PIÙ TASSE?/ Rebus governo, chi scontentare per sostenere il “ceto medio”

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Le domande poste al Premier Meloni durante la prima conferenza stampa del 2025 le hanno consentito, seppure solo marginalmente, di parlare della riforma fiscale. Rispondendo alla domanda che le è stata rivolta, ha sottolineato gli interventi sin qui introdotti in ambito fiscale: taglio del cuneo, aliquote, decontribuzione, tasse. La domanda le ha dato anche l’opportunità di sottolineare come il suo Governo abbia “fatto una riforma fiscale e cercheremo di fare dei passi graduali e, risorse permettendo, credo quest’anno un’attenzione vada data al ceto medio”.



È di questi giorni la diffusione da parte dell’Istat dei risultati delle rilevazioni che istituzionalmente è chiamato a condurre. In particolare i dati diffusi hanno evidenziato che a novembre 2023 le vendite al dettaglio si sono ridotte, rispetto al precedente mese di ottobre, sia in valore (-0,4%) che in quantità (-0,6%). Tra i cittadini è diffusa la sensazione che il costo della vita sia influenzato dalle crisi belliche e dal basso livello dei salari e che quest’ultimo sia un’emergenza posto che incide sul potere di spesa di gran parte dei cittadini. Lo stesso Istat ha, infatti, confermato che il calo degli acquisti è dovuto anche all’inflazione che ha indotto la crescita della spesa per l’1,1%.

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Andando a guardare più nel dettaglio i risultati delle rilevazioni diffuse dall’istituto di statistica emerge che sono diminuiti sia gli acquisti di alimentari, sia quelli di altri tipi di prodotto. Emerge altresì che si è comprato di più negli ipermercati (+4,5%), nei supermercati (+3,9%) e discount (+4,4%), mentre è confermata la discesa degli incassi dei piccoli negozi (-0,9%). La riduzione della spesa ha indotto Assoutenti a richiedere al Governo di intervenire sui prezzi per tutelare il potere d’acquisto delle famiglie, in modo da far ripartire i consumi, sostenere il commercio e l’economia.



Forse sono questi dati che inducono il Governo a guardare al ceto medio. La leva fiscale può senz’altro essere un modo per aumentare il reddito disponibile dei cittadini, posto che gli strumenti per intervenire sui salari non sono facilmente azionabili.

Gli interventi per il sostegno al ceto medio che si vorranno introdurre richiederanno risorse finanziarie che al momento non è chiaro dove verranno trovate. Ma forse questo non pare neanche essere il tema principale, visto che più concretamente occorrerebbe individuare cosa sia il ceto medio.

Il Viceministro Leo lo aveva individuato nei percettori di reddito tra i 50 e i 60 mila euro. Alcuni commentatori ritengono che le partite Iva, avendo ricevuto sostegno dalla rivisitazione della flat tax, non possono essere il ceto medio e ciò malgrado le rilevazioni Istat abbiamo evidenziato, come spiegato in precedenza, un calo delle vendite nei piccoli negozi di vicinato. Ma la ricerca del ceto medio può individuarsi attraverso una misura quantitativa? Probabilmente no. Quello che manca nel dibattito in corso, già da prima delle recenti dichiarazioni del Premier, è, quindi, la definizione di ceto medio.

A ben guardare, infatti, il ceto medio può individuarsi in una fascia di cittadini molto variegata che rischia di essere molto ampia: famiglie monoreddito, famiglie con figli e così via. Senza una perimetrazione si rischia concretamente di far diventare il ceto medio come il centro politico. Quest’ultimo non lo si trova perché manca una proposta politica che sia capace di dare ascolto a questa componente ed essere da coagulo. La ricerca del ceto medio, dunque, rischia di essere un’attività vuota.

Da queste considerazioni emerge che assume un ruolo centrale l’individuazione del ceto medio che va sostenuto anche a costo di ingenerare un malcontento in alcune fasce della società. Il taglio delle detrazioni, le liste d’attesa nella sanità, l’inflazione, ecc. stanno mettendo a dura prova la vita delle famiglie. Il prossimo passo dell’azione fiscale sarà quello di scontentare qualcuno per dare sostegno al ceto medio?

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