MEDIO ORIENTE, situazione. Iran: quale futuro per il Paese e quale ruolo dell’Occidente?

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a cura di Ciro Maddaloni, esperto di e-government internazionale; articolo pubblicato l’11 gennaio 2025 da “Giornale Diplomatico”, https://www.giornalediplomatico.it/iran-quale-futuro-per-il-paese-e-quale-ruolo-dellaoccidente.htm  Quale futuro per l’Iran? Cosa deve fare l’occidente per ottenere finalmente una svolta democratica a Teheran? Queste domande sono quelle che si pongono tutte le cancellerie europee e dei Paesi occidentali, ma con una novità: quella che rispetto solo a pochi mesi fa la teocrazia sciita ha perso di colpo tutta la sua influenza nell’area mediorientale.

L’ATTUALE DEBOLEZZA DELLA REPUBBLICA ISLAMICA

La Repubblica Islamica è stata per oltre quarantacinque anni il maggiore attore regionale nel Medio Oriente, la sua influenza nell’area ha superato quella di Egitto, Israele e anche Arabia Saudita e Turchia. Tuttavia, in pochi mesi questa supremazia è svanita. Nei decenni scorsi l’Iran ha superato difficoltà enormi quali la guerra decennale con l’Iraq di Saddam, però è sempre riuscito a tenere testa a Israele. Adesso è un paese fortemente perturbato dalle contestazioni dei giovani al suo interno,  principalmente delle ragazze che non accettano più l’oppressione del regime degli ayatollah. Inoltre, è un paese debolissimo sul piano politico e militare.

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PERDITA DI ALLEATI E DI «PROXI»

Ha perduto in un solo colpo l’alleato siriano, che svolgeva una fondamentale funzione ai fini del transito delle armi dirette a Hezbollah, principale destinatario dell’assistenza di Teheran, di ogni tipo. Una organizzazione equipaggiata allo scopo di farla agire con un’indipendenza quasi totale all’interno del Libano, facendo ricorso alle azioni terroristiche contro Israele. Non solo: ha perso la copertura indiretta che gli garantiva la Russia, oggi totalmente impegnata nella difficilissima guerra in Ucraina, in più si trova in contrasto diretto con la Turchia, potenza militare ed economica emergente che sta imponendo la sua presenza sia nel Kurdistan che in Siria.

UN APPROCCIO NEI CONFRONTI DEGLI AYATOLLAH?

Per questa ragione è più che mai importante riaprire il dibattito su come i paesi occidentali e Israele dovrebbero gestire le loro relazioni con l’Iran. Riguardo a a questo argomento le opinioni non sono certamente omogenee. Alcuni, come la Francia, vorrebbero continuare ad aiutare l’Iran nello sviluppo dell’energia nucleare pacifica e allentare molte delle sanzioni commerciali oggi vigenti. Altri, invece, rinvengono l’opportunità di pervenire dopo quasi mezzo secolo al superamento della Repubblica islamica. In questi casi occorrerebbe applicare la massima cautela sia nelle azioni da porre in essere, che sul coinvolgimento della dissidenza interna all’Iran e sulle sanzioni economiche da comminare, per spodestare il sistema politico esistente e sostituirlo con qualcosa di “migliore”.

OBIETTIVI E COMPROMESSI

Il problema non è esclusivamente quello relativo agli obiettivi, bensì anche ai compromessi che sarà necessario accettare al fine di giungere alle soluzioni desiderate, stabilendo priorità e tempi di attuazione delle varie opzioni disponibili. Le scelte, infatti, non sono tra negoziazioni diplomatiche e uso della forza, ma su come creare un giusto bilanciamento tra queste azioni, tenendo bene a mente anche le conseguenze che esse potranno inevitabilmente avere sulla popolazione iraniana, alla quale andrebbe evitato in tutti i modi di dover subire ulteriori sofferenze. L’approccio più promettente potrebbe essere quello del perseguimento dell’ambizioso obiettivo del rimodellamento della politica di sicurezza nazionale della Repubblica Islamica attraverso la diplomazia.

DIPLOMAZIA E FORZA

Una diplomazia condotta sullo sfondo della capacità e della volontà di usare la forza militare qualora Teheran si rifiutasse di rispondere adeguatamente alle preoccupazioni dell’Occidente. La posta in gioco è grande. Quello che verrà deciso avrà importanti implicazioni non solo per il Medio Oriente, ma anche per il resto del mondo, con riverberi importanti sul mercato del petrolio, che potrebbero ingenerare problemi serissimi specialmente in Europa, oggi alle prese con una crisi industriale e sociale diffusa. Alcuni analisti hanno sostenuto la necessità di rinunciare a questo sforzo diplomatico e optare direttamente per l’uso della forza militare per far cadere il regime teocratico nel più breve tempo possibile.

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FALCHI, COLOMBE E STRATEGIE

I falchi auspicano un attacco mirato alle installazioni del programma nucleare iraniano, che cagionerebbero la distruzione dei siti per la fabbricazione di ordigni nucleari. Al contrario, le colombe evidenziano come un’operazione militare contro la Repubblica Islamica porterebbe a un arretramento di tutti gli sforzi di pacificazione e di dialogo per lungo tempo profusi, con le ulteriori negative conseguenze di consentire al regime teocratico di consolidare il proprio consenso (quindi il potere) all’interno del Paese, e fornirgli l’appiglio giustificatorio della «necessità» di dotarsi di armi nucleari.

I PERICOLI DI UN’IRAN MESSO NELL’ANGOLO

L’Iran non va sottovalutato, sebbene i suoi proxy e il suo sistema di difesa siano stati fortemente ridimensionati. Anche se isolato, potrebbe ancora lanciare azioni di rivalsa contro Israele e, certamente, intensificherebbe i finanziamenti del terrorismo contro i Paesi occidentali. I prezzi del petrolio e del gas aumenterebbero immediatamente, scatenando pressioni inflazionistiche a livello globale, deprimendo così la crescita economica. Inoltre, una dinamica di mercato del genere finirebbe per favorire la Russia di Vladimir Putin, che ha un immenso bisogno di risorse fresche per continuare la sua disastrosa guerra in Ucraina. Dunque, soppesando pro e contro, meglio sarebbe utilizzare cautela e forza nelle giuste dosi per riportare il regime iraniano a più miti consigli, sfruttando questo suo momento di accentuata debolezza.



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