Sala, Assange, libertà di stampa, diffamazione, tutela e equo compenso giornalisti
L’intervento di Carlo Bartoli, presidente Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti alla Conferenza stampa della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni
Gentile Presidente,
La ringrazio per essere per la terza volta con noi nel tradizionale appuntamento organizzato dall’Ordine nazionale dei giornalisti e dall’Associazione della stampa parlamentare. Io e il presidente dell’Associazione, Adalberto Signore, ci auguriamo che occasioni di confronto come questa possano essere più frequenti.
Prima di ogni altra cosa, permettetemi di esprimere, a nome della nostra comunità professionale, la gioia e il sollievo per il rientro in Italia della collega Cecilia Sala e ringraziare con tutto il cuore tutti coloro che si sono adoperati per la sua liberazione. Colgo anche l’occasione per unirmi all’appello internazionale affinché il presidente Biden possa concedere la grazia a Julian Assange, un uomo che ha sacrificato decenni della propria vita alla causa della libertà di informazione.
Per il quarto anno consecutivo torniamo a lanciare l’allarme su una serie di provvedimenti legislativi che restringono in maniera preoccupante la libera informazione in materia di cronaca giudiziaria e cronaca nera. Tutti conveniamo sulla necessità di trovare un bilanciamento tra due diritti costituzionali: il rispetto della persona e il diritto a essere correttamente e compiutamente informati. Oggi, in Italia, il rispetto della privacy sta però oscurando il diritto dei cittadini a conoscere quanto accade.
Se una persona viene accoltellata per strada e non se ne dà notizia, gli abitanti di quel quartiere a buon diritto possono chiedersi quali altre notizie simili, o più gravi, vengono nascoste. E, a buon diritto, possono chiedersi cosa fanno le forze di polizia per contrastare la criminalità. Se una persona viene arrestata e non è possibile sapere quali accuse le vengono mosse e quali prove sono state acquisite, non si genera un sentimento di profonda inquietudine? Come possiamo essere rassicurati che non ci sia un esercizio arbitrario e persecutorio della giustizia se non è possibile conoscere per quali motivi un cittadino italiano viene privato della propria libertà?
Non sono esempi astratti: ho citato due casi concreti e molti altri ne potrei aggiungere. Mi appello alle istituzioni, ma anche a chi ci ascolta: difendendo il giornalismo non si protegge una corporazione, ma la democrazia, il nostro diritto ad essere cittadini informati e consapevoli.
L’Italia, del resto, è da anni sotto osservazione delle istituzioni europee per il numero record di azioni giudiziarie intimidatorie, sia penali che civili, contro i giornalisti. Per questo chiediamo di ripensare totalmente la riforma della diffamazione in discussione al Senato; speriamo inoltre che il Parlamento voglia correggere una norma disastrosa, quella sulla cosiddetta presunzione di innocenza. Oggi ogni Procuratore decide in maniera arbitraria se dare o non dare una notizia. In ogni circondario vale una regola diversa, anche se siamo cittadini della stessa Repubblica.
Ci sostengono e ci confortano i ripetuti messaggi a difesa della libertà di stampa del Presidente della Repubblica Sergio Matterella, le riflessioni straordinarie di Papa Francesco su comunicazione e Intelligenza artificiale. Confidiamo nell’Europa, nella Corte europea dei diritti dell’Uomo, nella Corte Costituzionale, nella Corte di Cassazione, anche se alcuni politici ci descrivono come speculatori che lucrano sulle disavventure altrui.
Dopo 61 anni, abbiamo nuovamente chiesto al Parlamento una riforma della professione e, a tal proposito, abbiamo avanzato all’unanimità una proposta seria e articolata. Nell’epoca dell’Intelligenza artificiale siamo ancora legati a norme della metà del secolo scorso. Una riforma che non può però essere il pretesto per mettere le mani, come qualcuno vorrebbe, sulle norme che regolano l’autogoverno della professione.
Gentile presidente, tutto il mondo dell’informazione ha una richiesta da farle. Che venga applicata anche ai giornalisti la legge sull’equo compenso che porta il suo nome come prima firmataria. Da oltre un anno il Consiglio nazionale ha inviato al Ministero della Giustizia, come dispone la legge, le proprie proposte, dopo un dibattito attento, documentato, responsabile, frutto anche dell’analisi delle sentenze del Tar e del Consiglio di Stato. Siamo fiduciosi in un suo interessamento; non vogliamo pensare che il diritto a reclamare una retribuzione dignitosa valga in Italia per tutti i lavoratori, ma non per i giornalisti. Al tempo stesso, non sarebbe giusto tacere l’opera attenta e tenace di sostegno all’impresa giornalistica svolto dal Dipartimento per l’Informazione e l’editoria guidato dal sottosegretario Alberto Barachini.
Le consegniamo oggi il nuovo Codice deontologico che il Cnog ha recentemente approvato. Un Codice agile, aggiornato e sintetico che indica con chiarezza non solo i diritti, ma anche i doveri che abbiamo nei confronti dei cittadini. Un Codice che non si limiti a essere il riferimento per il giornalismo, ma uno strumento nelle mani dei cittadini. Non per tutelare interessi corporativi, ma per continuare a svolgere a testa alta il ruolo che la Costituzione ci assegna: assicurare ai cittadini una informazione seria e verificata.
Nell’epoca della manipolazione, della disinformazione, della distorsione della realtà, dei messaggi di odio e discriminazione c’è ancor più bisogno di giornalismo. Da decenni, i giornalisti non esitano a rischiare la vita, e talvolta a perderla, per raccontare i delitti di mafia, il malaffare, i soprusi e le violenze, i crimini di guerra, gli stermini. Anche se qualcuno oggi cerca di dimenticarlo. Proprio in questi giorni ricorre l’anniversario dell’omicidio di due giornalisti, diversi, ma uniti dalla determinazione nel combattere la mafia: Giuseppe Fava e Beppe Alfano a cui va il nostro commosso pensiero. E il nostro pensiero va anche ai 552 giornalisti reclusi nel mondo e ai 54 reporter uccisi nel 2024.
Molti dicono che oggi i giornali non godono di buona salute, ma non è questa la domanda giusta. Non chiedetevi come sta il giornalismo, chiedetevi come sta la democrazia. Perché non c’è democrazia senza una informazione capace di far vivere ogni giorno i valori della Costituzione della nostra Repubblica.
Roma, 9 gennaio 2025
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