; quello spiccio, e sostanzialista, dell’uragano Trump, che tutto voleva risolto per il suo insediamento e, nel caso specifico, è parso interessato, più che a posizioni di principio, a strette relazioni con Roma, alla quale pensa come avamposto delle proprie posizioni politiche antieuropee.

Una scelta inevitabile

Fin dall’inizio, la soluzione non poteva essere che “Sala contro Abedini” . Tutto il resto si poteva sistemare: a partire dalle motivazioni giuridiche. Più che mai, in simili casi, il diritto viene sospeso. Del resto, sovrano è colui che decide nello stato di eccezione, sosteneva Carl Schmitt. E, tanto perché qualcuno non fingesse di comprendere, il discusso ma autorevole giurista tedesco, sottolineava, nei meandri della “sapienza della cella” elaborata nel corso della sua detenzione a Norimberga, come diritto interazionale e diritto costituzionale, fossero esposti direttamente al Politico. Pericolo al quale il giurista «non può sfuggire neppure scomparendo nel nirvana del puro positivismo».

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Nella decisione del ministro della Giustizia di scarcerare immediatamente Abdedini, senza nemmeno attendere l’imminente pronuncia dei giudici di Milano – possibilità, questa, prevista dall’articolo 718 del codice di procedura penale –, il Politico emerge con tutta la sua forza.

Così come era emerso, spingendo in direzione diametralmente opposta, nelle convulse ore dell’imperativa richiesta Usa che esigeva l’arresto di Abedini, gravato da accuse destinate a spalancargli, seppure per pochi giorni, le porte del carcere di Rossano Calabro, dove vengono reclusi detenuti legati al terrorismo di matrice islamista.

Dal momento che siamo uno stato di diritto, Nordio motiva la decisione di scarcerare Abedini. Il ministero della Giustizia riconosce, così, in una nota ufficiale, che l’estradizione è possibile solo in presenza di reati previsti da Italia e Usa, condizione che «agli atti, non può ritenersi sussistente». Nella stessa nota si afferma che la violazione delle sanzioni Usa contro l’Iran non è punibile nell’ordinamento italiano; e che mancano gli elementi per provare che Abedini abbia fornito tecnologia, potenzialmente dual use, ai Pasdaran, o abbia dato vita a un’associazione a delinquere per sostenere quella stessa organizzazione. In punta di diritto, dunque, tutto è risolto e quello che per gli Stati Uniti è un “pericoloso terrorista” può essere liberato. Il caso è chiuso!

Un precedente

Ancora una volta, dunque, il pericolo evocato da Schmitt si palesa senza infingimenti. La decisione dello scambio, infatti, è tutta politica. Il diritto si è limitato a sistemare ex-post ciò che nei segreti labirinti del Politico è stato deciso ex-ante. Nessuno scandalo, basta saperlo e non ricamarci troppo sopra. Così come occorre sapere che si tratta di un precedente destinato a lasciare un segno.

Anche in Iran il diritto, che in quel paese ha le stesse fonti della teologia, cede il passo al Politico. Non senza prima che siano stati esibiti i muscoli con Roma. Sala è stata, strumentalmente, accusata di violazione delle leggi islamiche, fattispecie talmente vaga da consentire ogni soluzione. La sostanza è che l’ala dura del regime ha trasformato la giornalista in ostaggio per far liberare Abedini. E ci è riuscita.

Con Abedini a Teheran – Khoda Afez! Che Dio sia il tuo Guardiano! Grazie Italia! –, il cerchio si chiude. Ancora una volta, soccorre Schmitt , qui nelle vesti di lettore del Benito Cereno di Melville. Dice al provato recluso Cereno il suo ottimista liberatore: «Il passato è passato, perché farci la morale? Dimenticatelo… il sole ha dimenticato ogni cosa, e il mare e il cielo azzurro hanno voltato pagina». «Perché non hanno memoria» risponde l’ormai ex-prigioniero.

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