Finte start up, truffa milionaria: così i capitali sparivano in Lettonia

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Hanno raccolto, dal 2015 al 2017, diversi milioni di euro nella Marca e nel Veneto – almeno 6 – assicurando rendimenti vantaggiosissimi, a doppia cifra, grazie ad investimenti in Lettonia nel settore delle telecomunicazioni. Ma poi gli investitori – trevigiani in particolare, ma anche bellunesi, vicentini e veronesi (e pordenonesi) – convocati in diversi alberghi italiani, non hanno più visto nulla, se non che le somme versate si erano volatilizzate lungo sentieri bancari che dall’Est Europa prendevano le rotte di conti in Lussemburgo, Liechtenstein, Svizzera, Olanda, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca, Lituania, Spagna, Inghilterra .

Truffa oltre i confini 

Truffa internazionale? Secondo la magistratura gli estremi c’erano, per configurare il reato – anche sulla base delle denunce presentate – ma è scattata la prescrizione, da giugno 2023. E così, ben tre indagati hanno visto archiviato il fascicolo a loro carico aperto dalla procura della Repubblica di Treviso.

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Ma altri tre – il promotore finanziario bolzanino Dietmar Peter Atz, 60 anni di Salorno (Bolzano), iscritto all’Aire, ed i trevigiani Cristiano De Noni e Michele Meneghin, il primo, 53 anni, residente a San Fior, il secondo, 57 anni, a Cappella Maggiore – andranno comunque a processo.

Il gip Cristian Vettoruzzo ha chiesto infatti l per loro l’imputazione coatta per il reato di abusivismo finanziario, non prescritto al momento dell’udienza che doveva valutare l’opposizione dei denunciati all’archiviazione disposta dal pm appunto per la sopraggiunta prescrizione del reato di truffa.

 Istanza questa respinta dal gip, che pure ha disposto i contestualmente il rinvio a giudizio per l’esercizio abusivo di raccolta di capitali.

Cosa proponevano gli ideatori del sistema? Ai malcapitati veniva proposto di aprire una startup lettone di telecomunicazioni, che aveva l’obiettivo di raccogliere capitali in Italia da far confluire alla società Api Connect Sia, con sede in Lettonia.

Tutti i nomi 

Contributo iniziale di 60.000 euro, a titolo di commissione di entrata, con la promessa di ingentissimi utili della società, ed il 60% di questi resi agli investitori come rendita praticamente garantita. Di fatto, stando a quanto assicuravano Atz & Co., chi versava il denaro avrebbe raccolto ogni anno dal 30 al 40% di quanto investito.

Ma successivamente, salvo avere notizie sull’andamento mensile della partecipazione, agli investitori non arrivava più nulla, sia in termini di conteggio delle rendite sia di compartecipazione agli utili.

Se non, a sorpresa, la proposta di trasformare il credito maturato nei confronti della Api Connect in acquisto di azioni del gruppo Api. Nel frattempo, infatti, la Api Connect era stata fatta entrare in una holding – la Api Telco Group Jsc – controllore di diverse altre società a Riga, come Api Mobile Sia, Polaris Tlc sia, Kl holding Sia e altre ancora.

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Da lì, in poi, il silenzio più assoluto di Atz e dei suoi collaboratori, anche a fronte della richiesta di riavere i soldi investiti. Il promotore altoatesino, stando alle denunce, prima dichiarava che il governo lettone aveva bloccato i conti correnti della società, dopo un controllo fiscale, infine si rendeva irreperibile.

L’operazione delle Fiamme Gialle

E fra 2020 e 2021 gli investitori sisono presentati alla Guardia di Finanza per sporgere denuncia contro Atz ed i suoi collaboratori, ipotizzando i reati di truffa e di appropriazione indebita.

Le successive indagini delle Fiamme Gialle permettevano – come si evince dall’atto del gip – di dare riscontro «all’ordito meccanismo truffaldino, operato tramite la raccolta di denaro con una falsa finalità di investimento nel wholsale telefonico con la promessa di rendimenti superiori ai tassi di mercato, con iniziale versamento dei guadagni e successiva negazione di restituzione degli investimenti, quando, in realtà, il denaro raccolto veniva fatto sparire mediante trasferimenti in altre società estere».

Nelle denunce emergeva anche il ruolo dello staff lo staff lettone di Api Connect, il cui direttore sarebbe legato a politici e uomini d’affari di rilievo. E nel 2002, sarebbe emerso infine come la società Api Connect sia stata dichiarata fallita.

Restano, nella Marca e in Veneto, ma anche nel Pordenonese, i soldi volatilizzati, la rabbia di decine di investitori, un processo imminente. Ma indagini sarebbero ancora in corso in altre regioni d’Italia. 

Come funzionava il meccanismo

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Il tam tam, con il passaparola tra gli amici e la richiesta di far girare tra conoscenti e parenti la prospettiva di facili guadagni con investimenti non troppo rilevanti.

Poi gli incontri, in diversi hotel (nella Marca soprattutto fra Vittoriese e Coneglianese), dove era Atz ad illustrare i meccanismi finanziari che avrebbero dovuto portare utili altissimi a chi versava denaro a favore della start up che avrebbe investito i capitali in Lettonia, nel settore delle telecomunicazioni.

Centrali, nel sistema creato da Atz, erano le figure dei procacciatori, stretti collaboratori di Atz così come hanno evidenziato le indagini delle Fiamme Gialle In diversi casi, si trattava di risparmiatori che per primi avevano investito e a cui erano state assicurate provvigioni legate a clienti “reclutati”. Ovvero a persone pronte a versare somme rilevanti.

Il sistema, su cui ha indagato la Finanza di Treviso a seguito delle denunce dei alcuni delle decine degli investitori beffati, ha finito per configurare quello che gli stessi investigatori hanno definito «ordito meccanismo truffaldino».

Infine, va detto che c’erano altri due trevigiani, fra gli indagati, entrambi procacciatori (un sesto è di Modena), ma la prescrizione ha portato all’archiviazione del fascicolo che delineava a loro carico il reato di truffa.



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