L’asservimento di molte big tech americane verso Donald Trump ha un solo mantra: il free speech. A prima vista, un diritto sacrosanto: chi contesterebbe la libertà di pensiero e di parola? Chi negherebbe il principio che ha reso l’Occidente libero e prospero, aprendo secoli di avanzamenti culturali e scientifici?
Tuttavia, l’idea di free speech alimentata dalla nuova destra americana e dalle sue propaggini europee è, in realtà, una perversione del concetto di libertà, e si qualifica come un movimento culturale profondamente anti-occidentale. In questa concezione, che trova in Elon Musk il suo ideologo e in Mark Zuckerberg un nuovo, opportunistico seguace, il free speech è la libertà di poter dire qualsiasi cosa, scevri da parametri, dati, valori o criteri di verifica.
Il concetto occidentale di libertà, però, così come si è affermato nel corso della nostra Storia e culminato nell’Illuminismo e nella scienza moderna, è diverso e opposto: è il diritto a dire qualcosa, avocando a sé dati, valori e criteri oggettivi per sostenere una tesi di fronte a un potere (religioso, politico e/o culturale) che la reprime. La libera circolazione delle idee è lo strumento fondamentale per arrivare, attraverso un processo di tesi, confutazioni e riformulazioni, a una verità ultima.
Difendere questa libertà non è legittimare ogni idea al pari delle altre, ma anzi un modo per vagliare le idee stesse; il conflitto tra tesi non è lo stato finale a cui rassegnarsi, ma la situazione di partenza dalla quale arrivare a rinvenire la verità, sia essa un dato scientifico, o un valore culturale. Non si tratta, insomma, di equiparare ogni idea nel suo prodotto finale, ma di sottoporre ogni idea allo stesso processo di verifica veritativa. La libertà di pensiero, di parola e di stampa, non è figlia di un relativismo morale, ma la condizione necessaria da cui poter far nascere le idee, generando il progresso attraverso il conflitto tra esse.
Giordano Bruno non si è fatto ardere vivo perché gli premeva che le sue idee fossero considerate altrettanto legittime di quelle dei suoi repressori, bensì perché riteneva che le sue idee fossero più corrette delle loro. Anzi, proprio l’esistenza di una verità scientifica oggettiva ha fatto si che in alcuni casi si potesse, addirittura, rinunciare a difenderla: è il caso di Galileo, che abiura per non fare la fine di Bruno, ma che con il suo “eppur si muove” afferma proprio la fede nell’insopprimibilità della verità, al di là di ogni esito del processo inquisitorio (non è un tribunale a stabilire quanto faccia due più due).
Già Hegel sosteneva che la libertà assoluta coincide, in realtà, con l’annullamento della libertà stessa. Il free speech muskiano, dietro la più strenua difesa della libertà, propone un indifferentismo in cui non esistono verità ultime, perché ogni tesi è uguale alle altre. In ciò, nega il rapporto occidentale tra libertà delle idee e progresso, in favore di un modello dove nessuna idea può ritenersi più vera delle altre, e si impone dunque grazie alla massa che la ritiene vera (pur in assenza di criteri veritativi) e agli strumenti con cui questa massa è stata condizionata.
L’idea di libertà dietro il free speech di Trump e Musk è anti-occidentale, perché capovolge i valori dell’illuminismo e della modernità europea; anti-scientifica, perché disconosce di fatto i criteri per distinguere il giusto e lo sbagliato; anti-liberale, perché l’assenza di criteri con cui valutare la veridicità di un’idea fa si che la sua legittimità derivi dalla forza con cui la si impone, in un ritorno perverso di quei poteri repressivi che il free speech dichiara di voler combattere (del resto, la piattaforma di Musk non è un campo neutro ma un luogo progettato affinché gli algoritmi diffondano alcune idee più di altre).
Il passaggio tra fact checking a community notes o la migrazione tra social network meno compromessi politicamente sono fenomeni superficiali rispetto al nucleo della questione: nelle nostre società si fa strada un’idea di libertà deteriore, perversa e anti-occidentale, che baratta l’anelito alla verità e al progresso con una libertà balorda che non è altro che asservimento politico e nichilismo culturale. Il vero terreno di scontro culturale e politico contro i tech guru che parlano di free speech ma sono privi di qualunque formazione umanistica, pertanto, sarà la riaffermazione della libertà come strumento di valutazione e fondazione delle idee, un neo-umanesimo illuminista contro chi sostiene la libertà come nichilismo.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link