YEMEN: PROSSIMA TAPPA DEL SOVVERTIMENTO DEL MEDIO ORIENTE IN FUNZIONE OCCIDENTALE, CON OBBIETTIVO TEHERAN?

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Mentre si intensificano bombardamenti statunitensi e israeliani sul paese, prevedendo una aggressione anche di terra, il portavoce militare delle Forze Armate Yemenite (YAF), il generale Yahya Sarea, ha dichiarato pochi giorni fa che tutte le strutture militari, le forze miliziane volontarie alleate nel paese, l’intero popolo yemenita è pronto “… per una lunga guerra con questo nemico, in sostegno e assistenza ai Mujahideen di Gaza e in difesa dell’amato Yemen, e non ci fermeremo fino a quando l’aggressione su Gaza e sul popolo palestinese non si fermerà e l’assedio su di esso non sarà revocato. Noi siamo pronti alla battaglia e ad affrontare qualsiasi ritorsione contro di noi, nel nome di Allah e della causa palestinese…”.

All’interno di questa strategia, da mesi ogni settimana la popolazione yemenita viene chiamata a manifestare in ogni città e villaggio, con l’intento di compattarla e prepararla alla Resistenza, in caso di una eventuale invasione o innalzamento dello scontro con USA, Israele e Gran Bretagna. Si parla di oltre 500 manifestazioni settimanali in ogni angolo del paese con milioni di partecipanti, nonostante i bombardamenti continui.

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Il governo di Sana’a, ha dimostrato, oltre a una sorprendente alta capacità militare, una visione strategica e una profonda lettura delle dinamiche che potrebbero scatenarsi a breve sullo Yemen.

La leadership yemenita rimane risoluta, a partire dal suo massimo dirigente politico e militare Sayyid Abdul-Malik al-Houthi e dai massimi vertici militari Houthi , che hanno sottolineato la permanente prontezza e vigilanza contro potenziali rovesciamenti e attacchi in profondità. Le esercitazioni militari sono continue, un messaggio chiaro a Israele, agli USA, ma anche a Riyad: la fiducia nelle proprie forze resta granitica e qualsiasi tipo di aggressione più pesante di quelle finora effettuate, come i bombardamenti o incidenti ai confini, si tradurranno, secondo i vertici di Sana’a, in rovesci a favore dello Yemen.

Per questo, avvedutamente, Sana’a ha ripetutamente esortato Riad a dare priorità agli interessi comuni e a resistere alle strategie statunitensi, funzionali solo ai loro interessi egemonici. Questo perché la dirigenza yemenita prevede e denuncia da settimane, un attacco israeliano pianificato insieme agli USA.

Secondo fonti militari israeliane, con gli attacchi di estrema precisione e profondità, in una mossa audace e calcolata, le forze yemenite hanno anticipato un attacco israeliano che era già in preparazione da settimane. Questa inaspettata mossa di contrattacco, non solo ha scompaginato i piani di Israele, ma ha anche dimostrato la crescente abilità militare e le capacità di intelligence dello Yemen.

Allo stesso modo, a metà novembre, le forze yemenite avevano lanciato un attacco inaspettato alla portaerei “USS Abraham Lincoln” mentre entrava nel Mar Arabico. L’attacco aveva preso di mira anche la sua flotta di scorta, inclusi due cacciatorpediniere vicino allo stretto di Bab al-Mandeb. L’operazione ha costretto gli Stati Uniti a ritardare un piano coordinato che prevedeva oltre 200 attacchi aerei sulla capitale dello Yemen, Sana’a, e altre città.

Secondo le fonti militari yemenite, la campagna aerea intendeva spianare la strada a un’invasione di terra da parte di mercenari, simile alle tattiche utilizzate in Siria. Queste azioni di elevato livello di attacco militare, hanno messo in forte preoccupazione i vertici militari nemici.

Nella stessa notte, le forze militari dello YAF, hanno lanciato un missile ipersonico nella Palestina centrale occupata, colpendo obiettivi militari sensibili vicino a Yaffa. Il canale televisivo “Israeli Channel 14” ha riferito che il missile ha colpito il suo obiettivo esattamente alle 2:45 del mattino, mentre i jet avversari erano in attività.

L’Esercito yemenita ha poi confermato di aver utilizzato missili ipersonici Palestine-2, ciascuno dei quali viaggiava a velocità superiori ai missili Mach 16, per colpire due siti militari importanti.

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Le immagini pubblicate, pur sotto la censura militare israeliana, hanno rivelato edifici distrutti, veicoli eliminati e danni ingenti. La tempistica simultanea di questi attacchi ha evidenziato la vulnerabilità e le lacune dell’intelligence dell’entità israeliana da un lato, e l’inaspettato e sorprendente livello di capacità militare raggiunto da Sana’a.

Il ministro della Difesa di Tel Aviv, Yisrael Katz, ha riconosciuto che l’attacco era in preparazione da settimane, ma i missili yemeniti hanno colpito i loro obiettivi prima che i loro aerei potessero raggiungerli.

Lo scenario yemenita presenta sfide particolari per Israele e i suoi alleati. La geografia molto vasta del paese, le sue autorità coese e il sostegno popolare alla causa palestinese lo rendono un oppositore difficile da affrontare. Il territorio esteso dello Yemen, in particolare le sue regioni montuose, complica le operazioni militari straniere. Gli attacchi aerei hanno un’efficacia limitata contro risorse militari ben nascoste, mentre le operazioni via terra rischiano di diventare prolungate e costose. La resilienza della popolazione yemenita, forgiata attraverso anni di conflitto, rafforza ulteriormente le capacità difensive del paese.

Il potenziale per una campagna militare più ampia contro Sana’a, si basa in gran parte sul supporto degli Stati Uniti e della NATO, poiché gli alleati regionali rimangono esitanti. Le portaerei americane come la “USS Roosevelt” e la “Abraham Lincoln” sono già state prese di mira dalle forze yemenite, costringendole a mantenere distanze di sicurezza. Le operazioni di terra sembrano ancora meno fattibili, dati gli alti costi e la comprovata incapacità, verificata in anni di guerra contro i sauditi e la coalizione da loro diretta, di forze mercenarie per affrontare i combattenti di AnsarAllah.

La strategia sarà quella indicata da Daryl Caudle, comandante della Quinta Flotta degli Stati Uniti, che ha affermato: “…La chiave per mantenere la sicurezza di navigazione di Bab al-Mandab, del Golfo di Aden e del Mar Rosso è impedire il flusso di missili e armi nello Yemen… Anche le marine francese e britannica opereranno in quelle acque per rafforzare questo obiettivo…”.”, quindi una prospettiva di natura militare marittima, e un opzione militare e di scontro.

L’approccio strategico della leadership yemenita ha ridefinito le dinamiche regionali. Mantenendo una costante mobilitazione interna e sfruttando i suoi vantaggi geografici, lo Yemen ha rotto ipotesi di fattibilità di lunga data, per logiche di facile dominio e controllo, e sugli equilibri in Medio Oriente, al di là delle situazioni oggettivamente complesse in Libano, Siria, Palestina e anche Iraq. La capacità dello Yemen di colpire obiettivi sensibili nei territori occupati e nel suo mare, provocando danni economici e commerciali, di grande portata, oltre che spaccare ulteriormente gli equilibri internazionali tra paesi legati ai BRICS e alla Belt Road Initiative e i paesi occidentali, hanno determinato di fatto, un cambiamento negli equilibri di potere regionale.

Mentre Tel Aviv è alle prese con i suoi errori di calcolo, incombe realisticamente il rischio di un’ulteriore escalation, Sana’a sta rimodellando il panorama geopolitico, dimostrando con la sua resilienza e le sue capacità strategiche di esserne un attore decisivo nella regione e non solo.

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Le operazioni militari  navali dello Yemen nel Mar Rosso e nel Golfo di Aden, si sono intensificate, prendendo di mira navi internazionali collegate a Israele, Stati Uniti e Gran Bretagna, insieme a imbarcazioni associate al “Sentinel Program” della Coalizione di Aden. Secondo “Crisis24“, gli attacchi ai cacciatorpediniere statunitensi USS Spruance e USS Stockdale nello stretto di Bab al-Mandab, evidenziano la capacità dello Yemen di condurre missioni navali a lungo raggio.

In un crescendo sorprendente, la marina militare dello Yemen ha preso di mira più volte, le navi statunitensi a novembre e dicembre, impiegando missili con precisione ed efficacia. Queste operazioni indicano la determinazione dello Yemen ad affermare il controllo sulle rotte marittime vitali e a fare pressione sui paesi che sostengono Israele. Molti analisti occidentali hanno riconosciuto la crescente capacità dello Yemen, il Segretario della Marina degli Stati Uniti Carlos Del Toro, ha dichiarato che la portata degli attacchi alle navi statunitensi è stata senza precedenti dalla Seconda guerra mondiale. Inoltre, “FortyFive” ha osservato che gli attacchi yemeniti rappresentano un punto di svolta significativo nella storia militare, sfidando la supremazia navale americana. Gli Houthi hanno impiegato missili ipersonici, migliorando progressivamente nel corso di un anno attraverso cinque fasi crescenti. Questi attacchi, caratterizzati da precisione ed efficacia, hanno penetrato i sistemi di difesa nemici come Iron Dome, David’s Sling e Arrow.

La sorpresa per queste operazioni ha spinto ad importanti ammissioni anche il capo della difesa aerea israeliana, che ha, in un’intervista al quotidiano “Maariv” ammesso: “…Abbiamo sottovalutato le capacità dello Yemen e non siamo riusciti a classificarle come una minaccia reale“.

Anche l’International Institute for Strategic Studies (IISS) ha sottolineato la inaspettata capacità dello Yemen di esercitare pressione sulle potenze globali. Le difese britanniche, in particolare, hanno dovuto affrontare sfide letali, con l’ HMS Duncan che è tornato a casa dopo aver fallito nel completare la sua missione nel Mar Rosso, a causa delle incessanti minacce yemenite. I resoconti di “Royal Navy Lookout” hanno evidenziato la pressione sulle forze navali britanniche e statunitensi, sottolineando il ruolo di Sana’a nel ridefinire le dinamiche della sicurezza marittima. E in particolare, il ritiro del cacciatorpediniere britannico HMS Diamond ha dimostrato questo.

 

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D’altronde la storia di queste popolazioni use a sfidare gli imperi, dovrebbe servire come duro promemoria e monito per coloro che sottovalutano le sue capacità e la sua resistenza atavica.

 

Continua nel frattempo il ruolo ambiguo, e silente ufficialmente, dell’Arabia Saudita, che ospita riunioni e vertici del cosiddetto “Consiglio presidenziale” di Aden, che, non essendo in grado di riunirsi nello Yemen, continua ad essere ospitato e riunirsi a Riyad. Nel loro incontro più recente, il “Consiglio” ha incontrato gli ambasciatori della coalizione contro lo Yemen di Sana’a. Secondo i media sauditi, è stato sottolineato e ribadito l’impegno del “Consiglio” a “raggiungere le priorità politiche, economiche e di sicurezza“. Il quotidiano saudita  “Okaz” ha riferito che “gli ambasciatori hanno accolto con favore la visione del Consiglio e hanno ribadito il loro incrollabile sostegno al Consiglio presidenziale e al governo yemenita riconosciuto internazionalmente di Aden””.

Il leader della rivoluzione yemenita e capo di Ansar Allah, Sayyed al-Houthi, ha annunciato nel suo ultimo discorso, che l’aggressione israeliana e statunitense, non scoraggerà mai lo Yemen dalla sua posizione a sostegno del popolo palestinese: “…Non ci muoveremo dalla nostra posizione a sostegno del popolo palestinese, indipendentemente dalle sfide e dagli attacchi degli americani o degli israeliani o di coloro che ruotano nella loro orbita….Invito il popolo dello Yemen a scendere nelle piazze, in marce nobili e coraggiose per ribadire la sfida al nemico e per confermare la fermezza della nostra posizione…”.

Nelle ultime settimane, Israele e USA hanno lanciato massicci attacchi aerei sullo Yemen, sono state colpite le città yemenite di Sana’a e Hodeidah, che sono sotto il controllo degli Houthi, porti e infrastrutture energetiche. Un vasto incendio ha colpito la centrale elettrica di Haziz nel sud di Sana’a. Gli attacchi hanno colpito anche il porto di Hodeidah e l’impianto petrolifero del porto di Ras Issa, ci sono stati numerosi morti e feriti tra i lavoratori della compagnia petrolifera di Ras Issa. I brutali attacchi aerei anche con e bombe a grappolo, hanno preso di mira i civili nelle case, negozi, agricoltori e lavoratori nei laboratori, medici in servizio, donne, bambini, passanti.

Molti analisti geopolitici e militari, sottolineano che l’obiettivo finale degli USA  è quello di ottenere la desistenza  militare degli Houthi per mantenere il ruolo e il potere statunitense nella regione, per poi potersi occupare frontalmente dell’Iran. Di fatto, questo significa trasformare la regione del Mar Rosso e del Golfo di Aden in un territorio sempre più militarizzato e sotto controllo. Ma Washington potrebbe anche essere interessata ad un’ulteriore escalation del conflitto, con l’obiettivo di trascinare nuovamente l’Arabia Saudita in un confronto attivo con gli Houthi e fargli rinnegare i precedenti accordi di pace, causando anche problemi con la progettualità BRICS.

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Enrico Vigna




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